Di seguito gli spettacoli che andranno in scena al Teatro della Pergola di Firenze nel mese di marzo 2014.
4/9 marzo 2014
Compagnia Lombardi - Tiezzi
di Luigi Pirandello
con:
Romeo Daddi / Sandro Lombardi, Bice Daddi / Pia Lanciotti, Giorgio Vanzi / Francesco, Colella, Ginevra / Elena Ghiaurov, Nicola Respi / Marco Brinzi
drammaturgia Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
scene Pier Paolo Bisleri
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
regia di Federico Tiezzi
Scritto a Castiglioncello nell'estate del 1934, durante una villeggiatura, e andato in scena il 13 dicembre del 1935 a Roma (dopo un debutto a Praga in traduzione ceca cui Pirandello non presenziò) in piena dittatura fascista, e in un periodo di aspri conflitti col regime a causa delle difficoltà incontrate dal suo progetto di un Teatro di Stato, Non si sa come si apre su un quadretto di genere idillico, quasi stucchevole: una mattina sul finire di settembre, sull'incantevole terrazzo della casa di Giorgio Vanzi. Una dimora che Respi definisce «un paradiso» e dove i protagonisti, che appartengono evidentemente a una borghesia agiata, conducono una vita disinvolta tra tavolini-bar e mobili da giardino: del solo Giorgio Vanzi sappiamo che è un militare di Marina, si presume ufficiale. E di Nicola Respi si apprende che frequenta il Circolo della Racchetta, luogo che indulge al pettegolezzo, dato che là l'uomo viene a sapere dei sospetti gelosi di Romeo Daddi e del suo improvviso impazzimento. Tutti giovani, tutti si direbbe di bell'aspetto, reciprocamente innamorati l'uno dell'altra le due coppie di coniugi, mentre Respi fa una corte molto da salotto a Bice, l'onestissima, rispettabilissima, fedelissima moglie di Romeo. Un idillio che nasconde tuttavia un altro spazio, meno evidente e tuttavia molto più reale di quello sociale: una macelleria della psiche, un sanguinoso mattatoio metafisico dove i corpi e le coscienze sono fatti oggetto della più violenta vivisezione che la drammaturgia italiana del secolo scorso conosca.
Al centro del dramma vi è il rovello di Romeo Daddi, che, dopo aver ceduto un momento alla passione per Ginevra, moglie dell'amico Giorgio, si rende conto di quanto sia facile commettere un atto che forse può rivelarsi una colpa, senza averne responsabilità, perché il fatto è accaduto non si sa come, fuori della coscienza di chi lo ha compiuto.
Ci sono dunque delitti innocenti, atti irriflessi che marchiano a fuoco le vite umane. A tormentare Romeo sono tutti quegli atti che, non si sa come, ci portano a fare quello che facciamo. Preso dall'irrefrenabile desiderio di scoprire negli altri questi delitti Romeo dà inizio a una specie di seduta freudiana di gruppo. Da questa situazione di partenza Pirandello svolge uno dei suoi drammi più feroci e strazianti, immergendosi, come armato di un bisturi dell'animo, nei labirinti segreti del cuore e della psiche umani, nell'ennesimo tentativo, più che mai riuscito, di dimostrare che «ciò che noi conosciamo di noi stessi, non è che una parte, una debolissima parte, di ciò che siamo» (Giovanni Macchia).
Tornando a Pirandello dopo aver messo in scena nel 2007 I giganti della montagna, Federico Tiezzi conferma il suo interesse per la fase estrema del drammaturgo siciliano: Non si sa come, che è del 1934, contende ai Giganti il titolo di ultimo dramma composto dallo scrittore. Lo spettacolo succede all’allestimento di Un amore di Swann, dal romanzo di Marcel Proust, e costituisce un ideale “secondo tempo” di una riflessione scenica sull’ebbrezza e la tortura dell’amore: un amore inteso non solo come manifestazione emotiva, ma come lo spazio di una violenta verifica della “tenuta” della condizione umana nel momento della sua più alta e significativa tensione storica ed esistenziale.
