Valerio Ferrandi, 26enne figlio di Mario, si trova da ieri nel carcere milanese di San Vittore. Il padre, militante del movimento terroristico Prima linea, è l'uomo che sparò e uccise nel 1977 il vicebrigadiere Antonino Custra, prima di dissociarsi, pentirsi, incontrare la figlia della sua vittima. Forse per Mario la cosa più difficile è fare il padre, da tempo ormai incontra i giovani nelle scuole per spiegare i suoi errori. Valerio lo ha emulato, anzi li ha emulati, anche la madre infatti, Mara Aldrovandi, militava negli anni Ottanta in una formazione di estrema sinistra, i Reparti comunisti d’attacco, col nome di battaglia «Stefania». Oggi il giovane ha un vero e proprio ruolo da leader nel movimento antagonista milanese, da tempo legato a quello fiorentino. Nel palazzo occupato ai Navigli qualche anno fa dalle varie compagini antagoniste, gli era toccato un appartamento di tutto rispetto, il più bello, 'in una posizione strategica', dicono i compagni; non si sa mai, potrebbe sempre arrivare lo sgombero. Nel 2009, a seguito di una rapina alla libreria Cusl (vicina a Cl), gli si erano aperte per la prima volta le porte del carcere. Assieme ad altri 4 autonomi aveva eseguito un esproprio proletario in piena regola. I 5 prima fotocopiano 800 volantini, poi alla richiesta di pagamento, rispondono con calci e sputi. Ferrandi è il solo a finire a San Vittore poiché già sorvegliato speciale per una lunga serie di denunce per violenza privata e manifestazioni non autorizzate. Il 18 marzo 2010 torna libero, ma continua imperterrito nella sua attività politica, ai limiti della legalità. Il 21 maggio sbarca a Firenze, incurante della misura nei suoi confronti di sorveglianza speciale. Durante la manifestazione di solidarietà ai compagni fiorentini arrestati dagli uomini della Digos, pianifica ed esegue in concorso l'assalto alla sede Pdl in Viale Spartaco Lavagnini. Quando la vetrata cade in frantumi un boato di esultanza esplode tra i manifestanti.
Ieri per Valerio si sono riaperte le porte di San Vittore, in serata i compagni sono accorsi sotto le finestre del carcere per fargli sentire la loro vicinanza, come si fa solo con un leader. A 26 anni è entrato per la seconda volta in carcere, non è più un ragazzo che gioca a fare la rivoluzione, ma un uomo che comincia a fare sul serio. Torna alla mente quella mattina del 14 maggio del '77, quando molti giovani, tra cui suo padre Mario, fecero il salto verso la lotta armata.
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