Nel 1958 i costumi sessuali degli italiani sono cambiati, grazie alla senatrice Angelina Merlin. Dopo una lunga battaglia, infatti, la parlamentare socialista riuscì a far approvare l’omonima legge che aboliva la prostituzione in Italia. Le “Case Chiuse” divennero davvero tali, non solo perché le imposte dovevano rimanere sempre serrate con una catena per evitare sguardi indiscreti sulle liaisons amorose consumate all’interno, condizione che dall’Ottocento ne aveva determinato il nome.
Nel corso dei secoli poco era cambiato per le prostitute, non a caso si è soliti definirlo “il mestiere più vecchio del mondo”, molto invece nella percezione sociale del ruolo delle stesse e dei fruitori dei piaceri a pagamento.
Nella Roma antica era considerato un vanto intrattenere rapporti con le meretrici. Il sesso era ritenuto benefico ed era visto come un dono degli Dei. La casistica delle prostitute era varia e ogni categoria aveva la sua “specialità”. Se una donna si prostituiva di notte era chiamata nocticula, l’odierna lucciola, se invece passeggiava il suo nome era ambulatrix, oggi divenuta ragazza da marciapiede. Il servizio prestato sotto i ponti la faceva divenire una fornicatrix (fornices sono le arcate dei ponti), da cui deriva il vocabolo fornicare. In generale però la prostituta era chiamata “lupa”, talvolta anche meretrix, per via del fatto che “meritava” il suo guadagno.
Col sopraggiungere del cristianesimo i luoghi in cui esercitavano il mestiere, detti “lupanari”, scompaiono per almeno un millennio, fino a quando, dopo l'anno Mille, nella maggior parte delle città europee le autorità divengono dopo le promotrici delle case destinate alle prostitute, assumendone spesso la gestione in proprio. La sorveglianza pubblica sul bordello significa anche controllo sociale, ordinata soddisfazione delle pulsioni sessuali dei cittadini e notevoli entrate fiscali attraverso imposte specifiche.
Nella storia moderna i primi postriboli pubblici nacquero in Prussia nel 1792. Fu il lungimirante Napoleone, però, a istituire il fondamentale obbligo per le ragazze di sottoporsi alla visita medica due volte al mese, allo scopo di tutelare la salute dei cittadini, salvando i frequentatori dalle infezioni leutiche. L’istituzione finì per essere utile a tutti: alla polizia, che dai bordelli ricavava preziose informazioni, allo Stato che rimpinguò le sue casse con l’introito di una tassa che oggi chiameremmo “etica” (il 67,5% del prezzo pagato per gli incontri mercenari). In Italia i postriboli aprirono i battenti nel 1859, ai tempi della seconda guerra di indipendenza, quando Napoleone III pose come condizione, per l’intervento francese al fianco dei Savoia, la creazione di luoghi adibiti allo svago della truppa.
Nel Ventennio il virilismo imperante dette nuova linfa alle case di tolleranza (per quanto Mussolini non le vedesse di buon occhio perché ritenute un ostacolo alla campagna demografica), grazie anche all’assidua frequentazione dei gerarchi e ai giovanotti in camicia nera che guardavano con circospezione chi i casini non li frequentava. Il Duce fu comunque ben lieto della continua fonte di informazioni che si rivelarono i bordelli. Il capo della polizia Arturo Bocchini, conscio delle preziose confidenze a cui gli uomini si abbandonano nell’alcova, dette precise disposizioni ai suoi uomini affinché vigilassero su quanto i gerarchi si lasciavano sfuggire nell’intimità delle case di tolleranza. Uno dei bordelli più lussuosi, non solo d’Italia, ma d’Europa, si trovava nel cuore di Firenze ed era gestito da Madame Saffo, celebre tenutaria che riceveva, con il piglio della diva del cinema, gerarchi del calibro di Ettore Muti e Italo Balbo, che lei chiamava “il mi bel Mameli” per via della barbetta che lo faceva somigliare all’autore dell’inno italiano.
Dopo la seconda Guerra mondiale le forti spinte dei partiti socialista e comunista, nonché dei movimenti femministi, determinarono la chiusura dei casini in tutta Europa. La Legge Merlin non ebbe un iter facile, ci vollero infatti ben dieci anni perché si giungesse all’approvazione della norma che metteva al bando la prostituzione. Il “mestiere più antico del mondo” ha continuato, ovviamente, ad essere esercitato senza tuttavia essere in alcun modo regolamentato. Oggi in molti Paesi occidentali - Germania per primo - è stato nuovamente adottato il “modello regolamentarista”, cioè un sistema in cui la prostituzione è legale e regolamentata, con notevoli benefici sia in termini di sicurezza sociale (i reati contro le prostitute sono praticamente inesistenti, a differenza che nei Paesi abolizionisti come l’Italia), sia per le casse dell’erario. Solo nel nostro Paese si calcola che le prostitute siano oltre settantamila, nove milioni i clienti, per un giro d’affari che oscilla tra i due e i sei miliardi di euro (pari allo 0,5% del PIL nazionale). Una colossale evasione fiscale che, forse, sarebbe il caso di regolamentare.
Paolo Sebastiani, avvocato (nessuno è perfetto!), accanito bibliofilo, ama la Storia che approfondisce con Winston, il suo bulldog inglese. Conduce Elzeviro, in onda tutti i lunedì alle 21 su TVR, collabora con i quotidiani La Verità e Il Giornale OFF.
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