11/16 marzo 2014
Teatro Franco Parenti
UNA NOTTE IN TUNISIA
di Vitaliano Trevisan
con Alessandro Haber
e con Maria Ariis, Pietro Micci e Roberto Trifirò
con la collaborazione di Barbara Petrecca per le scene e i costumi, Gigi Saccomandi per le luci, Yuval Avital per la scenografia sonora di "Mise en abime"
sperimentazione sonora realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il CRIT di Torino e il CPTV di Milano. I cieli proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione.
uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah
Un uomo di grandissimo potere, un personaggio di punta nell’Italia del Dopoguerra, esponente politico fra i più influenti a cavallo degli anni Ottanta-Novanta. Un uomo invincibile, intoccabile, un giorno all’improvviso perde tutto. Potere, amici, soldi. Lui che aveva tutto. Lui che possedeva ogni cosa. Solo e malato si ritira nell’esilio dorato di Hammamet dove solo pochi fedelissimi andranno a trovarlo. Alessandro Haber ricompone i tratti di Bettino Craxi sull’intensa partitura scritta da Vitaliano Trevisan. Un viaggio a ritroso nel tempo, dalla sua ascesa fino alla battaglia con la morte, persa nel 2000. Un focus di toccante umanità su uno dei personaggi politici più controversi della storia nostrana.
Andrée Shammah fa del testo di Trevisan un atto d’amore e di fiducia verso il teatro. Alza lo sguardo dalla cronaca e dalla storia, dalla trama degli ultimi giorni di vita di Craxi – X è il suo nome nel testo – e diventa metafora del potere e della sua caduta.
Il signor X è «in esilio volontario» ad Hammamet. Gravemente ammalato è stato abbandonato da tutti. Sono con lui la moglie, l'inseparabile Cecchin (autista, segretario, cameriere) e, ospite inatteso, suo fratello XX, medico venuto a verificare le cartelle cliniche dei medici tunisini, che non lasciano speranze sulla prognosi di X. Il malato ha un carattere difficile, odia tutti e non sopporta nessuno, tranne Cecchin. Odia soprattutto gli italiani che l'hanno tradito e scrive memorie e proclami di rivincita postuma. Ma un sogno gli fa balenare un'idea. Se non ha evitato l'esilio forse, con un'ultima trovata, potrà evitare la morte.
Trevisan costruisce un personaggio un po' shakespeariano e un po' bernhardiano: i suoi ultimi giorni di esilio e di malattia sono un emblema della caduta del potere, ma anche un'occasione di riflessione sulla politica e sulla società italiana. E la tragedia si intreccia continuamente con il comico, con Cecchin nel ruolo di perfetta spalla, fino allo scarto surreale del colpo di scena conclusivo.
Scandita in quattro scene in uno spazio candido più simile a una tenda berbera che a una casa, Una notte in Tunisia ha la linearità di un apologo ma dentro bruciano tutti i sentimenti, i rancori e le contraddizioni.
Le scene di Barbara Petacca e le luci di Gigi Saccomandi dialogano con Mise en abîme, la scenografia sonora creata da Yuval Avital, una composizione realizzata da un grande organico strumentale e corale che utilizza lo spazio come parte essenziale per una partitura alfabetica e grafica.
18/23 marzo 2014
ARTISTI RIUNITI in collaborazione con TEATRO ELISEO
MASSIMO POPOLIZIO in
JOHN GABRIEL BORKMAN
di Henrik Ibsen
traduzione Claudio Magris
adattamento Piero Maccarinelli
con Lucrezia Lante Della Rovere, Manuela Mandracchia e Mauro Avogadro
e con Alex Cendron, Ilaria Genatiempo, Camilla Diana
scene da un’idea di Carlo De Marino
costumi Gianluca Sbicca
luci Umile Vainieri
musiche Antonio Di Pofi
regia Piero Maccarinelli
Borkman è un brillante banchiere incorso in un fallimento finanziario di grandi dimensioni. Toccato dal disonore, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non sembra però disposto a considerarsi un vinto. Si sente un creatore, un artista della finanza. Accanto a lui, il suo solo amico, Foldal, autore di un testo mai pubblicato, creatore a sua volta di qualcosa che non vedrà mai la luce. Alle vicende del finanziere si intrecciano quelle delle due sorelle Rentheim - la moglie e la ex amante di Borkman. Due sorelle che hanno avuto lo stesso uomo, senza tuttavia averlo mai completamente posseduto. E poi la generazione dei figli ventenni, più consapevoli della limitatezza del loro agire nel mondo: si deve soprattutto bruciare la vita, aggredirla a morsi e viverla non nell’attesa del compimento di un progetto, ma nella certezza della sua brevità.
Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche feroce e tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che trasforma ogni affermazione vitale in un gesto di violenza.
Un Borkman per provare a comunicare ai nostri contemporanei le geniali parole di Ibsen, in un’ambientazione volutamente essenziale e storicamente più vicina a noi.
Ad interpretare questo grande testo è una generazione di attori che ha potuto sfiorare le utopie da un lato e che ne ha visto la devastazione dall’altro.
25/30 marzo 2014
Teatro Stabile Di Genova
I RAGAZZI IRRESISTIBILI
di Neil Simon
versione italiana Giuliana Manganelli
con Eros Pagni, Tullio Solenghi, Mariangeles Torres, Massimo Cagnina, Marco Avogadro, Pier Luigi Pasino
scene e costumi Guido Fiorato
musiche Andrea Nicolini
luci Sandro Sussi
regia Marco Sciaccaluga
I ragazzi irresistibili è un omaggio alla vecchiaia di due grandi comici e insieme un’affettuosa testimonianza della gloriosa tradizione del vaudeville americano. E’ una commedia attraversata insieme da una comicità calorosa e da una poetica nostalgia; fonte per uno spettacolo, in cui un dialogo scintillante coniuga perfettamente realtà e finzione, attraverso il contributo recitativo di attori dalla forte personalità comunicativa.
Scritto negli anni della piena maturità di Neil Simon (classe 1927), I ragazzi irresistibili andò in scena con grande successo nel dicembre 1973, trovando ben presto anche la via dello schermo: sia cinematografico (1975, con Walter Matthau e George Burns), sia televisivo (1995, con Peter Falk e Woody Allen). La commedia appartiene a quel periodo in cui la critica statunitense iniziava a vedere in Simon non solo il “re della risata” (com’era stato definito ai tempi de La strana coppia), ma anche un vero autore teatrale, alla ricerca di un nuovo tipo di “pièce” capace di essere contemporaneamente commedia e dramma, valorizzando sempre più l’attenzione per la complessità umana dei suoi personaggi. E così è stato, pur nel mantenimento di ciò che soprattutto lo aveva reso famoso: la brillantezza del dialogo. Tanto che oggi su Neil Simon (il commediografo contemporaneo più rappresentato a Broadway e nel mondo) è in corso una crescente opera di rivalutazione critica che ha preso il via proprio all’inizio degli anni Settanta, quando Simon tirò fuori dal cassetto dei suoi progetti non ancora realizzati questa storia di due ex comici di vaudeville che, dopo aver trascorso insieme più di quarant’anni della loro vita, si erano separati, ponendo così fine a una coppia di successo. Mentre Al Lewis (Tullio Solenghi) è andato in pensione e vive tranquillamente la propria vecchiaia, Willie Clark (Eros Pagni) non ha mai perdonato al socio di averlo privato del lavoro, mettendo la sua vita e la sua carriera sotto naftalina molto prima di quanto lui avesse voluto. Ora, per iniziativa del nipote e agente di Willie, la coppia ha l’occasione di ricomporsi per proporre davanti all’occhio della telecamera lo sketch che l’aveva resa celebre; ma molti ancora sono gli ostacoli da superare, inaspriti dal trascorrere degli anni e dagli acciacchi dell’età.
Annota il regista Marco Sciaccaluga a proposito dei due protagonisti: «Il loro ritrovarsi dopo anni, il tentare una difficile ripartenza nel loro mare che è il teatro, ci racconta di una sete, di una “joie de vivre” che è esplicitamente contenuta nella metafora del vaudeville di cui sono magnifici, anche se un po’ arrugginiti specialisti. C’è tanto di Cechov in questo capolavoro di Neil Simon: il suo sguardo ironico sull’uomo, la sua nostalgia, il suo scanzonato “refrain” del tempo cha passa… Due vecchi, due attori: in realtà nient’altro che due ragazzi, “irresistibili”, perché irresistibile è l’eterna tentazione che è la vita».
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