Italia Nostra, come anticipato oggi dal Sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini, ha presentato un ricorso straordinario (con istanza di sospensione cautelare) al Presidente della Repubblica, per richiedere l'annullamento del procedimenti che consentono alla Fiorentina di realizzare il nuovo centro sportivo.
L'area prevede la realizzazione di 10 campi da calcio (di cui due con tribune per il pubblico) ed edifici di nuova costruzione per 22.000 metri quadrati che accoglieranno palestre, piscine, centro medico, uffici, ristorante, sala conferenze, foresteria (circa 100 camere).
Il ricorso è motivato in un documento di 26 pagine, nelle quali Italia Nostra chiede l'annullamento dei provvedimenti che hanno portato all'approvazione della variante urbanistica da parte del comune alle porte di Firenze del terreno “avente esclusiva destinazione agricola anche sotto ogni possibile profilo (urbanistico e funzionale)”. Comune di Bagno a Ripoli, Regione Toscana, Amministrazione statale dei beni culturali (Sovrintendenza) Città metropolitana di Firenze e ACF Fiorentina sono i soggetti contro i quali Italia Nostra, il 4 marzo scorso, ha presentato ricorso al Capo dello Stato per scongiurare il “danno grave e irreparabile conseguente all'impegno irreversibile di ben 23 ettari di terreno agricolo per destinarli ad un impianto di natura esclusivamente privata, ed in parte anche di natura imprenditoriale”.
Nelle motivazioni (illustrate dettagliatamente in 4 capitoli e che successivamente riportiamo integralmente) si contestano gli effetti ambientali negativi “permanenti ed irreversibili” e non compensati, “dalla eliminazione dal patrimonio territoriale comunale di oltre 23 ha di terreno agricolo”, che non consente di giustificare una destinazione a servizi privati. Secondo i ricorrenti i procedimenti della variante anticipano un piano strutturale di contenuto incerto, con provvedimenti che rilevano “Eccesso di potere per motivazione insufficiente, contraddittoria, perplessa e tardiva”.
Altro punto cardine del ricorso è la “Omissione della valutazione di ogni possibile pubblico interesse alla realizzazione del centro sportivo”.
Nel terzo motivo si evidenzia la “Violazione della legge, delle finalità e dei principi posti alla base dell'articolo 3 della legge regionale n. 65/2014” (disposizioni in materia di governo del territorio) ed “eccesso di potere” per “omessa indicazione di casi che consentono il superamento dei limiti al consumo del suolo” e “dei principi ispirati a pubblico interesse”. Per l'Associazione “non esistono seri motivi ambientali e paesaggistici che possono essere spesi per giustificare un intervento edilizio di questa intensità”.
Quarto ed ultimo motivo illustrato la violazione delle regole dirette a garantire l'imparzialità della conferenza dei servizi (ovvero l'insieme di enti ed istituzioni coinvolti in una trasformazione urbanistica che devono giudicare il progetto, fare osservazioni ed emmettere prescrizioni).
Donato Mongatti
Di seguito i quattro motivi del ricorso
Primo motivo
Eccesso di potere per motivazione insufficiente, contraddittoria,
perplessa e tardiva tale da rendere i provvedimenti sopraindicati
meritevoli di annullamento da parte del Capo Dello Stato. -Inoltreviolazione
dell’art. 12 dalla legge regionale n. 65/2014 -anticipazione
illegittima del procedimento rispetto ai tempi ed alle fasi del provvedimento
conclusivo e rispetto alle fasi tipiche del procedimento
di variante urbanistica
- violazione dell’articolo tre bis legge n. 241/1990 - omissione sufficiente
di motivazione e di valutazione di tutti gli effetti anche di natura sociale
della variante, insufficiente indeterminazione del tempo, dei contenuti e
dei motivi della anticipazione della disciplina urbanistica oggetto di
variante
Preliminarmente l’Associazione ricorrente eccepisce il difetto
assoluto di motivazione effettiva (e non solo apparente) di questa nuova
disciplina del territorio, la quale non fornisce alcuna motivazione relativa alla
inesistenza di funzioni di utilità pubblica o di interesse, alternative rispetto al
centro sportivo prospettato come unica motivazione della scelta urbanistica,
ciò nonostante che la motivazione debba fornire elementi sufficienti anche di
natura critica degli effetti del provvedimento amministrativo, in modo da
escludere la necessità di una integrazione postuma della motivazione, e tanto
meno effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o scritti
difensivi, in quanto, seppure si trattasse, in ipotesi di attività vincolata, la
giustificazione del provvedimento deve risultare dagli atti di questo a garanzia
della legalità dell’azione amministrativa. Diversamente, nel caso di
prospettazioni alternative, perplesse o equivalenti, meramente assertive,
si ha eccesso di potere per insufficienza della motivazione, come è accaduto
nel caso di specie e come risulta dalla analisi dei provvedimenti impugnati.
