Una manovra per fare cassa: questo l'obiettivo del Governo che nei giorni scorsi ha deciso di cedere il 35% di Poste Italiane a Cassa Depositi e Prestiti, al cui interno sono presenti le fondazioni bancarie, competitor di Poste.
Mentre per il restante 29,7% ha deciso un’ulteriore vendita in borsa, come avvenuto per il 35,3% già venduto lo scorso ottobre. Scelte che, dicono i sindacati Slc-Cgil, Cisl-Slp, Uilposte, Failp-Cisal, Confsal e Ugl della Toscana, lascia molti dubbi sul futuro dell'azienda.
"Il Governo così non solo si priverà di un’entrata sicura dovuta ai dividendi che Poste distribuisce agli azionisti - attaccano i sindacati - ma smantellerà di fatto un servizio pubblico che interessa milioni di cittadini, visto che Poste Italiane effettua ancora un servizio sociale e universale, con una presenza capillare in tutto il Paese. La privatizzazione decisa dal Governo compromette l’unicità aziendale e pone seri dubbi sul futuro della più grande azienda del nostro Paese. Sono a rischio i settori più deboli come il recapito e la logistica, e regna incertezza nei settori più forti come il bancario e l’assicurativo visto che Cassa Depositi e Prestiti è, in parte, in mano alle fondazioni bancarie".
Queste le motivazioni dello sciopero nel mercato privati (Uffici Postali, settore bancario e assicurativo di Poste ecc):
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