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"Vita di Galileo"

Gabriele Lavia inaugura mercoledì 28 ottobre la nuova stagione della Pergola

Immagine articolo - Il sito d'Italia

La sola libertà per l’uomo è la pura ricerca della verità. Dopo i tormenti dei Sei personaggi in cerca d’autore, Gabriele Lavia affronta per la prima volta Bertolt Brecht, dirigendo e interpretando Vita di Galileo, a sessant’anni dalla scomparsa del celebre ‘scrittore di teatro’.

Il dramma dei rapporti tra scienza e morale, scienza e collettività, è una produzione della Fondazione Teatro della Toscana, in coproduzione con il Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale, e inaugura da mercoledì 28 ottobre a giovedì 12 novembre la Stagione 2015/2016 della Pergola, dopo aver aperto quella del Carignano di Torino.

“Con questo spettacolo”, afferma il Maestro, “saldo il conto con la mia vita di teatrante e lo dedico a Giorgio Strehler”. Un’edizione fedele al testo originale per 26 attori, che in scena interpretano più di ottanta personaggi, e con tre musicisti della Scuola di Musica di Fiesole, che suonano dal vivo le musiche originali di Hanns Eisler. Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le luci di Michelangelo Vitullo. Teatro all’ennesima potenza che sviluppa tutte le sue possibilità creative.

La prima del Galileo inaugurerà ufficialmente anche il restauro dell’atrio d’ingresso, un’altra tappa fondamentale verso il completo recupero di tutti gli spazi storici della Pergola. L’atrio sarà inoltre la sede della nuova biglietteria, unificata tra funzioni di prevendita e apertura serale.

E giovedì 5 novembre, ore 18, Gabriele Lavia e la Compagnia incontreranno il pubblico in teatro. È solo il primo appuntamento di un fitto calendario di incontri e iniziative sulla figura del grande scienziato pisano che prevede anche visite guidate, attività per famiglie e osservazioni del cielo, organizzate in collaborazione con il Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza, l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri e il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze.

 

Vita di Galileo è un’opera a cui Brecht ha lavorato, con ritocchi e rimaneggiamenti, per oltre vent’anni. La prima versione risale al novembre del 1938, durante l’esilio in Danimarca. Galileo, il fondatore della nuova fisica, è visto come un eroe che abilmente sceglie di capitolare di fronte al potere per continuare la sua ricerca scientifica. Gli studi sulla fissione dell’atomo prima, e la costruzione della bomba atomica poi, portano a una trasformazione del testo: Galileo diventa un antieroe e la sua abiura l’atto con cui è stato messo drammaticamente in discussione il rapporto tra scienza e società. L’opera così rivista viene rappresentata nel luglio del 1947 al Coronet Theater di Beverly Hills a Los Angeles, Charles Laughton è Galileo e la regia è di Joseph Losey. Per il debutto del 1955 del Berliner Ensemble, la compagnia fondata da Brecht, il dramma subisce ulteriori variazioni. In questa forma, che per Brecht, morto durante le prove, ancora non era definitiva, Vita di Galileo arriva nel 1963 al Piccolo di Milano, regia di Giorgio Strehler, con Tino Buazzelli nel ruolo di Galileo. Uno spettacolo che cambia la vita di Gabriele Lavia, rendendolo l’artista che tutti conosciamo, e che ora affronta per la prima volta da regista e interprete principale, a sessant’anni dalla scomparsa di Bertolt Brecht.

“Ho preso dentro di me la grande decisione di fare teatro”, ricorda il Maestro, “quindi di dare un indirizzo alla mia vita, dal quale poi non mi sarei più tolto o potuto togliere, dopo aver visto Vita di Galileo di Strehler. Alla prima a Milano non ero ancora entrato alla ‘Silvio d’Amico’, presi allora la decisione di candidarmi. L’ultima volta che l’ho visto, anni dopo a Roma, stavo già studiando da attore. Le questioni affettive, personali, sono state molto forti per la scelta del testo: con questo spettacolo saldo il conto con la mia vita di teatrante. Per questo lo dedico a Giorgio Strehler.”