Pertanto l’onere della motivazione può dirsi effettivamente soddisfatto
quando il provvedimento indichi contestualmente gli interessi ai quali il
soddisfacimento è finalizzato, sempre contestualmente a tali interessi
corrispondono quelli previsti dalla motivazione, e nel contempo la valutazione
di eventuali interessi pubblici contrapposti al provvedimento ed anche questo
contestualmente alla sostenibilità ambientale degli effetti del mutamento di
destinazione del terreno agricolo, alla sua sottrazione alla originaria
destinazione e da parte del pubblico regolatore della programmazione
urbanistica (al quale spettava di arbitrare tra diverse categorie di soggetti in
potenziale conflitto con l’interesse del proprietario alla utilizzazione dei suoi
propri beni da un lato, che l’interesse della squadra di calcio al
soddisfacimento delle propria finalità statutarie, ma anche l’interesse alla
tutela dei valori ambientali dell’area per evitare conseguenze pregiudizievoli
per effetto della distruzione di suolo agricolo quale bene pubblico
rappresentato dal patrimonio territoriale (art. 3 della legge regionale citata),
alla cui conservazione ogni cittadino può vantare una sorta di diritto
soggettivo, fermi quelli pretensivi) all’ottenimento dei titoli abilitativi edilizi. La
violazione di questo diritto può quindi essere fonte di responsabilità anche
patrimoniale dell’ente pubblico che l’avesse consentita. Dunque, nel nostro caso,
tale onere di motivazione non può dirsi soddisfatto come risulta dalla
allegata relazione tecnica. I provvedimenti impugnati infatti non si sono posti,
anche incidentalmente, il problema degli effetti ambientali negativi,
permanenti ed irreversibili, e certamente non compensati da alcun
provvedimento, della eliminazione dal patrimonio territoriale comunale di oltre
22 ha di terreno agricolo, e questo se si considera la natura settoriale parziale
degli accertamenti delle indagini e la mancanza negli atti della variante di
valutazione della zona direttamente interessata una congrua e adeguata
valutazione di distruzione di quasi 23 ha di patrimonio territoriale quale fattore
ambientale appartenente alla intera comunità di Bagno Ripoli.
Infatti occorre adattare al caso il principio generale sull’onere della
motivazione dei provvedimenti amministrativi discendente dall’articolo 21
nonies della legge numero 241/990 (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I,
24/06/2019 n. 1239), alle forme e al concreto contenuto precettivo dei diversi
provvedimenti e ciò nel senso che “L'integrazione in sede giudiziale della
motivazione dell'atto amministrativo (anche ammesso che nel caso de quo
sia stata tentata) vale soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento
(nella misura in cui i documenti dell'istruttoria possono offrire elementi
sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della
determinazione in danno dei valori ambientali e quali si è detto e assunta)
oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida
(art. 21- nonies, comma 2, l. n. 241 del 1990) ed in assenza di qualunque
interesse pubblico atto a giustificare la drastica riduzione del patrimonio
territoriale. Pertanto, la motivazione non contestuale rende inammissibile
un'integrazione postuma di questa, se dovesse essere effettuata in sede di
giudizio, mediante atti processuali, o scritti difensivi. Infatti, il contenuto
insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività
vincolata, rappresenta un presidio di legalità sostanziale insostituibile. Il che
vuol dire che la motivazione non deve necessariamente al provvedimento,
ma indi deve indicare i collegamenti logici tra parte espositiva e ragioni del
provvedimento”.
