Emerge un particolare interessante nella vicenda del mostro di Firenze, che riguarda la lettera inviata al sostituto procuratore della Repubblica Silvia Della Monica e fa tornare alla mente la Pista Sarda. La missiva giunta in Procura il 10 settembre 1985, conteneva al suo interno un lembo di pelle appertenente alla vittima femminile del duplice omicidio compiuto agli Scopeti. L'attenzione si concentra adesso sul francobollo utilizzato, raffigurante il castello di Bose in Sardegna. Sulla parte posteriore della busta, dove è indicato l'indirizzo, Procura della Republica è scritto con una sola b. Sorge la prima domanda: l'iniziale della località rappresentata nel francobollo ha il compito di sostituire la consonante mancante? Il mostro sfida apertemante gli inquirenti offrendogli una pista?
La vicenda si fa sempre più interessante, lo sguardo si sposta all'interno del castello, dove si trova un ciclo di affreschi appartenenti alla scuola toscana, datato 1340-45. I più recenti studi, condotti dalla ricercatrice Fernanda Poli, hanno messo in evidenza nelle raffigurazioni le virtù professate dai francescani (carità, castità, umiltà, eroismo contro il male, coraggio nel martirio, monito per una buona morte). Ma ciò che più cattura l'attenzione degli osservatori sono le scene macabre, come l'incontro dei tre vivi e dei tre morti e le figure di alcuni martiri, che collegano il luogo misterioso a Firenze e al Mostro. Una delle sante rappresentate è Santa Reparata, protettrice della città, che prima di essere decapitata subì atroci torture. L'altra figura affrescata è Sant'Agata, alla quale furono tagliati i seni, la stessa mutilazione effettuata dal mostro in due omicidi. Sono solo coincidenze?
Di tutto questo si è parlato ieri sera a 'Chi l'ha visto?', la trasmissione condotta da Federica Sciarelli su Rai3, ospiti l'ex magistrato Silvia Della Monica e il giornalista Mario Spezi (nella foto durante la scena di un delitto del mostro). Quest'ultimo arrestato nel 2006 con l'accusa di calunnia ai fini di depistaggio delle indagini, ha sempre sostenuto la Pista Sarda, ricordando di essere in ottima compagnia, dal momento che anche per i carabinieri la Beretta utilizzata dal serial killer proveniva da ambienti legati a clan sardi.
Spezi muove la sua tesi partendo dal primo omicidio compiuto a Lastra a Signa nel 1968, quando fu uccisa una coppia di amanti davanti al figlioletto di lei. Il duplice omicidio a detta di Spezi venne effettivamente commesso per ragioni sentimentali e d'onore. A compierlo qualcuno legato alle famiglie sarde Mele e Vinci. La pistola e le cartucce, le stesse utilizzate successivamente dal mostro.
Secondo l'esperto giornalista sarebbe stato impossibile per un membro estraneo all'ambiente isolano appropriarsi della Beretta. Inoltre continua Spezi: "Sarebbe del tutto improbabile una casuale cessione, da parte del detentore, di un'arma e di una scatola di cartucce già utilizzati in un omicidio".
La chiave del giallo è nel castello di Bosa?
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