Il silenzio commosso di un'aula impietrita davanti al racconto di Guido Magherini, padre di Riccardo, è l'immagine più nitida dell'udienza che si è svolta nell'aula 12 del tribunale di Firenze durante il processo per omicidio colposo a carico dei quattro carabinieri, di cui uno imputato anche per percosse, intervenuti il 3 marzo 2014 in Borgo San Frediano e dei due volontari (presenti in aula) della Croce Rossa Italiana che si trovavano a bordo della prima ambulanza arrivata per soccorrere il 40enne.
E' stata anche l'udienza che ha dimostrato come Riccardo Magherini fosse morto in Borgo San Frediano. E che il suo cadavere fu da subito violato con quel trasporto forzato in ospedale per ragioni “di ordine pubblico”. Quel corpo morto sotto le mani di quattro carabinieri non poteva rimanere lì.
E' stato dimostrato come i volontari della Croce Rossa italiana non siano stati fatti intervenire proprio a causa della pericolosità di Magherini, che però giaceva, già al loro arrivo, esanime sull'asfalto della strada. Dal dibattimento, infatti, sta emergendo come, nonostante il capo d'imputazione sia il medesimo, le responsabilità di volontari e carabinieri sono ben diverse.
Ed è emerso, oltretutto, come il pm non fu subito avvisato al momento della morte di Magherini, ma soltanto ore dopo. Aspetti che tratteggiano ulteriori responsabilità fino ad oggi evidenziate solo su queste pagine, ma presenti anche nel fascicolo del pm.
In aula ci sono il pubblico ministero Luigi Bocciolini, dietro di lui siedono i legali di parte civile della famiglia Magherini, gli avvocati Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Mattia Alfano. Dietro di loro Guido e Andrea Magherini, padre e fratello di Riccardo. Presenti gli avvocati Francesco Maresca e Riccardo Ragusa legali dei carabinieri, con il solo Ascenzi presente in aula, e Massimiliano Manzo e Loriano Maccari, difensori dei volontari Cri presenti in aula.
Le dichiarazioni degli ultimi testimoni di Borgo San Frediano, chiamati a sfilare davanti al giudice Barbara Bilosi, raccontano ancora le violenze sul corpo di Magherini. E se il dibattimento processuale pone tutta la sua attenzione sulla precisione nel descrivere numero, intensità e direzione dei calci, i racconti di chi ha visto la scena, seppur anche questi pieni di molti “non ricordo”, spiegano come a Riccardo siano stati “dati calci” mentre era a terra ammanettato con un carabiniere che gli stava con “un ginocchio sul collo, mentre lui urlava e poi è rimasto in silenzio all'improvviso”.
“DATI CALCI” - I calci sono descritti da una ventunenne, visibilmente emozionata, che quella sera era affacciata alla finestra del suo appartamento. La giovane ricorda come l'uomo abbia “chiesto un'ambulanza”, poi le sue urla disperate, “aiuto sto morendo”. Ricorda di Magherini che “dopo poco non si è più mosso”. Sono molti però i “non ricordo” nelle parole della testimone, che non riesce a essere precisa nel descrivere i calci dati su Riccardo a terra ammanettato. Una deposizione che appare comunque chiara nel descrivere le azioni dei militari. E l'avvocato Maresca infatti prova a stuzzicare la teste. “Trema, perchè? E' preoccupata?”. “A 21 anni non è una cosa da tutti i giorni stare qui”. “Ha già letto la testimonianza?” chiede il legale, “l'ho scoperta sul libro di Matteo Calì, con il cognome cancellato” risponde la ventunenne. Anche per lei dunque la domanda di rito della difesa dei tre appuntati. “Ha rapporti con la famiglia Magherini?”. “No”. Ed una precisazione. “Non ho accettato di parlare all'avvocato Bisori (primo legale famiglia, ndr) perchè prima ho preferito parlare alla Procura della Repubblica”.