Ora, tale correlazione non emerge tra le varianti disposte con la
deliberazione numero n. 101/2020 (varianti del piano strutturale, del
regolamento edilizio e del piano operativo, e pertanto emerge anche un
evidente profilo di violazione dell’articolo 3) della legge regionale numero
65/2014, che nella sua articolata formulazione, non risulta essere stato
rispettato in quanto la destinazione dell’area di terreno, oggetto di questo
ricorso, non consente una giustificazione della presenza di interessi volti alla
pubblica sottrazione di così vasta area di terreno, per destinarla ad azioni e
servizi privati, ciò in assenza di altri interessi pubblici di maggiore grado (per
esempio si vedano le eccezioni di cui all’articolo 3) comma 4) e seguenti,
della legge n. 65/2014) rappresentati dalla possibile priorità di interessi
pubblici, pur attribuendo la corretta rilevanza ai valori ambientali.
Gli strumenti urbanistici attuativi delle scelte di maggior rilievo sono
rappresentati, nell’ordine, dalla deliberazione n. 129/2018 seguita poi dalla
deliberazione n. 101/2020 che ha esplicitamente qualificato la previsione del
centro sportivo quale cardine della programmazione della zona.
Pertanto, l’inserimento del centro sportivo negli strumenti Urbanistici del
Comune è avvenuto con deliberazione n. 99 del 28 ottobre 2019; questo
nonostante che il piano strutturale e il regolamento urbanistico del 4 giugno
2015 avessero previsto l’efficacia del nuovo piano strutturale, che potevano
essere solo motivatamente disattesi a partire dal 4 giugno 2015.
In tal modo l’efficacia della nuova programmazione urbanistica è
stata disposta a decorrere dalla entrata in vigore della deliberazione n. 101
del 26 ottobre 2020, la quale ha approvato la variante di realizzazione del
centro sportivo “quale dichiarata anticipazione di una nuova
pianificazione e quale effetto di un procedimento urbanistico parallelo”,
vale a dire; che anche sotto questo aspetto il procedimento per
l’approvazione di variante, si rivela illegittimo anche per violazione dell’art. 12
della legge regionale n. 65/2014, il quale non consente alcuna anticipazione
rispetto alla ordinaria successione degli atti del procedimento previsto dall’art.12.
E questo nell’atto di un concorso non ordinato di provvedimenti
aventi lo stesso contenuto di programmazione urbanistica.
Bisogna anche considerare che il procedimento di formazione degli
strumenti urbanistici, così come ogni procedimento relativo in tema di
disciplina urbanistica è regolato dalla legge e pertanto deve rispettare il
principio della tipicità degli atti e delle fasi procedimentali che lo compongono,
della loro successione o integrazione fino al provvedimento finale considerati
dalle diverse competenze dei partecipanti al procedimento, in tal modo
risultandone arricchito il contenuto per effetto del concorso delle diverse
partecipazioni obbligatorie, senza che possa essere considerata ammissibile
e conforme alle regole del giusto procedimento l’anticipazione di una fase
procedimentale rispetto ad altre, pure ammessa dalla deliberazione n.
101/2020. Ora il caso de quo, la deliberazione n. 101/2020 parla di procedere
ad una specifica variante degli strumenti urbanistici vigenti in anticipazione
alla nuova pianificazione, ed è evidente che non rileva se ha onere di
fornire una motivazione della alterazione delle fasi del procedimento, il
procedimento è regolato dalla legge (nel caso art. 12 della citata legge
regionale Toscana n. 65/2014) alla quale si deve conformare, ed un onere
della motivazionale non può essere surrogato dal richiamo agli atti del
procedimento o ad allegati, perché la legge non può porre a carico del
destinatario onere di una attività interpretativa che non gli compete e
quindi di un’anticipazione del piano strutturale di contenuto incerto.
Bisogna anche osservare che il dichiarato riferimento al parallelismo del
procedimento di variante, presente in diversi punti della deliberazione n.
