Un errore ne genera sempre un altro. Analizzando la catena dei passaggi che portano ad un evento nefasto, magari nascosto nelle pieghe, si trova sempre uno sbaglio primigenio. Per spiegare l´attuale situazione di crisi conclamata della Fiorentina basta andare a ritroso di alcuni mesi: il fallo fu la conferma di Sinisa Mihajlovic sulla panchina viola, una conferma a dispetto dei santi e del buonsenso.
Dopo una stagione anonima, senza centrare l´obiettivo europeo, divertendosi quasi mai, sarebbe stato giusto cambiare. Giusto e logico. Qualcuno lo disse, altri negarono, la società - Corvino in primis - decise quindi di insistere, di perseverare con un tecnico che aveva già mostrato ampiamente i suoi limiti. Nonostante gli alibi per via degli infortuni, del caso, della sfortuna, della pesante eredità di Prandelli, l´allenatore serbo mai aveva dato l´impressione di saper imprimere ai suoi uomini il colpo d´ala necessario per innalzarsi dalla mediocrità. Mai aveva dato un gioco alla squadra, mai una personalità, mai un segno distintivo. Qualche parolaccia da macho, un carattere sedicente da "duro", la grinta in conferenza stampa, magari l´essere considerato da molti "una brava persona", tutta roba anche edificante, ma che non basta nella serie A italiana per farsi rispettare come un bravo tecnico. Che non basta per vincere e convincere. La società viola, durante l´estate, aveva avuta l´occasione d´oro per giubilare elegantemente Mihajlovic senza caricarsi di troppe responsabilità. Quando l´allenatore di Vukovar s´era offerto all´Inter (perché così andò, non come è stato ammannito ai tifosi da qualche versione di comodo), la Fiorentina poteva profittare per sposare l´entusiasmo della piazza e ingaggiare Delio Rossi, si scelse altrimenti, con grande delusione del popolo gigliato. Si scelse altrimenti infilando il primo errore appunto. Eppure v´era chi metteva in guardia: " partendo con un tecnico sfiduciato o la squadra fa bene da subito o a ottobre saremo a polemizzare sul suo esonero", questo si diceva alla fine dello scorso campionato. Il destino di Cassandra, profetessa inascoltata. Ed eccoci ai tempi nostri, di un autunno incipiente e calcisticamente tristo, tempi in cui non si doveva arrivare, quelli degli stracci che volano, dei fischi e motteggi al proprio allenatore espulso dal campo (una roba quasi mai vista). I tempi dell´ultima spiaggia concessa da chi era chiamato a decidere con nettezza e velocità- Andrea Della Valle, Corvino, la società - e ha scelto di non farlo appendendo il futuro dell´allenatore, e anche della squadra evidentemente, ad una partita. A novanta minuti. A questi novanta minuti col Genoa. Se perde va, se vince resta, se pareggia vedremo. Certo non si potrà dire che la decisione sul futuro di Mihajlovic (e della squadra ricordiamolo ancora una volta) sarà figlia di una valutazione serena e ragionata, di una convinzione intimamente sentita. Il progetto tecnico della Fiorentina di questo campionato è stato affidato ad un colpo di roulette. Coi tifosi vittime di ciò che di peggio puoi fare ad un tuo fedele appassionato: spingerlo a tifarsi contro. Perché è questo il sentire, non diciamo di tutti, ma almeno di una parte di tifosi veri e sinceri. Un errore ne genera sempre un altro, almeno finchè non si decide di spezzare la catena. Comunque vada la gara col Genoa, e noi diciamo di sperare che la Fiorentina la vinca perché tornare in Europa è fondamentale per la città di Firenze, una riflessione s´imporrà. Vedremo se qualcuno avrà finalmente il coraggio di assumersi la responsabilità del suo ruolo: presidente? C´è nessuno?
Fonte: Stefano Prizio - Quotidiano Viola
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