“GINOCCHIO SUL COLLO” - Chi invece vede “il ginocchio sul collo di Riccardo Magherini”, che poi "all'improvviso smette di parlare", è un testimone arrivato a Firenze con gli agenti della Mobile di Napoli che lo hanno portato a Palazzo di Giustizia su ordine del pm, che ne aveva disposto l'accompagnamento coatto dopo tre inviti senza esito. Ma il teste rivela particolari confusi. E lo dice lui stesso. “Non mi ricordo i fatti di quella notte”. “Non ricordo, non ricordo”. “Non ricordo” sono le sue identiche successive risposte. Spiega che Magherini “dava schiaffi ai carabinieri”, ma è l'unico testimone che riferisce questa scena., oltre ad un uomo che nella scorsa udienza vide una “testata” ai militari, in un racconto surreale dei fatti di quella notte.
IL “COLLEGA” DELLA TERZA GAZZELLA - Sul banco dei testimoni deve sedersi anche l'appuntato Casimiro De Renzis, che quella notte intervenne su una terza gazzella arrivata a San Frediano con il collega Mastrogregori. In aula abbozza un racconto generico e distante ben diverso da quello che fornì pochi giorni dopo i fatti. Diverso in forma e sostanza. Incalzato dall'avvocato Manzo, il militare ha cercato una giustificazione alle sue contraddizioni dovendo però poi confermare come all'arrivo “il maresciallo Castellano riferiva che l'uomo era pericoloso e andava contenuto e non si potevano togliere le manette fino all'arrivo di un medico”. Una versione che coincide con quella da sempre riferita dai volontari CRI. De Renzis, sempre incalzato da Manzo, è costretto ad ammettere di “aver visto il massaggio cardiaco iniziato con le manette”. Prima aveva raccontato il contrario.
IL MEDICO DEL 118 - Tocca deporre anche a due ex indagati poi archiviati in questo procedimento, il medico del 118 e l'infermiere intervenuti in Borgo San Frediano. Il dottore è impacciato, risponde con molti “non ricordo”. Anche quando gli viene chiesto il colore del viso di Magherini. “Era buio, non c'era luce” risponderà. Il medico sembra voler dimenticare quella notte rapidamente.
QUEL CADAVERE TRASPORTATO - E invece gli viene chiesto conto di varie operazioni ed in particolare della sua decisione di spostare Riccardo, oramai cadavere. “Magherini è stato sempre in asistolia?” chiede l'avvocato Alfano. “Sì” risponde il medico. “C'era una terapia diversa in ospedale?” chiede l'avvocato Alfano. “No”. “Dopo tutto quello che avevate fatto in strada, poteva essere fatto altro su Magherini?” continua il legale. “No” conferma il dottore, che risponde stizzito quando l'avvocato Manzo lo mette alle strette chiedendogli spiegazioni su una telefonata alla propria centrale operativa. “Cosa intendeva con “dopo te lo spiego” riferendosi alla morte di Magherini?” “Che non mi fermavo a fare considerazioni” replica il medico senza aggiungere altro.
“MASSAGGIO INIZIATO CON LE MANETTE” - Il soccorritore è anche chiamato a spiegare cosa succede al suo arrivo. “Era contenuto a terra dai carabinieri e quando ho chiesto mi è stato detto che era una persona difficile da contenere”, racconta nel corso della sua deposizione, spiegando come il massaggio cardiaco fosse iniziato “con le manette inserite” e solo dopo la sua richiesta vennero tolte, anche se ci fu “difficoltà nel trovare le chiavi”.
“ERA GIA' MORTO” - Ma quel trasporto in ospedale di Riccardo Magherini ormai morto sembra inspiegabile anche al medico di turno al pronto soccorso di Santa Maria Nuova. “Non ha mai dato segni di vita” spiega il medico “ed il cuore era assolutamente fermo”. “Avrei anche potuto constatare il decesso immediatamente” racconta il testimone che, rispondendo alle domande dell'avvocato Manzo, si sofferma sul trasporto in ospedale del cadavere. “Non è normale spostarlo” ammette rispondendo all'avvocato. “Ma c'era un'esigenza di ordine pubblico” come gli spiegò il medico del 118. In sintesi, era meglio spostare quel corpo che lì avrebbe creato troppi problemi.