101/2020 senza che se ne comprenda il significato e salvo il progredire
contestuale di due procedimenti ammesso che questi siano distinguibili, ha
determinato la possibile influenza reciproca e scambio continuato del
contenuto di atti che, anche se tipici, si sarebbero influenzati reciprocamente
in difetto delle disposizioni della legge regionale: dunque anche questo
ipotetico parallelismo non può essere ammesso in quanto l’art. 12 della legge
regionale numero 65/2014 assenza di motivazione non corrisponderà certo al
provvedimento oggetto di anticipazione, il cui contenuto resta quindi
indeterminato e non consentendo di affermare che l’anticipazione di certa
disciplina urbanistica e della successione dei diversi atti del procedimento dei
quali è necessario distinguere il contenuto anticipatorio da quello meramente
confirmatorio della deliberazione, considerato che il procedimento
amministrativo è un atto complesso ineguale secondo i principi che rispettano
la natura del procedimento di programmazione urbanistica da parte di quello
che è stato definito, dal Comune stesso, “procedimento urbanistico parallelo”,
concetto ed espressione della quale non si precisa il significato in dottrina, o
giurisprudenza. Pertanto, Bagno a Ripoli sotto questo profilo terminologico e
paradossalmente si potrebbe vantare di una posizione di avanguardia, ma
senza particolare alcun beneficio per i destinatari.
Infatti parrebbe che i procedimenti di programmazione urbanistica
“paralleli” si possono così definire quanto caratterizzati dalla coesistenza di
due distinti procedimenti, ognuno dei quali diretto allo stesso risultato (quindi
nel caso nostro all’approvazione della variante per la realizzazione del centro
sportivo); tuttavia, come si è detto, si tratta di espressione estranea al
corrente lessico amministrativo ed urbanistico che consente di ipotizzare che
il Comune abbia dato luogo a due distinti procedimenti, entrambi diretti allo
stesso scopo e quindi all’approvazione di atti di pianificazione coincidenti ma
non si sa quanto coordinati a partire dal piano strutturale, previsti dalla
deliberazione n. 101/2020, tutti finalizzati alla realizzazione del centro
sportivo, tuttavia con attribuzione di specifiche direttrici quanto ai contenuti,
considerato il valore preminente della localizzazione e consistenza del centro,
e quindi preminente sulle altre scelte di progetto di programmazione
urbanistica, così istituendo una sorta di gerarchia tra disposizioni urbanistiche
provenienti dalla stessa fonte e senza alcuna distinzione in violazione dei
principi del giusto procedimento amministrativo, le cui scelte non possono
concludersi con un doppio possibile provvedimento, altrimenti è il risultato del
mancato rispetto dei principi dell’art. 21 octies comma 2 seconda parte,
legge n. 241/1990 e che richiede una valutazione unitaria degli atti del
procedimento.
Quindi occorre considerare che il procedimento di formazione delle
scelte urbanistiche non può ignorare una partecipazione effettiva e non
"meramente formale da realizzarsi con lo coinvolgimento sociale di tutti gli
abitanti della zona interessati”, di fatto quali destinatari della nuova disciplina
di questa, è indispensabile, tale da garantire massimo coinvolgimento sociale
e rappresentare il momento più rilevante della trasparenza dell'azione
amministrativa, in specie quando la nuova disciplina possa rappresentare uno
strumento di trasparenza amministrativa nell’ambito del "giusto
procedimento", e che è possibile ottenere anche a prescindere dal rimedio
giurisdizionale; esercitato dei ricorrenti (Conferma TAR Lombardia, Milano,
sez. II, nn. 2368, 2369, 2370 del 2015, Consiglio di Stato, sez. IV,
30/01/2020, n. 751).
°°°°
Secondo motivo
Omissione della valutazione di ogni possibile pubblico interesse alla
realizzazione del centro sportivo – incompatibile, violazione degli artt.
