Incontriamo Giancarlo Antognoni, la Bandiera Viola che svetta sul pennone più alto, la stella più brillante del firmamento Gigliato. Superiamo l'imbarazzo iniziale di chi ha l'onore di poter porre alcune domande a colui che più di ogni altro rappresenta la Fiorentina. L'Unico 10, con estrema gentilezza e chiarezza, risponde lanciando precisi assist come quando illuminava i campi di calcio.
Come spieghi l'amore intatto della città nei tuoi confronti?
“Sicuramente la fedeltà alla maglia Viola, senza averla mai tradita e quello che ho dato alla Fiorentina hanno inciso sull'amore che ogni anno si manifesta in ogni occasione, ho vinto poco a Firenze, ma l'affetto dei tifosi vale molti scudetti”.
Lo scorso 4 marzo, al Mandela Forum, c'è stato l'Antognoni's Day, una bellissima festa in tuo onore: malgrado il successo della serata c'è stato qualche episodio spiacevole?
“Mi è dispiaciuto per qualche fischio che è stato rivolto a Caliendo, il mio primo procuratore, a quel tempo i procuratori non avevano il potere che hanno oggi, erano più amici che agenti. C'è stato un po' di dissenso anche verso la dirigenza Viola, i giocatori invece sono stati acclamati come sempre, penso che il Campionato di quest'anno abbia favorito questa situazione, ma il pubblico fiorentino è sempre attaccato alla squadra anche quando fischia, evidentemente il disaccordo vuol dire che qualcosa non ha funzionato nel modo migliore”.
Hanno mai provato a tirarti dentro la politica?
“Moltissime volte, ma ho sempre evitato di schierarmi, perché ho sempre voluto essere una persona senza vincoli. La mia libertà, sia da calciatore, sia da dirigente, non ha prezzo, oggigiorno è la cosa più importante”.
Da fiorentino, qual è il primo problema che vorresti vedere risolto in città?
“Ci sono tanti problemi che oggi, purtroppo, non ha solo Firenze, ma riguardano tutte le città italiane. Non è un discorso razzista, sia chiaro, ma ci sono troppi stranieri che vengono nel nostro paese: c'è crisi per tutti nel lavoro e molti di loro si trovano costretti a delinquere per tirare avanti, è un grosso problema. Negli anni ottanta si viveva meglio di oggi, credo che trenta anni fa la qualità della vita fosse migliore”.
Torniamo al calcio – Attorno alla Fiorentina si respira da molti mesi un clima di diffidenza da parte dei tifosi. Cosa può averlo scatenato e cosa si può fare per far tornare l'entusiasmo?
“Il fiorentino ha sempre bisogno di chiarezza, quando una proprietà è chiara con i suoi programmi il tifoso apprezza. In questi ultimi due anni se ci fosse stata più trasparenza da parte della proprietà, anche nel dire cose spiacevoli, come ad esempio annunciando la partenza di qualche giocatore, sarebbe stato meglio...si sarebbe dovuto dirlo chiaramente, senza incolpare il calciatore che se ne va dicendo che è lui a volersene andare, questo a volte mi sembra un po' assurdo, se si fanno dei programmi precisi, credo che il fiorentino li accetti”.
Chi è stata la figura che ha unito maggiormente nella Fiorentina degli anni 2000-2010?
“Prandelli. Senza dubbio. È stato il personaggio che ha unito la tifoseria con la Società, assolutamente. Non solo per i risultati che ha ottenuto sul campo, ma anche dal punto di vista umano: è stato l'artefice dell'unione tra fiorentini, tifosi e Società”.
Vista la tua esperienza sia da calciatore, sia da dirigente, quali sono gli ingredienti per una società vincente?
“Oggi vincere non è facile, ci sono squadre che hanno un potere d'acquisto superiore alla Fiorentina. Dal punto di vista della gestione i Viola sono una delle società migliori, ma ogni tanto si deve aprire un po' di più il portafogli, i conti bilanciati vanno bene, ma ci vuole anche un po' di passione e cuore per andare avanti. Credo che oggi manchi proprio questo da parte della famiglia (i Della Valle, ndr) sicuramente in futuro potranno riacquisire anche questo aspetto”.
Nella Fiorentina di oggi c'è qualcosa in cui ti riconosci?
“Insomma...forse io appartengo ad altri tempi, la mia metodologia ed il mio pensiero sono un po' vecchia maniera, vecchia gestione, mi riconosco sotto certi aspetti, però non mi rispecchio sotto altri”.
Il miglior talento emergente espresso dal Campionato appena concluso?
“Ci sono diversi stranieri interessanti, per quanto riguarda gli italiani penso a Paloschi, Santon, Balotelli, Camporese...ma oggi ci sono meno di talenti italiani emergenti rispetto al passato. Seguendo per lavoro le nazionali giovanili, posso affermare che anche lì ci sono calciatori interessanti. Le promesse, però, devono avere la possibilità di giocare in Serie A o B, altrimenti diventa difficile essere collocati in una squadra importante”.
Veniamo ad una nota dolente. Ogni tifoso della Fiorentina vorrebbe rivederti in Società: secondo te il tuo mancato rientro in Viola è dovuto alla paura che una figura importante come te possa fare ombra a qualcuno, o magari a certe interviste che rilasciasti a caldo quando i Della Valle acquistarono la Fiorentina dopo il fallimento?
“È una domanda che mi sono sempre posto ed ancora oggi non riesco a darmi una risposta (ride, ndr). Quello che posso dire è che sono una persona che, anziché dividere, unisce. Quando giocavo i compagni mi eleggevano come leader proprio per questa mia capacità, è sempre stata una mia prerogativa. La stessa cosa l'ho continuata a fare anche fuori dai campi di gioco. Oggi non riesco a capire per quale motivo si è creata questa situazione...”.
All'interno della Fiorentina, appunto, manca una figura del genere, tant'è che Pantaleo Corvino, oltre a fare il DS, si occupa di mille altre cose, spesso è lui che per primo ci mette la faccia quando la Società è chiamata in causa: questo ruolo di accentratore può distrarlo dalla sua attività principale?
“La Fiorentina a livello societario ha bisogno di persone che possano parlare di calcio, Corvino è l'unico che può parlare di pallone, non vedo altri personaggi che ne possano discutere, a parte l'allenatore e Ripa che è il Team Manager. I vari Mencucci e Cognigni non hanno l'esperienza per poter combattere contro le altre proprietà”.
Pensi che la Fiorentina verrà venduta o addirittura sia già in vendita?
“Mah, la sensazione può essere quella...la Proprietà dovrebbe almeno far sapere quali sono le intenzioni per il futuro, se fare una squadra giovane, o puntare sui giocatori più importanti e costruirci intorno una rosa ancora più competitiva. È questo il dilemma da risolvere”.
Un ultimo pensiero sulla Primavera, che segui spessissimo andandola a vedere alle Caldine e che il 9 giugno si giocherà contro il Varese l'accesso alla finalissima scudetto.
“È una squadra concreta, compatta e di carattere. Contro l'Atalanta, pur giocando in dieci contro undici, è riuscita a recuperare. Ho visto i supplementari ed i rigori, hanno calciato i penalty in modo tranquillo, penso a Piccini, un difensore, che ha calciato con estrema tranquillità un rigore decisivo. Forse anche la vittoria della Coppa Italia può aver contribuito a migliorare la squadra sotto l'aspetto psicologico. La Società ha costruito un bel settore giovanile, ma dovrebbe puntare un po' di più su questi giovani facendoli giocare”.
Donato Mongatti
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