Una giornata in cui si mescolano “tristezza e gioia” per il sindaco Matteo Renzi che oggi in Aula ha salutato in via ufficiale l’amico e vicesindaco Dario Nardella e la fida assessora Rosa Maria di Giorgi, entrambi eletti in Parlamento tra le file del Pd. Camera per lui, Senato per lei.
E’ un addio istituzionale s’intende non certo personale, il sindaco di Firenze ha scelto di mandare avanti i suoi più fidati amministratori per avere a Roma un presidio renziano d’ok; una squadra di cui fanno parte anche Francesco Bonifazi fino e ieri capogruppo del Pd in Palazzo Vecchio e Luca Lotti, capo di gabinetto. A loro Renzi augura buon lavoro “per il nostro Paese, nel rispetto delle Istituzioni. “sebbene – ammette – questa non sarà certo la più lunga legislatura della storia”, l’invito che il sindaco rivolge loro: “Lasciate agli addetti ai lavori le trattative all'ultimo sangue e il folklore stellato di questi giorni: voi, per favore, occupatevi del Paese, del lavoro che manca, della speranza che va ricostruita”. E’ una critica esplicita che Renzi rivolge sia al Movimento 5 Stelle che al Pd bersaniano bloccati in trattative impossibili e arroccamenti stantii. “La discussione in Parlamento corre su un doppio binario - esplicita il sindaco di Firenze - da un lato il folklore di chi crede si possa inventare una pagina nuova dicendo ogni giorno una cosa diversa fino a chi pensa che la crisi si possa risolvere con una trattativa, seppur politica dove si dice: io ti do questo tu mi dai quest’altro”.
"Per fortuna è stata sventata l'idea di una marcia inaugurale su Roma, ci sono già state altre marce nella vita del Paese", ha detto Renzi, riferendosi ancora ai grillini i cui parlamentari avevano deciso in un primo momento di andare tutti insieme il giorno dell'inaugurazione del Parlamento, dal Colosseo alle sedi di Camera e Senato.
“Sia la vita vera - prosegue il sindaco - il reale oggetto delle discussioni, quello che vedo ora mi preoccupa, c’è un’emergenza occupazionale a cui non stiamo dando la giusta rilevanza”.
Riaccende i motori Renzi e inchioda il Pd alle sue responsabilità e ai suoi errori: “Già dai tempi della Leopolda, quindi prima delle Primarie, proposi l’ abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, dimezzare il numero dei parlamentari, rendere trasparenti tutte le spese”.
Già le spese: oggi il Corriere della Sera ha parlato di un dossier sulle spese “eccessive” del Pd tra personale ed apparato in genere, richiesto proprio da Renzi. Il sindaco oggi ha precisato: “Non si tratta di ‘dossieraggio’ ma sono uno di quelli che fa battaglie politiche dicendo quello che pensa”; il che è persino un’ammissione più esplicita. Renzi ammette di non credere nemmeno un po’ al tentativo di Bersani di fare un accordo con i parlamentari e 5 Stelle, il Pd secondo lo sfidante di Bersani dovrebbe cominciare da sé stesso: il taglio del costo della politica nel suo complesso potrebbe ricucire i rapporti con gli elettori. E allora il rimpasto di Giunta di Palazzo Vecchio diventa la prima mossa della nuova campagna elettorale: “Lo Statuto di Firenze consente di nominare sedici assessori: io ne ho solo otto, cinque sono donne. Vogliamo dimostrare che dimezzare i costi e i posti della politica si può fare. Qui, a Firenze, si è già fatto”. Le deleghe per l’ultimo anno dell’amministrazione Renzi saranno così distribuite: la poltrona del vicesindaco spetterà a Stefania Saccardi che già detiene la delega alle politiche sociosanitarie e che ora assume anche quella dello Sport, lasciando all’assessore Elisabetta Meucci, titolare dell’Urbanistica, il Patrimonio non abitativo, l’Educazione va all’assessore Cristina Giachi che ha già l’Università. La nuova donna in squadra è la renzianissima Sara Biagiotti a cui spetteranno lo Sviluppo Economico, Turismo e Politica del lavoro. Per il resto tutto come prima: Caterina Biti all’Ambiente, Sergio Givone alla Cultura, Massimo Mattei al Traffico e ai Trasporti. Il sindaco mantiene nelle sue man la bollente delega al personale.
Oggi intanto dalla riunione dei 408 eletti del Pd presieduta dal segretario, Pier Luigi Bersani replica a distanza al sindaco: "Non accetto che passi l'idea, tantomeno da qualcuno di casa nostra, che andiamo a cercarci dei deputati. Non cerchiamo deputati o senatori, mette in chiaro il segretario”.
Il patto di non belligeranza è definitivamente caduto.
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