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Palazzo Vecchio

''Unity in Diversity'': Nardella propone manifesto antirischio alluvioni

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Immagine articolo - ilsitodiFirenze.it

"Proponiamo a tutte le città partecipanti di sottoscrivere, a conclusione dei nostri lavori, un manifesto sulla mitigazione del rischio idraulico ed
idrogeologico.

Si tratta di una piattaforma che si collega ed impegna le città ad azioni mirate". Lo ha detto il Sindaco di Firenze, Dario Nardella, aprendo ''Unity in Diversity'', la conferenza internazionale dei sindaci che riunisce i rappresentanti di oltre 60 città da tutto il mondo.

Il tema di approfondimento di quest’anno sarà quello della resilienza delle città rispetto ai disastri naturali e a causati dall'uomo, tema tragicamente presente nel nostro paese.
In particolare, ricorrendo il 50° anniversario dell’alluvione che devastò la città il 4 novembre 1966, la seconda edizione del summit sarà dedicata principalmente alle città che quotidianamente devono affrontare problematiche legate alla convivenza con i corsi d’acqua, ma non solo: cambiamento climatico, risorse energetiche, protezione del patrimonio culturale e naturale in pericolo saranno i temi affrontati dai sindaci con esperti e relatori internazionali di alto profilo.

Questo il discorso di apertura del sindaco Nardella:

«Signori ambasciatori, rappresentati diplomatici, rappresentanti del governo, sindaci delegatI, signore e signori, benvenuti a Firenze e benvenuti a Palazzo vecchio per la conferenza internazionale dei sindaci “Unity in diversity”.

