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martedì, 08 febbraio 2011 - 17:53
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Inchiesta P3

Credito Cooperativo Fiorentino, soci autoconvocati:"Banca non è di Verdini"

Assemblea pubblica la Teatro Dante di Campi il 13 febbraio
Immagine articolo - Il sito d'Italia

Un gruppo di soci del Credito cooperativo fiorentino, la banca di cui è stato presidente l'onorevole Denis Verdini fino alle dimissioni dell'estate scorsa, ha autoconvocato, fuori dalle previsioni statutarie, un' assemblea pubblica il prossimo 13 febbraio al Teatro Dante di Campi Bisenzio «per tentare di convincere la Banca d'Italia (che ha commissariato l'istituto, ndr) che il Ccf non è l'onorevole Verdini, bensì siamo tutti noi soci» . «Nel silenzio generale - ha spiegato uno dei soci promotori dell'iniziativa, l'avvocato Leandro Chiarelli di Firenze - pare che il Ccf sia avviato alla fusione coatta disposta dalla banca d'Italia o allo scorporamento di patrimonio e sportelli; è passata l'idea che il Ccf sia banca di proprietà di Verdini e quindi, per escludere lui dal controllo, è ritenuto necessario 'far fuorì la banca. Ma se domenica dimostreremo di essere un numero significativo potremo sperare di far vivere il Ccf, altrimenti è finita». Sono circa un migliaio i soci della banca con sede a Campi: tra questi i promotori della riunione ritengono di aggregarne almeno 100 o 200. L'obiettivo, è stato spiegato, è dimostrare che i conti sono in ordine e che Verdini ormai è completamente fuori dall'istituto a causa delle inchieste che lo stanno riguardando in merito alla gestione». E saranno evidenziati i dati del bilancio 2009 della banca che è stato approvato nel maggio 2010 e, in base al quale, «il Ccf ha fondi di riserva per 55,7 mln di euro e un attivo totale 535,7 mln di euro». «Per quale motivo - afferma l'avvocato Chiarelli - questi numeri denoterebbero un'impossibile tenuta patrimoniale della banca se il bilancio del 2008 portava fondi di riserva per 51,9 mln di euro e un attivo totale di 496,3 milioni?. «Questi numeri - continua il portavoce dei soci 'autoconvocatì - spiegano ampiamente perchè sono molti gli interessati a prendersi gratis la banca». Per gli autoconvocati del Ccf «far fuori una banca è semplicissimo: è sufficiente svalutare i crediti - ipotizza Chiarelli - ed aumentare i fondi di riserva per creare un devastante 'bucò di bilancio da presentare all'opinione pubblica come presupposto necessario per imporre la fusione coatta con altra banca. Verrebbe annullato il capitale sociale e noi soci non conteremmo più niente nelle decisioni, anche in quelle relative all'eventuale fusione» con altre banche. Così gli 'autoconvocatì del Ccf hanno dato incarico a professionisti di valutare un eventuale ricorso al Tar in caso di «eventuale scioglimento immotivato della banca», anche se si tratta di una «valutazione estrema, posto che tutti noi soci ci sentiamo pienamente tutelati dal lavoro svolto dai commissari della Banca d'Italia». Inoltre, prosegue Chiarelli, «nell'assemblea discuteremo di chiedere ai commissari di Bankitalia, se ce ne sono i presupposti, di promuovere un'azione di responsabilità contro la gestione precedente; di ricostituire un cda in grado di rendere nuovamente operativa la banca che attualmente soffre di una ingessatura verso clienti e soci; di comporre un collegio sindacale nominato dai soci e che garantisca ciò che l'organo di vigilanza riterrà necessario; che la Federazione delle Bcc nomini un direttore generale per far ripartire 'la macchinà». Solo una volta che è «restituito il Ccf alla sua piena operatività - conclude il portavoce degli autoconvocati - potremmo poi riflettere se la fusione eventuale è necessaria e quindi come e con quale partner farla».

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