Dopo aver aperto la stagione del Carignano di Torino, lo spettacolo, prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana, in coproduzione con il Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale, inaugura la Stagione 2015/2016 della Pergola, da mercoledì 28 ottobre a giovedì 12 novembre. Gabriele Lavia in scena è affiancato da 25 attori, che interpretano più di ottanta personaggi, e da tre musicisti della Scuola di Musica di Fiesole, che suonano dal vivo le musiche originali di Hanns Eisler. Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le luci di Michelangelo Vitullo. La prima del Galileo inaugurerà ufficialmente anche il restauro dell’atrio d’ingresso, un’altra tappa fondamentale verso il completo recupero di tutti gli spazi storici della Pergola.

L’opera di Brecht inizia a Padova nel 1609, dove Galileo tiene la cattedra di matematica dal 1592. Lo scienziato viene in contatto con il cannocchiale, inventato in Olanda l’anno prima, e lo perfeziona per usarlo nelle sue osservazioni astronomiche. È grazie a questo strumento che giunge alla sua prima grande scoperta, l’esistenza dei quattro satelliti di Giove. Non tutto ciò che si trova in cielo, quindi, ruota intorno alla Terra. Si tratta della prima prova che può mettere in crisi il sistema tolemaico, secondo cui il Sole e gli altri pianeti ruotano attorno alla Terra, centro immobile di tutto l’universo. Galileo si sente pronto a difendere pubblicamente la teoria eliocentrica di Copernico. Per quelle sue sconvolgenti osservazioni celesti che aprivano, come noi oggi sappiamo, l’epoca moderna, viene accusato di eresia sotto il pontificato di Urbano VIII: negare alla Terra la ‘autorità’ di centro immobile del Creato equivale a ribellarsi alle Sacre Scritture e ingannare le anime. Si costringe così lo scienziato ad abiurare e a restare prigioniero, in seguito, tra i muri d’una villa di Arcetri.

“Brecht pone una domanda: che cos’è la verità?”, spiega Lavia, “la risposta è: l’essenza (la possibilità) della verità è la libertà. Non si può trovare la verità se non a costo, duro, difficile, doloroso, della libertà. La libertà non è fare quello che ci pare, è la limitatezza della conoscenza. Brecht è un politico e parla della verità della pòlis, dello stare al mondo insieme con gli altri.”

Nonostante il suo intimo dissidio, la sua contraddittorietà, il Galileo brechtiano è figura umanamente ricca, moderna proprio perché, pur asserendo in modo geniale la verità contro l’ignoranza, la superstizione e il conformismo, resta in bilico perenne tra due fronti. Un’unione di contrari che ricorda quella che lega l’attore al suo personaggio.

“L’attore non è mai il personaggio”, precisa Lavia, “vive in armonia con esso. Armonia deriva dal greco armòs, le armi che si potevano portare appese alla spalla, e quindi, per esteso, lotta, guerra. L’attore combatte sempre con il personaggio: proprio in questo non comprendersi è possibile la sua arte.”

La figura di Galileo, lo scienziato che con le sue rivoluzionarie intuizioni rischia di mettere a repentaglio gli equilibri teologici e sociali del suo tempo e che si piega alla ritrattazione per timore della tortura e per mancanza di agonismo eroico, è la metafora dello scienziato moderno, dell’intellettuale perseguitato dall’inesorabile binomio scienza-fanatismo.

“Il grande insegnamento che ci dà Brecht”, conclude il Maestro, “è che l’uomo ha il diritto di sapere e di capire. È uno scambio costante. A un certo punto il piccolo Andrea Sarti dice a Galileo: ‘ma perché vi ostinate a farla capire a me? Sono ancora troppo piccolo! Ho undici anni...’ Galileo, cioè Brecht, risponde ad Andrea Sarti, ovvero lo spettatore e la società intera: ‘Voglio proprio questo! Tutti hanno il diritto di capire! Anche i bambini’. Tutti hanno il diritto di capire e spero che nel mio spettacolo si capisca tutto. Questo sarebbe un grande successo.”

 

Il mio Galileo per tutti

Conversazione con Gabriele Lavia

di Matteo Brighenti tratta dal Programma di sala

 

Vita di Galileo, progetto che ha in mente da almeno tre anni, è il suo primo Brecht e ricorre nel sessantesimo anniversario dalla scomparsa dello ‘scrittore di teatro’. Cosa la lega a questo testo tanto da averlo inseguito così a lungo?