11-12 legge regionale n. 65/2014 In proposito si osserva che secondo
i principi affermati dalla corrente
giurisprudenza è tutt’altro che insindacabile la violazione dei principi del
giusto procedimento amministrativo e l’eccesso di potere anche sotto il profilo
dell’omissione di interesse pubblico contrario alle scelte urbanistiche di
pubblici e privati coinvolti, di incompletezza dell’istruttoria, si dà luogo alla
indeterminatezza dei contenuti degli atti conclusivi del procedimento che
avrebbero richiesto il rispetto degli artt. 11,12 della legge regionale Toscana
numero 65/2014.
Infatti “La partecipazione al procedimento di pianificazione non
esaurisce tutti gli aspetti sui quali si può esplicare il contraddittorio. Infatti,
anche quando la destinazione urbanistica dell'area sia già definita, l'esercizio
dei poteri autoritativi si manifesta anche nelle scelte di dettaglio sul concreto
utilizzo delle aree. Tali determinazioni non possono essere considerate come
meramente attuative o esecutive della pregressa pianificazione ma anzi
presentano ambiti discrezionali non marginali, anche per quanto riguarda
l'incidenza nella sfera giuridica contrapposta dei soggetti avvantaggiati o di
quelli sacrificati dall'azione amministrativa. In tale contesto, il procedimento
costituisce la sede di acquisizione di tutti gli apporti, collaborativi o difensivi,
utili per garantire una compiuta ponderazione e valutazione di tutti gli
interessi, pubblici e privati, coinvolti, ivi compresi quelli del proprietario espropriando,
il quale ha quindi titolo ad essere informato prima che siano
assunte definitive decisioni comportanti lo spossessamento del bene“ (T.A.R.
Campania Napoli, sez. V, 15/05/2003, n. 5801 ed anche Cons. St., ad. plen.,
15 settembre 1999 n. 14).
Così analizzando, gli effetti decisionali dei provvedimenti impugnati e in
particolare della deliberazione n. 99/2019, si potrà constatare in primo luogo
che la deliberazione ha avviato il procedimento per l’inserimento della
previsione del nuovo Centro sportivo quale specifica variante del piano
strutturale, oggetto di specifico procedimento urbanistico “parallelo”, e di non
meglio precisata anticipazione, si ignora se coerente o meno con la
pianificazione generale alla quale la previsione del centro sportivo deve
rimanere incardinata e quindi subordinata; in tal modo attribuendo alle
deliberazioni, prima indicate, il contenuto di nuova pianificazione-cardine
territoriale con previsioni gerarchicamente sovraordinate, in tal modo
realizzando un principio di gerarchia tra strumenti urbanistici, del tutto ignoto
alla legge accentuando la atipicità del procedimento. Tuttavia tale modo di
procedere non può essere considerato accettabile in quanto, di fatto,
introduttivo del procedimento di variante mediante profili di elementi di
improprietà di linguaggio (l’incardinamento del centro sportivo nella
disciplina urbanistica del Comune, non si sa per quanto tempo ed a quali
condizioni), non previsto dalla legge e che rimane in condizione di assoluta
indeterminatezza quanto agli effetti infatti né il c.d. “incardinamento” si
possa manifestare come ponte di maggiore rigidità delle previsioni delle
prese urbanistiche anche rispetto alla ordinaria disciplina future
ulteriori varianti a servizi pubblici. Giova anche sottolineare che la
giurisprudenza ammette e richiama in proposito le considerazioni già svolte in
tema di sindacabilità giurisdizionale anche merito giurisdizionale di talune
scelte urbanistiche, in particolare quando siano coinvolti valori
ambientali in quanto, per esempio, “hanno subito nel tempo una significativa
evoluzione, in linea con i principi costituzionali e comunitari del "giusto
processo" - inscindibile dalla effettività della tutela - e del "giusto
procedimento amministrativo", che vede la pubblica autorità chiamata a
rendere conto in modo sempre più incisivo - e con accresciute modalità di
partecipazione e di verifica dei diretti interessati - della razionalità delle
proprie determinazioni; con la conseguenza che le limitazioni del sindacato
giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali all'esatta rappresentazione
dei fatti ed alla congruità dell'iter logico, seguito dall'Autorità emanante il
provvedimento, debbono ormai ritenersi superati dai parametri di attendibilità
della valutazione, che sia frutto di discrezionalità tecnica, e di non arbitrarietà
della scelta, ove sia stata esercitata una discrezionalità amministrativa;
pertanto, sotto il primo profilo, è ormai pacificamente censurabile la
valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di esattezza o attendibilità,
quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero
orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina. Le scelte
effettuate dall'amministrazione in sede di pianificazione urbanistica sono
sottratte al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da abnormi
illogicità; né la destinazione delle singole aree richiede apposita motivazione,
oltre quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnicodiscrezionale
seguiti nell'impostazione del piano stesso (T.A.R. Umbria
Perugia, sez. I, 12/08/2020, n. 370 (sopra citata).
