Riccardo Magherini, il quarantenne deceduto tra il 2 e il 3 marzo 2014 nel corso di un arresto in strada a Firenze da parte dei carabinieri, "era in una condizione pesante di intossicazione acuta per l'assunzione di stupefacenti (cocaina, ndr) e in preda a un delirio allucinatorio manifestatosi prima dell'intervento delle forze dell'ordine". Intervento che "era legittimo e giustificato dalla necessità di bloccarlo", ma "le lesioni riportate non possono essere in alcun modo ricondotte ad un'azione dei militari che, ad eccezione di due calci privi di efficienza causale sul decesso, non lo hanno picchiato, percosso, leso in alcun modo, come emerso nettamente dalla consulenza medico legale e come oggettivamente confermato dalla condotta autolesionistica di Magherini". Così il giudice Barbara Bilosi nelle motivazioni alla sentenza con cui il 13 luglio scorso ha condannato tre carabinieri per omicidio colposo rispettivamente a 7 e 8 mesi di reclusione.
Il giudice nelle sue motivazioni scrive che "i due calci sferrati da Corni" a Magherini a terra ammanettato non hanno avuto alcun tipo di conseguenza sulle lesioni riscontrate sul corpo dell'uomo, "in alcun modo riconducibili all'azione dei carabinieri", e, anzi, il giudice le attribuisce agli "episodi di autolesionismo" messi in atto da Magherini, prima e durante il fermo.
Il giudice punta direttamente il dito contro la difesa di Magherini, che ha attuato, secondo la dottoressa Bilosi, "una strategia processuale" che ha "alimentato aspettative eccessive e di conseguenza tensioni del tutto inopportune nei confronti delle forze dell'ordine". Si scaglia ancora contro i legali della famiglia Magherini quando descrive i "segni" sul viso di Riccardo e parla della difesa dell'uomo che ha "reiteratamente ed intebitamente" ricondotto "anche sbandierando una gigantografia del suo volto nel corso del dibattimento". E non risparmia critiche anche ai paragoni con la sentenza Aldrovandi.
Per la dottoressa Bilosi appaiono "assolutamente inattendibili" alcuni dei testimoni che, anche in fase di indagini preliminari, avevano parlato chiaramente dei calci subiti da Riccardo Magherini, ammanettato prono a terra.
Altre testimonianze, alcune di persone che hanno assistito alla scena da pochi metri, vengono di fatto 'cancellate' perchè a seconda del giudice erano sul posto ma dopo l'arrivo dei carabinieri. Ai militari viene contestata la colpa negligente di averlo tenuto in posizione prona per 13 minuti dalle 1.31 alle 1.44.
Inoltre ricordando i fattori che hanno "contribuito sinergicamente al decesso di Magherini" (intossicazione acuta da cocaina "fonte di stress catecolaminergico"; immobilizzazione da parte delle forze dell''ordine; i tentativi di liberarsi; la posizione in cui fu tenuto "pur senza compressione"), il giudice Bilosi rileva che "il valore della componente che ha determinato lo stato asfittico è ben diverso da quella che può essere la componente asfittica in uno strozzamento o in uno strangolamento" ed "appare altrettanto evidente come la componente tossica sia assolutamente preponderante avendo essa stessa determinato una condizione di stress catecolaminergico e di deficit di ossigeno, innescando le condizioni sulle quali hanno pesantemente influito gli avvenimenti successivi, in primo luogo la resistenza opposta dalla stessa vittima all'operato delle forze dell'ordine, causa di ulteriore stress".
Dalle motivazioni emerge anche l'assoluta innocenza dei volontari della Croce Rossa, assolti per non aver commesso il fatto, visto che non erano nelle condizioni di poter "forzare" l'intervento su Riccardo Magherini ammanettato a terra, in una situazione di "scenario non sicuro" tanto "da escludere qualsiasi forma di responsabilità" dei volontari Cri.
Una corposa motivazione che lascia trasparire un senso d'impotenza delle persone normali di fronte alla forza dello Stato, capace di cancellare testimoni e di scegliere come far morire le persone.
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