“Una disgrazia tutti sanno cos’è. È una cosa che lascia senza difesa”, scriveva il filosofo francese Albert Camus. Questa frase potrebbe essere la sintesi di una storia tragica, che ha rischiato anche di scontrarsi contro il muro dell'ingiustizia.
Una morte bianca, un decesso sul luogo di lavoro. Ma anche, e soprattutto, una sciagura familiare, dove un padre ha perso la vita ed il figlio è finito sotto processo ricevendo una condanna in primo grado a otto mesi per omicidio colposo. Una tragedia dentro la tragedia. Ma venerdì scorso la terza sezione della corte d'Appello di Firenze ha ribaltato la sentenza, e ha assolto un 45enne di Rignano sull'Arno “perchè il fatto non costituisce reato”.
La tragica morte risale al marzo del 2015, in una falegnameria di Bagno a Ripoli, alle porte del capoluogo fiorentino. Di prima vengono consegnate in fabbrica sette assi di legno, che la vittima sistema su alcuni scaffali. Qualcosa va storto, le assi cadono e colpiscono mortalmente il padre dell'imputato, uccidendolo sul colpo. Il corpo viene ritrovato qualche ora dopo dagli operai con i carabinieri.
L'inchiesta della procura di Firenze porta al processo di primo grado e alla condanna dell'uomo a otto mesi con rito abbreviato. Secondo il gip di Firenze, Dolores Limongi, infatti, il figlio della vittima aveva tenuto un comportamento di “colpa, imprudenza, negligenza e inosservanza” disinterressandosi della sistemazioni delle assi sugli scaffali. Una responsabilità oggettiva che spettava, secondo il giudice, al titolare dell'azienda.
Ma il ricorso in appello dei legali dell'uomo, gli avvocati Donatella Casini (nel riquadro in foto) e Marco Boscherini, ha dimostrato come il figlio della vittima non avesse alcuna responsabilità sul posizionamento delle assi sistemate, drammaticamente, proprio dal padre deceduto. Il Procuratore generale aveva chiesto l'assoluzione con formula dubitativa, ma i giudici hanno accolto il ricorso dei difensori dell'uomo, assolvendolo pienamente dalla morte del padre.
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