Ventidue coltellate di rabbia, forse per alcuni screzi tra vicini, come la musica alta della domenica mattina che era solito tenere la vittima. Litigi, antipatie, dispetti, che qualcuno sussurra essere già esplosi durante il lockdown per l'emergenza coronavirus. Un assassinio brutale per futili motivi.
E’ quello commesso da Bernardino Lai. E’ lui l’uomo che ha ucciso Fulvio Dolfi, 62enne fiorentino trovato morto sgozzato nel suo appartamento di via Rocca Tedalda lo scorso 16 luglio. Non hanno dubbi gli investigatori della Squadra Mobile, diretta da Nino De Santis.
PROVE SCHIACCIANTI - Sul 74enne, ex carpentiere sardo, e vicino di casa di Dolfi, pesano gravissimi indizi di colpevolezza e alcune prove apparentemente schiaccianti. Le macchie di sangue trovate nell’appartamento della vittima sono quelle di Lai. Così come nell’appartamento del 74enne ci sono le macchie di sangue di Dolfi. Un caso apparentemente già chiuso.
Anche perchè sulla vicenda pesa la condotta dell’uomo. Al momento dell’arresto su Lai, erano ancora visibili i segni della violenta colluttazione avuta con la vittima. Infatti, nonostante la fuga in un hotel della Sardegna, sul costato di Lai era visibile un vistoso ematoma.
Inoltre, giovedì 16, proprio il giorno in cui è stato scoperto il cadavere grazie ai cani di una condomina, Lai era andato a farsi medicare una ferita da taglio alla mano destra all’ospedale di S. Maria Nuova, giustificandola come un incidente domestico, proprio poche ore prima di prendere l'aereo e scappare in Sardegna.
E secondo gli specialisti della scientifica, è proprio quella la ferita che ha causato il “gocciolamento” del sangue che gli investigatori hanno isolato come prova sulla scena del crimine.
LA DINAMICA DELL'OMICIDIO - Infatti, secondo la ricostruzione degli agenti della omicidi, quella di Lai è stata un’aggressione che è scattata domenica in piena notte, forse dopo l’ennesimo rumore. La luce di casa di Dolfi, infatti, è stata trovata accesa e l’uomo aveva già tolto le lenti a contatto, probabilmente pronto per andare a dormire.
La vittima ha aperto la porta al suo vicino. Lai, hanno ricostruito gli investigatori, sarebbe entrato con l’arma in mano. Con tutta probabilità uno dei tre coltelli sequestrati nella perquisizione all’uomo.
Una colluttazione, e poi ventidue fendenti senza pietà. Dieci al collo, due alla giugulare, otto sul tronco, e altre due sul dorso. Poi Lai, che si sarebbe intrattenuto del tempo in casa di Dolfi dopo l’omicidio, avrebbe ripulito le tracce più evidenti e, ferito al dito della mano, sarebbe tornato nel suo. Proprio nell’abitazione del 74enne gli investigatori della scientifica ha isolato 30 reperti compatibili con l’omicidio.
LE INDAGINI - Ma per arrivare a Lai gli agenti della Scientifica e gli investigatori della Mobile, coordinati dal pm Fabio Di Vizio, hanno seguito il sangue. Anche perchè dalle immagini di video sorveglianza della telecamere vicine al palazzo e dalla testimonianze dei vicini, risultava che domenica verso le 12 Dolfi era stato visto uscire col figlio e poi tornare a casa da solo, poi non c’era stata più traccia di lui. Neppure dai cellulari. Inoltre nessuna persona sospetta era entrata o uscita dal palazzo. Infatti tutti i condomini sarebbero stati in casa, almeno quelli sentiti dalla polizia. Perchè all’appello mancava solo Lai che, appunto, era partito per Cagliari nel momento in cui la polizia aveva iniziato le indagini.
Un dettaglio da collegare direttamente al sangue trovato e ‘seguito’ dalla polizia scientifica. Infatti con l’aiuto delle strumentazioni per rilevare il sangue, le tracce hanno portato proprio a casa di Lai e di un altro inquilino. Gli inquirenti sono entrati nei due appartamenti, e se il primo si è rivelato un falso allarme. Il secondo, quello di Lai, era la casa che cercavano gli inquirenti. Il sangue trovato sgocciolato vicino a quello della vittima su mobili e oggetti portava proprio all’ingresso di Lai e all’interno dell’appartamento. Oltretutto il profilo genetico corrispondeva a quello delle cellule di sfaldamento del rasoio del 74enne.
Dopo l’arresto Lai non ha parlato. Non ha confessato, neanche all’interrogatorio di garanzia con il gip nel carcere di Sollicciano. Il suo avvocato ha chiesto la scarcerazione per l'età, che però il gip del Tribunale di Firenze ha respinto ritenendo il carcere l'unica misura utile a fermare la spietatezza dell'ex carpentiere.
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