Terzo motivo
Violazione di legge, delle finalità e dei principi posti a base dell’articolo
3) della legge regionale n. 65/2014 - e conseguente eccesso di potere
per omessa indicazione di casi che consentono il superamento dei limiti
al consumo del suolo, di cui all’articolo 3) sopracitato e dei principi
ispirati a pubblico interesse (statuto del territorio) da questo affermati -
ed ammessi dalla cultura urbanistica corrente ed accettata per quanto
riguarda la regione Toscana relativa al principio del contenimento del
consumo del territorio, quale patrimonio territoriale che anche le
pubbliche amministrazioni devono rispettare, e individua le diverse
eccezioni, ammesse in quanto corrispondenti. Dall’analisi di tale articolo
si deduce che tali principi sono stati del tutto
disattesi; a cominciare dal riconoscimento del giusto valore dall’espresso e
formale riconoscimento normativo concetto di “patrimonio territoriale” inteso
come bene patrimoniale di interesse di appartenenza e di interesse pubblico
(art. 3 tre, comma 1/5) e poi dal fondamentale articolo 4) che fissa il principio
del divieto, senza eccezioni, di forme di consumo del territorio irreversibile,
la cui conservazione è interesse dell'intero corpo sociale.
Fondamentale poi agli effetti della tutela del patrimonio territoriale art. 4)
comma 4) della più volte citata legge regionale che agli effetti delle
trasformazioni territoriali individua il territorio ove queste sono previste,
questo attraverso un eventuale procedimento di copianificazione anche se
non si sa se attuato nel caso di specie. Ciò se si considera l’interesse
pubblico alla conservazione del patrimonio territoriale 3 tre, comma 1/5) per
la quale è fondamentale il rispetto del principio del divieto, senza eccezioni,
di consumi irreversibili e qui certamente non di utilizzazione edilizia.
Egualmente essenziale è il rispetto dell’articolo 4 quarto 4 legge numero
65/2014 ed inoltre commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,10, della citata legge 65/2014, il
cui rispetto concorre a qualificare il paesaggio e gli insediamenti di valore
storico ed artistico in continuità ambientale con le aree rurali di centri urbani
(cfr. legge cit.); e l’articolo che consente la trasformazione del territorio non
edificato solo a fini insediativi infrastrutturali e nell’ambito del territorio
urbanizzato.
Bisogna anche dire per che l’area in questione, per la sua
estensione, il suo stato di conservazione e la sua destinazione agricola
originaria e tradizionale, rispetto al centro abitato, in senso lato, è consentita
l’attribuzione della qualifica di invariante strutturale del paesaggio urbano (cfr.
verbale della conferenza dei servizi pagina 5), per la quale la destinazione a
servizi quale quello del centro sportivo nell’ambito di un’attività
imprenditoriale, appare manifestamente insostenibile. A tal proposito è
sufficiente considerare che il piano attuativo dell’intervento edilizio in
questione (articolo 6) consente diritti edificatori SUL per ben mq 22.000.
(Articolo 44 NTA, di cui 20.000 di nuova edificazione). Sono anche
ammesse destinazioni commerciali (articolo 16) delle NTA.
In conclusione, sul punto sono dunque giustificate le perplessità esposte nella
relazione citata, sub 8).
