di Christian Campigli - Battaglie tra il bene e il male, congiuntivi sbagliati e una piazza desolatamente vuota. La presentazione dei candidati sindaci di Firenze, Prato e Livorno in piazza dei Tigli, cuore pulsante dell'Isolotto popolana, è un flop colossale.
Cinquecento persone, ad essere ottimisti e contare anche i contestatori, i giornalisti e i numerosi agenti di pubblica sicurezza in borghese. Un numero decoroso per tre semisconosciuti civici che tentano la scalata ad altrettanti comuni toscani. Una miseria se si considera la presenza della rock star del momento, Matteo Salvini.
Gli organizzatori, dopo un attento briefing con i pensatori romani e milanesi, hanno dato la colpa, in ordine sparso, al poco preavviso, all'orario e persino al sole. Aspetti ampiamente prevedibili che non cancellano però una prima uscita davvero modesta. Se il buongiorno si vede dal mattino, Dario Nardella può dormire tra due cuscini d'oro. Solo un evento imprevedibile (un fatto di sangue, ad esempio, magari commesso da un immigrato ai danni di un commerciante italiano, Suburra docet) potrebbe cambiare l'ovvio risultato.
Dopo una parata infinita di politici, dirigenti e sindaci di comuni limitrofi, ha preso la parola Andrea Romiti. “Ho rivisto in televisione Il Signore degli Anelli. E ho capito che la nostra battaglia è quella tra il male e il bene”. Per la serie, se non sono megalomani non li vogliamo.
E' stato poi il turno di Daniele Spada, il più sobrio, almeno sul palco. Il candidato per la poltrona più alta di Prato ha evitato come la peste il vero tema della sua campagna elettorale, ovvero l'ampliamento dell'aeroporto di Firenze. Una questione sulla quale, lui e Ubaldo Bocci hanno visione totalmente in contrasto. Uno è per il sì senza se e senza ma, l'altro per il no. Alla faccia della linea di partito.
Infine mister Azimut, che dopo aver rivendicato con forza la propria fede cristiana e aver cercato di coinvolgere il pubblico (manco fosse ad un concerto di musica pop) con una serie di slogan da ripetere a voce alta, è incappato nel primo, clamoroso, strafalcione. Anzi, doppio. Per due volte infatti ha ripetuto la parola “venghino”.
Proprio mentre cercava di smontare le accuse, provenienti da numerosi ambienti di centrodestra e, in primis, dal senatore di Fratelli d'Italia Achille Totaro, sulla sua eccessiva vicinanza con il giglio magico e, in particolar modo, con Marco Carrai. “Venghino pure, non ho segreti, glielo spiego io”. Un discorso piatto, prevedibile, senza mezzo riferimento storico, culturale, artistico.
Manco fosse stato scritto dal primo che passava da piazza dei Tigli, uscito di casa per portare il cane ad espletare i propri bisogni fisiologici. Perché, come diceva Giorgio Gaber nel 2001 “Chi si inventa un bel partito per il nostro bene sembra proprio destinato a diventare un buffone”.
Christian Campigli
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