Uno strumento per tutelare e rigenerare il patrimonio storico-architettonico della città, rendendo più certe e chiare le norme per cittadini e operatori.
È l’obiettivo della delibera che introduce l’intervento della ‘ristrutturazione edilizia limitata’, che ha avuto ieri il via libera del Consiglio comunale di Firenze, dopo l’ok della giunta del 29 dicembre scorso su proposta dell’assessore all’Urbanistica Giovanni Bettarini.
“L’obiettivo è quello di tenere intatta, anzi di aumentare, la tutela del patrimonio edilizio di pregio di Firenze – ha detto Bettarini - ma allo stesso tempo di dare regole certe dopo il mutato orientamento della giurisprudenza dei mesi scorsi, che aveva creato grande incertezza su molti interventi di restauro e risanamento conservativo. Con questa delibera – ha proseguito Bettarini - facciamo chiarezza su strumenti e tempi per cittadini e operatori in modo da procedere a quelle trasformazioni di rigenerazione urbana che sono fondamentali per una città che si è data come regola base dell’urbanistica i volumi zero. La nostra Amministrazione si dota così di nuove regole che vanno a inserirsi nelle norme tecniche di attuazione del regolamento urbanistico individuando una nuova categoria di intervento: la ristrutturazione edilizia limitata. Gran parte della giurisprudenza ha messo in discussione che gli interventi di restauro e risanamento conservativo possano essere realizzati con lo strumento della Scia, e soprattutto che con questo titolo si possa cambiare la destinazione d’uso o modificare la distribuzione degli spazi negli immobili. Con la nuova categoria della ‘ristrutturazione limitata’ noi manteniamo intatte tutte le garanzie per il patrimonio di pregio della nostra città, trasferendo integralmente nella nuova categoria la tutela che era propria del restauro conservativo. Con una caratteristica in più perché sarà dotata anche della tutela di carattere penale e non solo amministrativo”.
“Vogliamo che i nostri cittadini e gli operatori – ha precisato Bettarini parlando con i giornalisti - abbiano strumenti certi per fare le operazioni immobiliari, mantenendo intatta la tutela del patrimonio di pregio della nostra città. Chi dice che noi applichiamo la ristrutturazione edilizia tout court alla città dice il falso”.
“Dal punto di vista della tipologia di intervento edilizio – ha ribadito Bettarini – si rimane esattamente nella categoria del restauro conservativo, invece dal punto di vista burocratico e sanzionatorio si abbandona la categoria amministrativa per entrare nella categoria penale, ovvero se si sbaglia si compie un reato. Dunque posso fare le stesse cose, ma con la sanzione penale aumento la tutela”.
No la pensano così la consigliera Miriam Amato (PaP) e Tommaso Grassi (Firenze Riparte a Sinistra).
“Diciamo no e votiamo contro la proposta di variante urbanistica di oggi. Non è necessario cambiare il volto della città, le operazioni di speculazione edilizia non servono a Firenze. Dobbiamo tutelare la nostra città”. Così Tommaso Grassi, capogruppo di Firenze riparte a sinistra, dichiara durante la seduta del Consiglio comunale. E attacca: “Siamo di fronte ad una cessione completa di competenza alla Sovrintendenza. Ad un allentamento delle regole in vigore. Era così necessario e fondamentale per lo sviluppo della città?”
“Questa è un'operazione che impatta in modo grave sul codice dei beni culturali. Si crea una confusione estrema tra restauro e ristrutturazione. Insomma – conclude Grassi – il nostro voto contrario sta proprio in questi termini. Diciamo no alle speculazioni edilizie, alla mercificazione del patrimonio storico e ad una situazione fuori controllo. Chiediamo a tutti i cittadini di presentare il maggior numero di osservazioni per evitare che il danno sia ingente”.
