“Della Porta e Corni sono a Santa Maria Nuova dove è morto questo qua..” “E' morto?” “Sì è morto credo durante il trasferimento in ambulanza” “Minchia, cazzo”. “Eh, oh”. “Vabbè..”. “Allora sappiamo come si chiama”, “un certo Magherini Riccardo”. "Ha problemi psichici?". "Ha un precedente per furto". "Facciamo subito una perquisizione". Sono solo alcuni dei passaggi della telefonata delle 2.52 del 3 marzo scorso tra i carabinieri, in cui viene comunicato il decesso del 40enne fiorentino, morto in Borgo San Frediano durante un fermo. Protagonisti della chiamata il maresciallo dei carabinieri Stefano Castellano e il capitano Cattaneo del nucleo investigativo. Una chiamata, quella tra i due carabinieri, che lascia sgomenti per l'approccio.
Sapranno il nome di Riccardo Magherini solo dopo la sua morte. Lo dirà sempre il maresciallo. Gli è appena morto un uomo tra le braccia. Non è scosso, vuole una perquisizione al più presto a casa dell'uomo. Vorrebbe trovare della droga. Che né addosso a Magherini né a casa sarà mai trovata. "Non sono un medico ma occorre subito fargli un tossicologico" dirà così. Questi sono i primi pensieri che esprime dopo la morte di Riccardo Magherini, avvenuta pochi minuti prima sotto il suo "ginocchio sul collo" e dopo i calci e le compressioni esercitati sul 40enne fiorentino in Borgo San Frediano e riferite da numerosi testimoni.
Nella telefonata si fa riferimento alla morte "durante il trasporto in ambulanza". Castellano, come i suoi colleghi, non poteva non essere consapevole del fatto che quel trasporto fosse inutile visto che Magherini era già morto per strada. Per Castellano, e per gli appuntati Corni, Della Porta e Ascenzi, oltre a tre volontari della Croce Rossa, la Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo.
La conversazione tra i due militari ha scatenato la rabbia di Guido Magherini, padre di Riccardo, che nel giorno di Natale ha pubblicato su Facebook un duro attacco ai carabinieri indagati per i fatti della notte del 3 marzo.
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