Né possono considerarsi sufficienti taluni aspetti della motivazione
dell’intera operazione (pagine cinque seguenti della relazione illustrativa del
piano attuativo), che si riferiscono al “degrado locale del paesaggio”
(condizione non avvertita da alcun osservatore), “scelte di pianificazione
attuativa” ancora pagina cinque citata della relazione citata (per la verità non
particolarmente caratterizzanti) per la superficie coperta dalle costruzioni,
(riqualificazione dell’area sotto il profilo percettivo? “sempre pagina cinque) e
come se il paesaggio caratterizzato dalla copertura con costruzioni di oltre
22.000 m² fosse più gradevole di quello precedente caratterizzato dalla sua
tradizionale superficie di aree agricole-campestri. Dunque, non esistono seri
motivi ambientali e paesaggistici che possano essere spesi per giustificare un
intervento edilizio di questa intensità, di queste proporzioni, di questa natura
e di questi effetti.
Quarto motivo
violazione del decreto del consiglio regionale numero 37 del 27
marzo 2015-errata conduzione della conferenza dei servizi ai sensi
dell’articolo 23 della disciplina del PIT-violazione dei principi che
regolano la costituzione, realizzazione, organizzazione, il
funzionamento degli organi collegiali della pubblica
amministrazione nel rispetto di regole dirette a garantirne
l’indipendenza e l’imparzialità.
Occorre precisare che il momento centrale del procedimento di
approvazione della variante è stato costituito dalla conferenza dei
servizi, che si è svolta presso la direzione urbanistica e politiche
abitative della Regione Toscana nelle date 20 luglio 2020 e segg.,
seguita da provvedimento di VAS il 20 luglio 2020 e dal rapporto
istruttorio. Tuttavia, i ricorrenti osservano che la valutazione delle
indagini svolte in quella sede hanno evitato di affrontare in proprio la
questione costituita da consumi irreversibili (più propriamente, sperperi
del territorio: cfr. verbale conferenza dei servizi, pagine 1-11 e 18) a
detrimento del patrimonio territoriale (pagina 18 del verbale della
conferenza dei servizi). E nemmeno si può prescindere da altro tipo di
valutazioni e giudizi relativi alle prassi ed ai comportamenti dell’organo
collegiale al quale era affidato il giudizio sul piano operativo del quale si
tratta, con particolare riferimento a comportamenti diretti a garantire
l’indipendenza e l’imparzialità degli organi competenti.
Pertanto, nella seconda seduta del 30 settembre 2020 è ammessa
inizialmente la presenza del progettista ma correttamente lo si invita ad
assentarsi durante la prosecuzione di questa; lo stesso non si può
certamente dire, per esempio, se nell’incontro del 24 luglio 2020
abbiano partecipato i rappresentanti della committenza ed i progettisti.
Tanto si dice non soltanto a beneficio della imparzialità della
partecipazione alla discussione dei partecipanti all’incontro, anche per
ovvi motivi di riservatezza relativa ai lavori della conferenza dei servizi,
la quale non solo deve essere assolutamente imparziale rispetto alle
opinioni dei diversi partecipanti, ma tale deve anche apparire
(come la moglie di Cesare), e ciò in quanto la conoscenza delle idee e
motivazioni degli altri partecipanti può pregiudicare una corretta
formazione della volontà dell’organo collegiale (verbale della
conferenza dei servizi, pagina 18).
Vi sarebbe anche da dire della funzione, sul piano decisionale,
dei c.d. tavoli o tavoli tecnici ai quali nessuno dei partecipanti alla
conferenza può legittimamente conferire deleghe a deliberare o anche
soltanto a valutare i dati dell’istruttoria e in ultimo e quanto alle c.d.
“compensazioni” in quanto il corretto modo di gestione di tali scelte
(verbale, pagina 15) e di interventi che dovrebbero riparare a eventuali
pregiudizi ambientali di altre opere e scelte urbanistiche, in quanto il
corretto modo di gestione di tali scelte viste nell’escludere, in via
primaria (in alternativa), scelte pregiudizievoli per i valori ambientali e
prima di tutto il patrimonio territoriale, e non di ripararvi tardivamente
non sempre opportunamente ponendo in essere comportamenti e
scelte meno dannosi di quelle proposte in via primaria (cioè la scelta del
male minore dunque). Dunque, di opere compensative si può parlare
quando si realizza una autostrada o opere di simile entità.
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