“Con Vita di Galileo saldo il conto con la mia vita di teatrante. Ho preso dentro di me la grande decisione di fare l’attore, di dare questo indirizzo alla mia esistenza, dal quale poi non mi sono più tolto o potuto togliere, dopo aver visto la messinscena di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano nel 1963. Un lavoro unico, nessuno è riuscito a ripetersi, neanche lui. Me lo disse tante volte: “Il Galileo è la regia che più mi ha cambiato”. Sicuramente è lo spettacolo più difficile che abbia mai fatto e credo che mai farò. Per questo lo dedico a Strehler.”

 

Quindi per lei è qualcosa di importante e determinante a livello affettivo.

“Al di là delle questioni personali, che sono molto forti per me, Vita di Galileo affronta un tema che mi sta molto a cuore: la ricerca della verità. Non si può trovare la verità se non a costo della libertà, che però non è libero arbitrio, è limitatezza della conoscenza. Quando, infatti, gli americani sganciano la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, Brecht rivede il suo giudizio e condanna l’abiura di Galileo, che prima considerava un’astuta capitolazione per poter continuare i propri studi. In quella pagina finale, dura e dolorosa, Galileo esprime tutta la sua amarezza per l’errore commesso, ma con grande coraggio prende anche coscienza proprio del problema della libertà e autonomia della scienza dal potere.”

 

L’abiura, comunque, resta.

“Galileo ha abiurato per paura, l’avrei fatto anch’io! Però alla fine riconosce che “se io non avessi avuto paura… se io avessi resistito… forse gli scienziati avrebbero potuto sviluppare qualcosa di simile a quello che è per i medici il giuramento di Ippocrate: il voto solenne di usare la scienza soltanto a vantaggio dell’umanità… e non per distruggere l’umanità. Vita di Galileo è un testo ancora straordinariamente contemporaneo.”

 

Ci sono dei punti di contatto tra il Galileo e i suoi Sei personaggi in cerca d’autore? L’anno scorso, in occasione del suo debutto alla Pergola, mi disse che anche loro erano alla ricerca della verità.

“Pirandello è un filosofo e quindi parla della verità dell’essere. Brecht, invece, è un politico e parla della pòlis, dello stare al mondo insieme con gli altri, dell’idea di verità attorno alla quale, come attorno a un polo, si riunisce una collettività. E ogni conquista tecnica è una ferita all’umanità dell’uomo.”

 

Chi è Galileo?

“Brecht descrive un genio casuale, questa è la sua bellezza. Tutto gli succede per caso, per caso gli dicono che c’è un cannocchiale, per caso lo costruisce, per caso lo punta verso l’alto: in lui il caso è quasi un dio che va alla ricerca di coloro che ricercano il caso. È come un bambino pasticcione, con tanta fantasia, e Brecht, che deve averlo amato molto, che forse lo ha amato più di tutti gli altri suoi personaggi, lo descrive in maniera davvero toccante.”

 

Come lo ha condotto sul palcoscenico?

“Io faccio il copione così come Brecht l’ha scritto nella sua terza e ultima stesura, la ‘berlinese’. Cerco la luce del testo, qui non ci sono psicologie, tutto viene detto, raccontato. In scena con me ci sono altri 25 attori che interpretano più di 80 personaggi, con la serietà e la semplicità del teatro dei burattini. Quando Andrea Sarti dice a Galileo “ma perché vi ostinate a farla capire a me? Sono ancora troppo piccolo! Ho undici anni...”, lo scienziato risponde “voglio proprio questo! Tutti hanno il diritto di capire! Anche i bambini!”. Questo è il grande insegnamento che dà Brecht allo spettatore e alla società: l’uomo ha il diritto-dovere di sapere e di capire. Io lavoro perché tutti capiscano quello che dico e se c’è qualcuno che non capisce glielo ripeto, anche due o tre volte. Per me ciò vuol dire fare il teatro per il pubblico. Non credo agli spettacoli che si comprendono il mese dopo. Il nostro Vita di Galileo è complicato, è ricco, ricchissimo, i costumi sono oltre 180, ma viene restituito in maniera semplice, comprensibile a tutti. Il teatro senza il pubblico (non sono solo persone, sono persone che seguono, e se non lo fanno è colpa degli attori) non è teatro.”

 

Un teatro all’ennesima potenza.

