La condizione dei detenuti in carcere è talvolta resa ancor più critica dalla totale assenza di speranza per il futuro; ecco perchè diventa importante provvedere alla loro riabilitazione già durante il periodo della loro detenzione, così da favorire un pieno reinserimento nel tessuto sociale e civile, una volta scontata la pena. Questa vuole essere la finalità dell'indagine condotta grazie all'Assessorato delle Politiche Sociali della Provincia: si tratta di un questionario sottoposto a un campione di 200 detenuti nel carcere di Sollicciano con condanna definitiva. L'indagine che ha preso avvio a metà 2010 è stata ideata per monitorare il livello di formazione, di studio e di capacità lavorative della popolazione detenuta a Sollicciano, il tutto in vista dellìorganizzazione di specifici corsi professionalizzanti e dell'inserimento lavorativo dopo la scarcerazione. I dati emersi dalle 145 interviste sin'ora analizzate, sono stati resi noti da Antonella Conoglio (Associazione provinciale alle Politiche Sociali), Maria Pia Giuffrida (Provveditore Regionale della Amministrazione Penitenziaria) e da Giuseppe Caputo (Associazione L'Altro Diritto), responsabile della ricerca. Si tratta per lo più di detenuti con condanne relativamente brevi (64 su 145 hanno un fine pena entro il 2011)- Tra gli intervistati ci sono 135 uomini e 10 donne. L'identikit che ne viene fuori è un uomo di un età media di 39 anni. Più della metà residenti nella provincia di Firenze e in gran parte sono disoccupati. I avori mediamente più svolti sono quelli nel settore dei trasporti, dell'edilizia e della ristorazione. Solo 28 erano assunti come lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Tutti gli altri avevano contratti non stabili. 83 degli intervistati dichiarano di aver frequentato corsi di formazione professionale, si tratta di corsi della durata media di 4-5 mesi con un tasso di abbandono relativamente alto. 71 intervistati hanno conoscenze informatiche elementari, solo 20 su 145 sanno navigare su Internet. Il senso di tali numeri vuole essere quello di avere finalmente a disposizione dei dati reali e incrociabili così da istituire dei corsi professionali su misura: questo il senso della relazione esposta stamani da Giuseppe Caputo. "Quando si parla di carcerati occorre ricordarsi che il vero fine del periodo di detenzione è quello di riabilitare le persone, per restituirli a pieno titolo alla normale convivenza civile". A dirlo è Alessandra Coniglio, "questo studio è quindi essenziale per capire le potenzialità di ogni individuo e quindi valorizzare le sue capacità professionali". “E’ un progetto che mi sta molto a cuore – ha aggiungo Maria Pia Giuffrida, Provveditore Regionale all’Amministrazione Penitenziaria – Sono convinta che il lavoro sia un diritto soggettivo di ogni detenuto ed elemento imprescindibile del trattamento e del reinserimento sociale. Con la Commissione non solo si affronterà la questione "lavoro" in maniera condivisa e coordinata ma ciascuno degli attori potrà dare risposte concrete più mirate ed efficaci ottimizzando le risorse. Nello specifico di questa esperienza mi preme sottolineare che l'intervento si caraterrizza come ricerca-azione: la rilevazione di dati non è finalizzata alla pubblicazione di una ricerca ma è primo elemento di conoscenza per una successiva progettazione ed è essa stessa un'azione di valore e significato nella vita detentiva dei soggetti intervistati".
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