Questa seconda edizione della nostra conferenza coincide con la commemorazione del 50esimo anniversario dell’Alluvione che devastò Firenze il 4 novembre 1966, con 35 morti, migliaia di sfollati e danni ingentissimi su abitazioni, infrastrutture e sul patrimonio culturale. Tutto il mondo vide quel disastro, tutto il mondo ne parlò per giorni e per anni a seguire.
Da quel tragico evento in poi Firenze ha sviluppato la sua capacità di essere resiliente quasi come una sua qualità innata.
Una capacità naturale della sua comunità che attraverso gli anni però si è evoluta sempre più in azioni strutturate, pianificate e politiche finalizzate alla conservazione del suo patrimonio culturale, materiale e immateriale.
Un forma di conservazione che considera l’Arte e la Cultura, e le politiche ad esse collegate, uno strumento per la crescita sociale ed economica della città. Un mezzo per la stabilità e quindi, in ultima analisi, una strategia di pace, in un’ epoca in cui oltre ai disastri naturali, la devastazione è data da conflitti e azioni generate dall’uomo per lo sfruttamento delle risorse energetiche e naturali.
Le minacce che il nostro patrimonio culturale, quindi l’identità di una comunità, subisce oggi sono di diversa natura: dal cambiamento climatico, ai disastri causati dall’uomo, alle guerre e infine al terrorismo.
Come molte città che oggi qui voi rappresentate anche Firenze ha subito purtroppo molte di queste minacce nella sua storia recente.
Dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale all’alluvione appunto del ’66 fino alla codardia degli attentati terroristici di stampo mafioso inferti nel 1993.
Eppure, ogni volta, la nostra città ha reagito rimettendosi in piedi, grazie alla generosità di molti che sono accorsi da tutto il mondo per aiutarci, ma anche grazie al proprio retroterra culturale e alla sua innata capacità di essere resiliente, di reagire.
La resilienza però non può solo essere una qualità naturale affidata alla capacità di una comunità. La resilienza ha bisogno di strumenti, metodi e regole per essere una strategia di governo efficace.
Firenze oggi, solo nell’area UNESCO significa 35 piazze monumentali, 42 musei, 30 università internazionali e accoglie 15 milioni di turisti all’anno, solo per citare alcune cifre.
Per preservarne nel tempo l’integrità, l’autenticità del suo valore riconosciuto universalmente, che ha condotto al riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità, lo sviluppo sostenibile, la sicurezza, le politiche di integrazione sociale incentrate sul rispetto e il dialogo interculturale sono le fondamenta per proteggere una città accogliente e vivibile per tutti.
Come si rapporta la nostra città a tutte queste sfide?
In relazione ai disastri naturali abbiamo sviluppato un sistema integrato di coordinamento fra il Comune e la Protezione Civile che a seconda dei diversi livelli di allerta, anche affidandosi alle nuove tecnologie di comunicazione (sms, social media), permette la diffusione delle informazioni alla popolazione in tempi rapidi, e l’azione coordinata di soccorsi.
Inoltre abbiamo approvato un piano gestione nella prevenzione del rischio in caso di alluvione. Il piano ha diversi obiettivi, che vanno dalla limitazione dei danni alle strutture, a partire da quelle strategiche come ospedali, scuole, strutture sanitarie, alla formazione delle popolazioni affinché abbiano la consapevolezza piena dei rischi e degli effetti di un alluvione, alla protezione speciale di aree protette.
Oltre al piano di gestione del rischio insieme alla protezione Civile la Città di Firenze ha approvato un piano di prevenzione per i Musei, proprio per sancire il principio che la protezione dei beni culturali in caso di catastrofi deve essere trattata e regolamentata come materia di protezione civile in caso di calamità. La dislocazione delle opere d’arte avviene secondo rigorosi criteri di prevenzione dal rischio idrogeologico. Il personale dei musei, quello dell’amministrazione deve essere formato e istruito e infine coordinato dalle forze della protezione civile secondo i diversi livelli di allerta. Oltre alla formazione del personale, diverse regole sono state introdotte ad esempio anche sul posizionamento espositivo delle opere, in base a livelli di sicurezza.
Ma a Firenze non abbiamo lavorato solo sulla prevenzione.
L’istituzione cittadina, e ormai nazionale, più antica in materia di restauro, l’Opificio delle Pietre Dure, è diventata dopo l’alluvione del 1966 un’eccellenza nazionale e internazionale universalmente riconosciuta, nell’arte del restauro condotto secondo le competenze e le tecnologie più avanzate (L’Opificio collabora anche al progetto ONU-UNESCO dei “Caschi Blu della Cultura”).
Grazie a questo e ad altre straordinarie risorse in materia di tecnologia e competenze Firenze si candida a diventare un vero e proprio Hub internazionale del restauro che noi abbiamo denominato l’”Ospedale dei Beni Culturali”.
Ma essere preparati oggi significa anche prevenire un altro tipo di minaccia che sembra comprendere appieno l’importanza del Patrimonio Culturale per l’identità di una comunità: la minaccia terroristica.
Quando la Mafia ha attaccato gli Uffizi, ha attaccato il cuore dell’umanesimo e della nostra civiltà, distruggendo 5 vite, abbiamo imparato nel modo più duro, quanto la strategia terroristica fosse profondamente consapevole dell’importanza simbolica e materiale del Patrimonio Culturale.
Oggi a Firenze persone, musei, piazza e monumenti sono protetti da un piano anti terrorismo che vede unite le forze dei Carabinieri, dell’Esercito e della Polizia con più di 300 unità dispiegate presso gli obiettivi sensibili.
Questo è ciò in cui consiste la resilienza di Firenze.
Questo è ciò che la città ha imparato curando le cicatrici dell’acqua, degli eventi atmosferici e degli attacchi terroristici, capitalizzando le sue debolezze e rendendole forti grazie alla conoscenza e all’azione.
Ma c’è anche un altro livello che va oltre la forza delle armi e delle tecnologie e che senza dubbio viene prima ogni altro strumento o strategia che mai potremmo utilizzare: è il patrimonio culturale e politico che una comunità sviluppa nel corso della sua storia, alla base della nostra capacità di governo.
Oggi più che mai ci troviamo a dover fronteggiare nuove minacce e sarebbe frutto di una mente ristretta e di una visione limitata non dare importanza alla battaglia culturale che stiamo combattendo tutti noi nel mondo.