“Io sono uno degli ultimi animali in via di estinzione che considera il teatro la messinscena di un testo, fatta da un gruppo di attori, che si esprime davanti a degli spettatori. Quello che perseguo nel mio modo di fare spettacoli è il teatro che abbraccia l’attore e lo spettatore. Lo spettacolo è fatale che cambi con il passare della moda, del gusto, del tempo, il teatro no, è quella cosa lì, e resterà così o scomparirà, quando l’uomo non sentirà più la necessità di raccontarsi agli altri uomini.”

 

Non ci sono solo attori, tra cui torna ad affiancarla sua figlia Lucia nel ruolo di Virginia, la figlia di Galileo, ma anche tre musicisti della Scuola di Musica di Fiesole.

 

“Le musiche di Hanns Eisler, uno dei più grandi compositori dell’epoca di Brecht, sono eseguite dal vivo. Le canzoni sono elementi di racconto al pari delle battute. Si parla tanto di recitazione ‘epica’. Èpos in greco significa dire: perciò tutto ha come in se stesso il diritto-dovere di farsi capire. Mi hanno raccontato che al debutto dell’Opera da tre soldi al Piccolo, sempre con la regia di Strehler, chiesero a Brecht, per la prima volta in Italia, cosa fosse per lui lo stile ‘epico’. Brecht rispose: “Lo chiedete a me? Voi avete il più grande attore ‘epico’ di tutti i tempi: Vittorio De Sica”. Se ci si pensa, De Sica raccontava le canzoni, non le cantava. La narrazione è avanti, la musica è indietro, così devono fare gli attori.”

 

Quindi è priva di fondamento l’idea che l’attore brechtiano debba come guardarsi da fuori e giudicare le azioni del suo personaggio.

“L’attore si guarda sempre da fuori, non è mai il personaggio, vive in armonia con esso. Armonia deriva dal greco armòs, le armi che si potevano portare appese alla spalla, e quindi, per esteso, lotta, guerra. L’attore combatte sempre con il personaggio, la loro è un’unione di contrari.”

 

Per conquistare che cosa?

“L’uomo è la ricerca della verità e il teatro, per definizione, è il luogo dello sguardo che svela la verità dell’uomo, cioè il mistero. Personalmente, sto cercando me stesso: vado per tentativi, ci provo, sperimento. Altrimenti non potrei fare Galileo.”

 

BIGLIETTI

Prezzi

INTERI

€ 32,00 PLATEA ● € 24,00 PALCHI ● € 16,00 GALLERIA

Ridotti (escluso domenica)

OVER 60

€ 28,00 PLATEA ● € 20,00 PALCO ● € 14,00 GALLERIA

UNDER 26

€ 20,00 PLATEA ● € 16,00 PALCO ● € 12,00 GALLERIA

SOCI UNICOOP FIRENZE (martedì e mercoledì)

€ 25,00 PLATEA ● € 18,00 PALCHI ● € 13,00 GALLERIA

 

BIGLIETTERIA

Teatro della Pergola, via della Pergola 18, 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com.

Orario: dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 18.30.

Online su http://www.boxol.it/teatrodellapergola/IT/index.aspx?A=767 e tramite la App del Teatro della Pergola.

Circuito regionale Boxoffice.

 

 

da mercoledì 28 ottobre a giovedì 12 novembre, Teatro della Pergola

(feriale ore 20.45, festivo ore 15.45, riposo venerdì 6 novembre)

 

Fondazione Teatro della Toscana

Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale

Gabriele Lavia

VITA DI GALILEO

di Bertolt Brecht

con Massimiliano Aceti, Alessandro Baldinotti, Daniele Biagini, Silvia Biancalana, Pietro Biondi, Francesca Ciocchetti, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Chiara De Palo, Luca Di Prospero, Alice Ferranti, Giulia Gallone, Ludovica Apollonj Ghetti, Giovanna Guida, Lucia Lavia, Andrea Macaluso, Mauro Mandolini, Luca Mascolo, Woody Neri, Mario Pietramala, Matteo Prosperi, Matteo Ramundo, Malvina Ruggiano, Carlo Sciaccaluga, Anna Scola

musiche originali di Hanns Eisler

eseguite dal vivo dai musicisti della Scuola di Musica di Fiesole

Elena Pruneti flauto

Graziano Lo Presti clarinetto

Giuseppe Stoppiello pianoforte

scene Alessandro Camera

costumi Andrea Viotti

luci Michelangelo Vitullo

regista assistente Giacomo Bisordi

regia Gabriele Lavia

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