Ha dovuto gettarsi in mare solo per agganciare la cima della motovedetta all'elica dell'aereo. Il velivolo, un ultraleggero, non ha un graffio e, cosa più importante, lui e l'amico stanno bene. Protagonista è il pilota dell'ultraleggero ammarato davanti a Piombino. Si chiama Claudio Sperduti Rampini, è un imprenditore di 61 anni di Tavarnelle Val di Pesa (Firenze): «Ma ora non fatemi passare per il pazzo della domenica o per eroe». Con l'esperienza di almeno 200 ore di volo alle spalle, ha capito subito che non avrebbe potuto atterrare all'aviosuperficie di Follonica (Grosseto) come aveva deciso insieme all'amico a bordo, Sergio Berti, 62 anni, altro imprenditore di Tavarnelle. «Ieri in aereo sono tornato da Timisoara, in Romania - racconta - Mi sono fermato a Pistoia e ho telefonato al mio amico: andiamo a fare un giro tra Capraia e l'Elba? Volevamo allungare per Bastia, ma abbiamo deciso di fermarci a Follonica. Ma il carrello dell'aereo non usciva. Abbiamo azionato la manichetta d'emergenza, ma non ha funzionato neanche quella». Così la decisione di ammarare: «Siccome l'acqua è più morbida della terra, abbiamo chiamato la Capitaneria e sono stati eccezionali». «Avevamo notato - aggiunge - che c'erano molte navi davanti al porto quindi ci siamo spostati in un'area in cui abbiamo visto che c'era un fiume e quindi meno frequentata da diportisti o bagnanti». L'area per l'ammaraggio (consumato in 30 metri) è stata fissata a circa 600-800 metri a largo, delimitata anche dalle imbarcazioni della Guardia Costiera, «che in 10 secondi erano da noi: io ho dovuto tuffarmi per legare la cima della motovedetta all'elica. Il mio amico? Neanche bagnato».
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