Furono condannati all'ergastolo ed hanno trascorso 27 anni in carcere con l'accusa infamante di aver seviziato, ucciso, bruciato e nascosto i cadaveri delle bambine di Ponticelli, Barbara Sellini, 7 anni, e Nunzia Munizzi, 10, massacrate in una zona degradata di Napoli il 2 luglio 1983. Oggi, nuove prove trovate dai difensori potrebbero far riaprire a loro favore - i 'mostri' Giuseppe La Rocca, Ciro Imperante e Luigi Schiavo - uno dei piu' noti 'cold case' italiani che tenne deste le cronache negli anni '80. Per il momento, da giovedi' scorso, c'e' 'solo' depositata alla corte d'appello di Roma la richiesta di revisione del processo firmata dagli avvocati Eraldo Stefani, Ferdinando Imposimato e Francesco Stefani, un tomo di 1332 pagine dove oltre la meta' riportano i risultati di corpose indagini difensive coordinate da Firenze. Ma nei prossimi tempi, qualche settimana, si sapra' se l'organismo giudiziario della Capitale la ritiene ammissibile e decidera' di procedere alla fase rescissoria propria del processo penale di revisione. Nuove testimonianze - una trentina le persone sentite per la prima volta e mai emerse dalle indagini 'ufficiali' degli anni '80 -, e prove scientifiche fanno apparire ''concreta'', scrivono gli avvocati, ''la possibilita' che i richiedenti la richiesta di giudizio siano innocenti''. Gli accertamenti svolti dalla difesa a Napoli e in altre parti d'Italia, soprattutto la verbalizzazione di dichiarazioni di testimoni inediti, farebbero cambiare una serie di dati che all'epoca furono considerati decisivi per condannare Giuseppe La Rocca, Ciro Imperante e Luigi Schiavo. Tra questi, l'orario del delitto verrebbe spostato dalle 20.30 a dopo la mezzanotte del 2 luglio 1983 facendo saltare l'impianto accusatorio sedimentato nel tempo. Inoltre, dopo un trentennio emerge che i tre condannati hanno un alibi come confermano adesso alcuni testimoni i cui racconti, pero', non emersero compiutamente dalle indagini dell'epoca. E ancora, esami scientifici - anche sul gruppo sanguigno di La Rocca, Imperante e Schiavo - escluderebbero la loro colpevolezza. Ma, aspetto delicato della questione, seguendo una nuova testimonianza raccolta nel 2011, la difesa si e' convinta che le modalita' di indagine condotte da alcuni carabinieri negli anni '80, avversa alle testimonianze verso i futuri tre ergastolani, sarebbe stata tale da originare l'errore che ha portato a condannare ''tre innocenti''. In passato due richieste di revisione del processo furono respinte nel 1992 e nel 2011 ma oggi Giuseppe La Rocca, Ciro Imperante e Luigi Schiavo, dicono i loro avvocati, ''sperano che con la revisione del processo, oltreche' accertare la loro innocenza, si processi il vero colpevole''. Cio' grazie a poderose indagini difensive durate due anni e mezzo e tali, secondo la difesa, da demolire la vecchia accusa e da valutare che ''fu uno solo l'assassino, una sola persona, e non tre''. Oggi Giuseppe La Rocca, 48 anni, Ciro Imperante, 48, e Luigi Schiavo, 50, sono in liberta', hanno famiglia e si guadagnano da vivere facendo gli artigiani nell'Italia Centrale, dove abitano. Dopo benefici e riduzioni di pena i tre sono in liberta' il 28 ottobre 2010. Erano stati condannati in primo grado dalla corte d'assise di Napoli l'11 aprile 1986, sentenza confermata il 9 ottobre 1986 in appello e divenuta irrevocabile il 27 giugno 1987.
Fonte: Michele Giuntini - Ansa
Il sito d'Italia, quotidiano diffuso via internet. Testata giornalistica registrata presso il Tribunale Civile di Firenze n.5811 del 29 dicembre 2010.
Copyright Il sito d'Italia, tutti i diritti e i contenuti sono proprietà de "Il sito d'Italia"
Edito da Dedalo Comunicazione Srl, P.Iva 02200130975 - Direttore Responsabile Silvano Spanarello
Realizzato da Exupery Comunicazione