Il terzo millennio si è aperto con il sogno di un’Europa unita sotto un unico vessillo. Una bandiera costituita da un cerchio di 12 stelle dorate su uno sfondo blu. E’ bastato un decennio in cui la prepotenza dei banchieri ha prevalso sull’idea di un popolo europeo, perché i venti cambiassero direzione, facendo di nuovo garrire i vessilli nazionali. La Brexit ha segnato la storica uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, in Francia Marine Le Pen - con il suo Fronte Nazionale - è arrivata al ballottaggio per la carica di Presidente della Repubblica. Una nazione, una bandiera. Non è sempre stato così. La storia delle bandiere è storia recente, fatta eccezione per una manciata di stendardi di origine medievale. Cinque, per l’esattezza. La grande maggioranza dei vessilli in uso oggi ha visto la luce nel corso dell’età contemporanea o moderna. Delle bandiere dei 193 Stati sovrani rappresentati dalle Nazioni Unite, il 73% (141) sono nate nel corso del XX secolo, il 20% (38) nell’Ottocento, il 5% (9) tra il XVI e XVIII secolo. Solo cinque, come detto, affondano le proprie radici in disegni medievali: Danimarca, Svizzera, Austria, Georgia, Lettonia. La motivazione è da rinvenire nel fatto che il concetto di Stato-Nazione è moderno, scaturisce da quella propensione al particolarismo nazionale che è succeduta all’universalismo medievale alimentato dal Sacro Romano Impero e dal potere dei papi. La storia, con il suo forte ritorno al nazionalismo, sembra, oggi, ripetersi. La bandiera danese vanta le origini più antiche (facendo da modello a decine di altri stendardi), la leggenda narra che il Dannebrog (”Panno Danese”) cadde dal cielo per infondere coraggio ai crociati nei primi anni del XIII secolo. Un simbolo da portare in guerra, così che i soldati potessero riconoscerlo e riconoscersi, in tempi in cui le divise ancora non esistevano. Dopo secoli la Rivoluzione francese del 1789, con i suoi moti di libertà portò un cambiamento anche nei vessilli che dovevano essere semplici, essenziali. La bandiera della repubblica vide la luce proprio agli inizi della rivoluzione quando Gilbert du Motier, meglio noto come marchese di La Fayette, offrì a Luigi XVI una coccarda rossa e blu (i colori di Parigi) - un simbolo utilizzato dalla milizia rivoluzionaria - cui fu aggiunto il bianco dei Borbone. La coccarda non valse a salvargli la testa dalla ghigliottina ma fornì i tre colori che dal 1794 formano il drapeau français. Due anni dopo Napoleone Bonaparte alla guida di un esercito male in arnese ma determinatissimo invase il nord della nostra penisola, costituendo le Repubbliche Transpadana e Cispadana, con capitali Milano e Bologna. La milizia urbana di Milano, che utilizzava uniformi bianche e verdi, durante il periodo repubblicano fu dotata di accessori rossi. I tre colori furono quelli in uso anche per le uniformi e le coccarde nella Repubblica Cisalpina. La bandiera adottata da quest’ultima in data 7 gennaio 1797, un tricolore a strisce orizzontali bianco, rosse e verdi, è da considerarsi la prima bandiera nazionale di uno stato italiano. Era nato il nostro tricolore. Le bandiere hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia dei popoli, sintetizzandone valori e culture. L’utilizzo fattone da coloro che governano gli Stati, tuttavia, è stato spesso finalizzato a supportare meri interessi personali, con conseguenti inutili spargimenti di sangue. Perché, come ebbe a dire Napoleone Bonaparte, osservando il forte impatto emotivo suscitato dal tricolore francese sulla truppa: “E’ con queste bazzecole che si guidano gli uomini”.
Paolo Sebastiani, avvocato (nessuno è perfetto!), accanito bibliofilo, ama la Storia che approfondisce con Winston, il suo bulldog inglese. Conduce Elzeviro, in onda tutti i lunedì alle 21 su TVR, collabora con i quotidiani La Verità e Il Giornale OFF.
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