Non fraintendetemi: quella che viviamo non è una Guerra tra l’Oriente e l’Occidente, tra la cultura Islamica e quella Cristiana, no. Questa è una guerra tra l’oscurantismo e la democrazia, tra i diritti umani e le atrocità, e questo travalica ogni cultura, ogni religione, ogni substrato culturale.
Per queste ragioni il Patrimonio Culturale deve essere considerato e protetto in entrambi i suoi aspetti, sia materiale che immateriale, perché , come tutti noi sappiamo bene, è proprio tramite la distruzione dei simboli che i nostri nemici mirano a distruggere la nostra identità o i valori umani della solidarietà , le libertà ed i diritti civili per non parlare dei nostri assetti economici.
La strategia del terrorismo mira a metterci gli uni contro gli altri, creando sospetto e paura tra le nostre comunità, generando sospetto ed incertezza. Dal mio punto di vista, dal punto di vista che la mia responsabilità di sindaco mi impone, la prima e più importante strategia deve essere non solo politica ma anche culturale.
Perché la cultura è impegno. Come pure la politica.
Sin dal 1975, quando l’Europa era ancora povera e divisa, il sindaco Giorgio La Pira ha aperto la nostra città ai Dialoghi Mediterranei, rendendo Firenze la città del dialogo interculturale, la città dove vengono costruiti ponti e non muri.
E’ proprio da questa considerazione che abbiamo sentito la necessità di contestualizzare i valori di questa eredità politica, inserendola nelle sfide contemporanee delle società moderne.
Credo fermamente nella diplomazia delle città e questo perché le città ed i sindaci sono in prima linea nel fronteggiare l’impatto delle crisi sulle comunità, devono trovare le soluzioni
Così , d’altra parte, questa abilità rende il dialogo tra le città più efficiente ed immediato mentre il dialogo e la gestione di queste situazioni ad un livello nazionale sono molto più complessi.
Su queste basi lo scorso anno abbiamo lanciato il summit dei Sindaci del Mondo, Unity in Diversity. Sessanta città da tutto il mondo unite per creare un network che supporterà e creerà progetti specifici con particolare attenzione alla salvaguardia del Patrimonio Culturale in aree di crisi.
Il Patrimonio Culturale e le relative politiche di salvaguardia sono il prerequisito fondamentale di ogni società sana e rappresentano una reale risorsa ed un importante investimento per l’economia di molte città. Una risorsa economica sana dato che è strettamente collegata alla crescita sociale delle comunità.
E’ dunque innegabile che il Patrimonio Culturale, insieme all’Arte ed all’Educazione, giochino un ruolo fondamentale nella mediazione e prevenzione dei conflitti, ristabilendo la connessione tra la Cultura e la crescita sociale ed economica , stabilità e quindi pace.
L’anno scorso abbiamo firmato la Carta di Firenze, firmata dalle sessanta delegazioni, come piattaforma di indirizzi e azioni rivolte alla tutela del patrimonio culturale dalla guerra e dal terrorismo.
Siamo stati particolarmente contenti quando in Gennaio la Direttrice Generale dell’UNESCO Irina Bokova ha deciso di accogliere la carta come strumento di lavoro per l’Organizzazione come da comunicazione del D.G. dei beni culturali Bandarin.
Dalla Carta è derivato il piano programmatico per la cooperazione del Comune di Firenze e sono stati lanciati due progetti pilota approvati durante il summit dei Sindaci dello scorso anno:
1) un patto di cooperazione con la Città di Tunisi e le sue Istituzioni culturali .
2) la ricostruzione di un centro culturale a Kobane dove si terranno attività di restauro e tecnologie innovative.
In questi giorni parleremo delle catastrofi naturali e in particolare delle alluvioni che colpiscono ogni anno centinaia di città. E’ un fenomeno sempre più frequente che devasta territori e città e colpisce popolazioni spesso impreparate. Da Teresopolis in Brasile a Toowomba e Brisbane in Australia, a New Orleans negli USA, Batticaloa e Ampara, in Sri Lanka, a Dresda in Germania, sono molte le città devastate da acqua e fango negli ultimi anni, in ogni angolo del mondo. Altrettanto numerose sono state le alluvioni e inondazioni in Italia e nella nostra regione, la Toscana. Ogni città resta segnata per tutta la vita da queste catastrofi.
Anche quest’anno proponiamo a tutte le città partecipanti di sottoscrivere, a conclusione dei nostri lavori, un Manifesto sulla resilienza e sulla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. Si tratta di una piattaforma che si collega alla Carta di Firenze del 2016 e che impegna le città ad azioni mirate. (citare alcuni aspetti del Manifesto).
Questo incontro di Firenze cade peraltro in un momento difficilissimo per il nostro Paese colpito da un’altra catastrofe naturale tremenda, come il terremoto. Vorrei che tutti noi inviassimo da qui un messaggio di vicinanza e solidarietà ai sindaci e alle popolazioni colpite dal terremoto in questi giorni e in queste settimane nel centro Italia. Dopo i morti del 24 agosto di Amatrice, Arquata e Accumoli il terremoto è tornato impietoso domenica e procede ancora in queste ore. Il nostro pensiero va alle migliaia di sfollati in Umbria, nelle Marche e nel Lazio che desiderano solo di poter fare ritorno alle proprie case il prima possibile.
La Basilica di San benedetto a Norcia distrutta dal terremoto di domenica è il simbolo della fragilità delle nostre città e del loro patrimonio culturale. Sta a noi difenderlo con tutti gli strumenti possibili.
Nella Convenzione del 1972 si afferma in principio: “Noi viviamo in un periodo storico in cui il Patrimonio Culturale è sempre più in pericolo”. Dunque, è dovere dell’intera umanità fortificare lo spirito di cooperazione tra i paesi per riuscire a rispondere a queste difficili sfide. Perché solo la cooperazione tra le città nel mondo, solo la collaborazione tra i governi locali, nazionali e internazionali, solo la determinazione dei sindaci, solo la consapevolezza delle nostre popolazioni, solo l’uso pacifico e lungimirante del progresso tecnologico e delle risorse economiche, possono consentire un cambiamento di rotta nel modo con cui proteggiamo i nostri beni culturali. Sta a noi raccogliere la scommessa, adesso, perchè non abbiamo tempo da perdere e non possiamo consentire che si possano ripetere disastri naturali senza avere imparato la lezione del passato.
E’ con questo messaggio che ho l’onore di aprire i lavori della seconda edizione di Unity in diversity.

Grazie a tutti».

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