“In nome della “rigenerazione urbana”, con la Variante al Regolamento Urbanistico si avvia un trattamento degenerativo sulla città storica, con il rischio di incorrere a nuove speculazioni immobiliari. La Variante – ha detto la consigliera del gruppo misto aderente a Potere al Popolo Miriam Amato – aggredisce il patrimonio edilizio storico e abolisce l’obbligatorietà del restauro sui monumenti architettonici: la loro tutela viene demandata alla libera discrezionalità della Soprintendenza, che ha funzioni di diversa natura, non tratta di pianificazione, non è suo compito occuparsi della disciplina in materia di attività edilizia ed urbanistica e non può sopperire alla mancata pianificazione comunale.
Rimettendo alla Soprintendenza il destino degli edifici monumentali il Comune, a mio avviso, recede da un obbligo costituzionale. Si rischia di eludere le funzioni attribuitegli dalla Legge urbanistica (L 1150/1942), dall’art. 118 della Costituzione, definite dal “Testo unico degli enti locali” L’urbanistica, quale funzione primaria ed essenziale, rientra tra tali compiti amministrativi, il Comune ha l’obbligo di dettare la disciplina delle trasformazioni e dell’uso di ogni immobile ricadente nel territorio comunale, nell’interesse generale.
La proposta Variante all’art. 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico agisce sulla disciplina delle trasformazioni del patrimonio immobiliare storico introducendo un’inedita “ristrutturazione edilizia limitata” su quasi metà dell’edificato del territorio comunale, pari al 42% degli immobili monumentali (sono esclusi i beni culturali, pari al 25%, demandati alla Sovrintendenza ), inesistente nelle norme regionali e nazionali.
La “ristrutturazione edilizia limitata” pur preservando la sagoma, le facciate – ancorché “sostanzialmente” – e alcuni elementi distributori (scale, androni), non tutela la configurazione interna degli edifici ed espone il patrimonio edilizio a ulteriori frazionamenti finalizzati agli affitti turistici.
Il rispetto degli elementi tipologici scompare dalle prescrizioni, con possibile alterazione dei caratteri architettonici dell’edificio, che riguarda sia gli elementi tipologici formali che strutturali. Se a queste aggiungiamo il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile, non più ancorata al vincolo tipologico, il recupero abitativo dei sottotetti, il frazionamento degli immobili e la facoltà di soppalcarne gli spazi, ci rendiamo conto delle conseguenze che ci potranno essere.
Un pericoloso provvedimento che apre la strada agli appetiti sulle architetture monumentali del centro città e delle colline, che agevola la sciagurata vendita di edifici storici di proprietà pubblica e che, infine, legittima vecchie speculazioni bloccate dal sistema giudiziario.
Un vero e proprio atto di selezione sociale, rafforza l'esclusione dei residenti dai luoghi rappresentativi della città , privi oramai di funzione sociale. La gentrificazione
viene normata e attuata attraverso un simile provvedimento. È sempre più evidente – ha aggiunto Miriam Amato – la carenza di politiche sociali, che tutelino l’ambiente di vita urbana ed i residenti.
Se già appare surreale l’invenzione di una ristrutturazione “alla fiorentina”, appare fuor di ragione la normativa che il Comune ha delineato per i monumenti architettonici: i pezzi più pregiati, dagli Uffizi a Forte Belvedere, dalla Villa di Rusciano alla Manifattura Tabacchi, saranno suscettibili di “ristrutturazione edilizia” tout court (“senza limitazioni” si precisa nella delibera). Non è un caso che molti di essi corrispondano alle “Aree di Trasformazione” del RU e alcuni siano anche presenti nei Piani di alienazione.
La sostituzione del restauro con la “ristrutturazione” contravviene alla prescrizione di tutela del Bene culturale espressa nell’art. 29 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La ristrutturazione edilizia è infatti – ha proseguito Miriam Amato – la classe di intervento che consente la maggior libertà nelle opere di trasformazione, persino la demolizione dell’edificio e la sua ricostruzione in forme diverse da quelle originali. Quanto a previsioni urbanistiche dunque, sui monumenti si potrà agire con la stessa libertà con cui si opera su un capannone industriale. È d’altra parte evidente come questa operazione allontani tutta la popolazione fiorentina residuale, innalzi il costo della vita, elimini servizi, annulli la vita di comunità e di quartiere, consegni la città ad un’ospitalità standardizzata, la renda un luogo ostile, completamente sfigurato e senza anima”.
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