Pubblichiamo un contributo del Prof. Guido Vignelli, che sarà a Firenze mercoledì 21 ottobre 2015 alle ore 17, presso l'Auditorium della Regione Toscana - via Cavour, 4 come relatore - insieme a Giovanni Donzelli, Presidente del Gruppo regionale di FdI, Pucci Cipriani Presidente della Comunione Tradizionale, il ventunenne Guido Scatizzi, lirurgista, e la giornalista Patrizia Fermani - al Convegno "Dove cii porterà il Sinodo sulla Famiglia". Vignelli già allievo di padre Cornelio Fabro e Assistente Universitario del prof. Augusto Del Noce, è uno studioso seguace del Filosofo cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira, del quale ha curato, tra l'altro, l'edizione italiana di "Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo : note sulla guerra psicologica contro i cattolici" (Editoriale Il Giglio), è Direttore emerito di SOS Ragazzi.
Nella bufera di un dibattito sinodale sulla famiglia che, pur pretendendosi
limitato alla pastorale, in realtà coinvolge la dottrina, oggi rischia di accadere proprio
quello che si temeva fin dall’anno scorso.
Ben lungi dal preservare implicitamente la dottrina, la prassi ecclesiale va
adeguandosi allo “spirito del tempo” in nome di pretese “esigenze pastorali”,
imponendo implicitamente una nuova dottrina che non ha più nulla di evangelico. E
così, una vecchia pastorale ortodossa ma debole tende ad adeguarsi a una nuova
ideologia eterodossa ma forte: quella del permissivismo mascherato da una strana
carità e misericordia che non presuppone pentimento né riparazione della colpa.
Come hanno giustamente ammonito alcuni commentatori, si pretende
d’imporre una pastorale permissiva in nome di una nuova dottrina implicita, mirante
a realizzare esigenze mondane che possono essere quelle della società o della
“persona” o, più recentemente, della “natura” intesa in senso ecologista. Va
acquistando consensi una sorta di “religione della prassi” che subordina dogmi, leggi,
riti e sacramenti alle esigenze della coscienza, dell’affettività e della spontaneità.
In ogni caso, qui il fatto usa la forza dell’inganno, della seduzione e della
violenza per imporsi sul diritto; del resto, da quando il Cristianesimo è diventato
pacifista, rinunciando a usare la “forza del diritto”, esso ha cominciato a soccombere
al “diritto della forza” (o meglio della violenza).
Per contro, la vita cristiana esige che la pastorale sia coerente con la dottrina; lo
stesso papa Francesco ha ammonito a “trasmettere la sintesi del messaggio
evangelico, non idee o valori slegati; dove sta la tua sintesi (dottrinale), là sta il tuo
cuore (pastorale)” (Evangelii gaudium, § 143). Se “la fede senza le opere è morta”
(Gc. 2,17), le opere senza la fede sono sterili e talvolta controproducenti; ma se la
fede ispira le opere e se ne nutre, queste diventano fruttuose e vincenti.
La vera soluzione quindi può venire solo dall’armonizzare dottrina e pastorale,
ma in modo non egualitario bensì gerarchico: ossia bisogna far sì che l’ortodossia
torni a fondare l’ortoprassi e questa ad adeguarsi a quella, in modo da diventare
capace di vincere le cattive idee e tendenze e la “idolatria della carne”, come la
chiamava Pio XI. Ciò significa che c’è bisogno non tanto di una ripresa pastorale,
quanto di una rievangelizzazione della famiglia basata su una teologia morale
tradizionale che riaffermi i diritti di Dio su quelli dell’Uomo.
Ma ormai, anche in questo campo, c’è bisogno di ribadire non tanto ciò che è
vero, buono e giusto, quanto ciò che è falso, cattivo e ingiusto, condannando
solennemente e definitivamente proprio quelle “esigenze dei tempi” promosse da una
certa filosofia e teologia morale eretica o eretizzante, diffusa da quelli che padre
Cornelio Fabro fin dal 1972 bollava come “pornoteologi”.
Insomma, bisogna che la Chiesa si pronunci solennemente, sia in positivo,
proclamando Sancta Mater Ecclesia tenet ac docet…, sia in negativo, ammonendo
Quicumque dixerit…, anatema sit. In particolare, c’è bisogno di un nuovo Syllabus
che definisca ciò che un cristiano non può affermare, insegnare e tantomeno fare a
danno della santità matrimoniale e famigliare. I fedeli hanno il diritto di sapere ciò
che è immorale e ingiusto in questo campo, hanno il diritto che sia proibito e punito il
dirlo, scriverlo e farlo, se non nella società civile, almeno all’interno della Chiesa.
Non tutto è perduto. Il dibattito che si svolge nel Sinodo sta facendo capire che
è in gioco la credibilità della Chiesa che un tempo si definiva “militante”, o meglio
della Gerarchia ecclesiastica. Bisogna sperare, pregare e agire affinché lo scontro fra
le due fazioni sinodali – scontro che finalmente è risalito alle divergenze dottrinali
che fondano quelle pastorali – non si assopisca in un compromesso che non
risolverebbe nulla, ma spinga i prelati rimasti cattolici a far valere la dottrina
evangelica; la vera pastorale verrà poi di conseguenza. Solo così si porranno le
premesse per risolvere, assieme alla crisi della famiglia, anche quella della Chiesa,
evitando quella sua recente irrilevanza che ne favorisce il crescente isolamento e ne
prepara la futura persecuzione.
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