Allo Stensen, luogo di cultura, stasera si è parlato di Cuba, insieme a tre giovani giornalisti Rai che hanno presentato il loro film-documentario "Wishes on a falling star. Cuba in the 50th year of the Revolution" girato sull'isola, con la partecipazione di Gordiano Lupi, scrittore, amante e conoscitore di Cuba. Era attesa l'ex parlamentare di Rifondazione Comunista Mercedes Frias che però ha disertato, dimostrando come ancora oggi alcuni politici e intellettuali di una precisa parte politica facciano fatica ad ammettere l'assenza dei diritti fondamentali sull'isola caraibica. A Cuba non esiste la libertà di pensiero, non esiste la libertà di parola, le ragazze indigene, come dimostra il documentario, non possono passeggiare affianco dei turisti, rischiano di essere fermate dalla polizia e considerate prostitute. Jacopo Cecconi, Giammarco Sicuro e Paolo Cellammare, recatisi a L'Avana nel 2009 hanno filmato con una telecamera nascosta e clandestinamente (il governo cubano non lo permette) la realtà locale, aiutandoci a comprendere un regime, quello castrista, ormai al capolinea. La parola chiave è paranoia, il filo conduttore che contraddistingue tutti i regimi comunisti, a utilizzarla è Yoani Sanchez, blogger e scrittrice, ma soprattutto fiera oppositrice della dittatura castrista in piedi da più di 50 anni. Yoani Sanchez è l'unica a essere intervistata regolarmente, ma con le dovute precauzioni per evitare i controlli delle autorità. La polizia a Cuba non va tanto per il sottile, i ragazzi sono riusciti a riprendere un pestaggio di una donna, uno di loro Paolo Cellammare è stato fermato per aver osato fotografare la scena, dopo ore passate al commissariato se le cavata spacciandosi per un semplice turista. Le foto scattate sono state prevedibilmente cancellate dalla polizia. Gli altri fortunatamente sono riusciti a scappare, salvando la telecamera che con ogni probalità sarebbe stata sequestrata. Nel video non mancano personaggi favorevoli a Fidel, a dimostrazione dell'onestà intellettuale dei registi che con le immagini hanno solo voluto raccontare la realtà dei fatti, senza nessunissimo intento politico. Aggiacciante la scena di una madre che offre ai giovani le proprie figlie in cambio di qualche dollaro. Yoani invece ha trovato la forza di reagire all'apatia, all'indifferenza e allo sconforto di cui tanti cubani sono vittime. E' lei l'auntentica rivoluzionaria a Cuba. E' lei che con il suo blogger ha iniziato a frantumare un muro lungo 50 anni. I suoi pensieri sono stati raccolti nel libro "Cuba Libre", tradotto da Gordiano Lupi. Purtroppo però al termine della proiezione non sono mancate le polemiche, erano presenti in sala rottami della storia che non volevano vedere la situazione reale di Cuba, la mancanza dei più elementari diritti, difendevano l'indifendibile. Una donna che si è detta ricercatrice (di funghi?) ha detto che Yoana Sanchez può fare quello che vuole, ha accusato i ragazzi di superficialità e di raccontare solo una parte della verità. Altri ancora abbagliati dal sole del socialismo reale imprecavano e ringhiavano: "A Cuba non esiste la mortalità infantile. A differenza degli altri posti dell'America Latina non si muore di fame. C'è un altissimo tasso di alfabetizzazione. I migliori medici dell'America Latina sono cubani". Come se tutto questo potesse fare da contraltare alla mancanza di libertà, alla cappa che si respira sotto un regime dittatoriale in una nazione dove esiste un solo partito, dove i medici sono costretti a fare i camerieri o mandati nelle pericolose periferie di Caracas in cambio del petrolio di Chavez. Isac Ramon Castellanos, dissidente cubano, si alza in sala, ringrazia i ragazzi per il lavoro svolto e afferma: "Con la nostra innata allegria siamo sopravvissuti al regime. Cuba libre, abbasso il castrismo". Gordiano Lupi ha poi ricordato la vicenda della moglie, alla quale da cinque anni è impedito il rientro a Cuba per far visita alla madre, perchè in una pubblica assemblea aveva osato dire la verità sul comunismo cubano. Per troppo tempo quasi a giustificare la rivoluzione castrista si è sempre parlato di una Cuba ai tempi di Batista "bordello degli Stati Uniti", oggi usando una definizione di Alijandro Torreguidard Ruiz è diventata "il bordello di tutti".
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