“CC DOVEVANO AVVISARE PM” - Il medico di Santa Maria Nuova tratteggia anche i passaggi burocratici di quella notte con la richiesta di intervento dell'Autorità Giudiziaria. I carabinieri furono informati della morte di Magherini proprio dall'uomo anche con una telefonata poco dopo le 6 del 3 marzo. Ma il pm fu avvisato solo dopo aver sentito altri testimoni e la salma di Riccardo portata via dall'ospedale “solo dopo le 8 del mattino”.
“VOLONTARIA INTERROGATA ACCANTO A MAGHERINI MORTO” - Anche l'infermiere che assiste il medico del 118 racconta i particolari di quell'intervento. “Il medico venne subito fermato dal maresciallo” e i volontari “lamentarono poca collaborazione con le forze dell'ordine”. Poi il racconto chiaro di un uomo trovato agonizzante, in arresto cardiaco, con le manette ai polsi e con “due carabinieri a contatto”. L'arrivo in ospedale e la morte sono coincise con l'interrogatorio a una volontaria. “Uno dei carabinieri era entrato anche dentro con noi nella sala di rianimazione” spiega l'infermiere “ e ho ascoltato la deposizione di una volontaria dove c'era Magherini morto”.
I MEDICI DI MAGHERINI - E sul banco dei testimoni sfilano anche due medici personali di Riccardo Magherini. A loro verranno chieste le abitudini dell'uomo e sul suo uso di cocaina. Le risposte saranno chiare. Un uso “saltuario” che lo stesso uomo riferì ai due medici. “L'ho saputo due mesi prima della morte” racconta in aula il suo medico curante che lo indirizzerà ad un collega del Sert in particolare “dopo un episodio in cui si sentiva impaurito e minacciato”. Ma Magherini alle due visite svolte è apparso “una persona assolutamente ordinata nel pensiero con dei contenuti affettivi”. Il pm Bocciolini prova ad anticipare a due anni precedenti l'ammissione dell'uso di cocaina da parte dell'uomo. Sente e risente il medico personale. Senza riscontro.
LA FORZA DI UN PADRE - Tocca poi a Guido Magherini, il padre di Riccardo. E' lucido, emozionato, ma la commozione non interromperà mai la sua voce. In questi due anni ha lottato senza tregua per sapere cosa è successo a suo figlio e perchè quella notte è morto. C'è silenzio in aula. "Stavo dormendo quella notte” racconta l'ex calciatore di Palermo e Milan, “poi mi ha chiamato un amico di Riky e mi ha detto "ci sono i carabinieri a casa ma dicono che hanno delle cose da dire solo a te". “Mi dissero che era morto d'infarto, che aveva spaccato roba, che aveva preso in ostaggio una persona” ricorda nella sua deposizione ripercorrendo attimo per attimo.
“ERA CALDO” - “Sono arrivato in ospedale e Riky era sotto il lenzuolo, era caldo. M'è caduto il mondo addosso. Mi hanno consegnato i vestiti e poi sono andato dal maresciallo Delfino” spiega Guido Magherini e “lì ha ricevuto quattro telefonate del capitano Cattaneo che voleva sapere cosa dicevo”
“Dopo 4 ore sono ritornato all'istituto di medicina legale e ho rivisto Riky. Era pieno di segni, era una cosa incredibile. In quel momento mi sono venuti dubbi su quello che mi avevano raccontato. Da qui abbiamo chiesto, abbiamo indagato, volevamo sapere cosa era successo” scandisce in aula. Anche Andrea Magherini è chiamato sul banco dei testimoni e appena ricorda il fratello Riccardo la sua voce è rotta dall'emozione. Lui quella notte non era qui, per motivi di lavoro. “Ma con Riky eravamo sempre insieme”.
Prossima udienza 2 febbraio ore 9.30.
Il sito d'Italia, quotidiano diffuso via internet. Testata giornalistica registrata presso il Tribunale Civile di Firenze n.5811 del 29 dicembre 2010.
Copyright Il sito d'Italia, tutti i diritti e i contenuti sono proprietà de "Il sito d'Italia"
Edito da Dedalo Comunicazione Srl, P.Iva 02200130975 - Direttore Responsabile Leonardo Varasano
Realizzato da Exupery Comunicazione