Dario Nardella ha vinto. Ha stravinto, il “computer” della macchina elettorale di Palazzo Vecchio ha persino sbagliato ad assegnare i seggi al Pd. Troppo pochi. Un plebiscito che passa dai quartieri e che annienta totalmente la parvenza di un avversario. Ha vinto il modello Renzi, ha vinto la sfida interna al Pd a suon di preferenze. Ha vinto quella città innamorata di Renzi. Quella che gli ha creduto, ma che ora gli crede ancor di più. Che si fida della sua impronta di sicurezza ma anche del suo emozionarsi davanti alle slide. Sembra incredibile ma un modello comunicativo 'alla Berlusconi' piace ai fiorentini. Qualcuno anni fa parlava di amore che trionfava sull'odio. Oggi Renzi parla della "speranza che vince il derby con la rabbia" e nessuno si scandalizza o grida alla vergogna, manifestando. Nel voto a Nardella c'è quella Firenze 'drogata' di Renzi. Anche perchè dall’altra parte c'è più o meno il nulla. Già si sapeva, sì. Perché tre partiti di centrodestra che si presentano separati in una città come Firenze oltre a voler perdere tragicamente, vogliono cancellare la storia passata di un centrodestra mai vincente a Firenze, ma mai così perdente a livello fiorentino.
Stella era un candidato più che debole. Preparato e ambizioso, è stata l’ultima scelta di una ricerca di candidati solamente apparente. Totaro rappresenta uno spaccato bene identificato dell’elettorato cittadino che è e resta quello dei voti presi dal parlamentare della destra fiorentina. Non uno in più, che gli consentono comunque di andare in consiglio comunale ma che obiettivamente non ottiene un risultato politico di valore. Gianna Scatizzi, brava donna, ha ottenuto un risultato che nessun alfaniano si aspettava. Peggio era difficile, ma se a Firenze Berlusconi non ha mai ‘tirato’ voti, figuriamoci Alfano. I fiorentini sanno bene che se il Gabriele Toccafondi di turno fa il sottosegretario del governo Renzi e contemporaneamente presenta un candidato sindaco avversario di Nardella, questa politica diventa molto poco credibile. Ed il risultato non può che essere quello uscito dalle urne.
Un suicidio politico collettivo che ha lasciato il segno della rassegnazione e della fine di una stagione politica anche ai livelli più bassi, con rappresentanze in comune e nei quartieri decimate dai pochi voti presi.
Il Movimento 5 Stelle non ha sfondato, anzi. Ha fatto molto peggio delle aspettative. Non era facile arrivare dietro Stella in termini di consensi. Ma del resto non ci si può aspettare neanche che i fiorentini vadano a votare senza pensare, affidando quindi il proprio consenso ad una giovane donna che poco ha avuto a che fare con i temi cittadini fino ad oggi. Doveva essere una fiducia a scatola chiusa. Non c’è stata. E la rappresentanza grillina in consiglio comunale passerà da altre due giovani donne. Entrate con pochissime preferenze a dimostrazione di una lontananza generale del M5S dalla città che si muove. Poi saranno brave consigliere e contribuiranno all'attività politica cittadina, ma per il momento rappresentano il risultato di un voto d'opinione.
Brava Cristina Scaletti a raccogliere un consenso basato sulla sua persona. Molto meno brava nel comporre le liste, perchè un buon risultato personale poteva essere confortato anche dalle tre, troppe, liste a sostegno della sua candidatura. Un prototipo di brave persone poco adatte alla politica delle preferenze e dei voti. Probabilmente c'era qualche aspettativa maggiore sul risultato finale visto anche il consenso alla persone e le politiche, un po' troppo feisbucchiane, ma che hanno convinto una piccola parte di fiorentini.
Era lecito pensarlo perchè d’altra parte Firenze si conferma una città di sinistra. I partiti che si collocano in quest’area dell’astratto politico raccolgono complessivamente 136.532 voti su 194.245 votanti. E dei restanti, 17.525 sono andati al Movimento 5 Stelle. Firenze è una città culturalmente di sinistra e politicamente di sinistra. E non di centro sinistra. Qua Tsipras raccoglie uno dei migliori risultati d’Italia e le percentuali toccate dal candidato Tommaso Grassi sono la fotografia di una città governata dalla sinistra, con l’opposizione della sinistra. Tommaso Grassi ha preso con merito i tanti voti usciti dall’urna, ha visto premiato il lavoro di questi cinque anni e saprà certamente dimostrare una valente opposizione in Palazzo Vecchio. Grassi ottiene un risultato lodevole, politicamente significativo. Un risultato che però rimane nell’ombra di una città estasiata da Matteo Renzi, innamorata del renzismo in ogni sua forma, di tutto ciò che il rottamatore crea, produce e distrugge.
E Nardella farà meglio, molto meglio di Renzi. Non avrà la pressione di dover diventare nel più breve tempo possibile il leader di riferimento della politica italiana, non dovrà ricrearsi un partito e soprattutto farà il sindaco. Presente in città, capace di ascoltare i fiorentini a Firenze. E non a Roma. Non dovrà scrivere libri per darsi anche una connotazione intellettuale. Avrà il tempo di dedicarsi alla città e di dare le risposte attese lasciate incompiute da Renzi.
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