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domenica, 26 agosto 2012 - 14:15
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namibia

Incidente d'auto in Africa, muore il giudice Michele Barillaro

Morto anche l'avvocato Colcellini
Immagine articolo - Il sito d'Italia

Il gip del tribunale di Firenze, Michele Barillaro, e' morto in un incidente stradale in Africa. Il giudice, in vacanza in Namibia, era alla guida di una jeep che si e' scontrata con un camion. Barillaro si era occupato, quando era giudice a Nicosia (Enna) e Caltanissetta, dei processi Falcone e Borsellino. A Firenze si era occupato degli anarco-insurrezionalisti. Una decina di giorni fa aveva ricevuto minacce di morte in una lettera anonima recapitata alle redazioni fiorentine di due quotidiani e dell'Adnkronos. Sono tre le vittime dell'incidente dove e' morto il giudice. Gli altri sono un avvocato fiorentino, Roberto Colcellini, socio anche di un'attivita' ricettiva in Namibia, e un cameriere namibiano, che lavorava nella struttura del legale. E' quanto viene spiegato al consolato onorario italiano a Windhoek. Il giudice e l'avvocato erano in vacanza in Namibia per una battuta di caccia. L'incidente e' avvenuto intorno alle 19 di ieri in una localita' chiamata Otjiwarongo.

 

Riproponiamo l'intervista pubblicata lo scorso ottobre, nella quale il gip Barillaro parlava dei rapporti fra mafia e politica.

 

Dopo le ultime operazioni delle fiamme gialle fiorentine e della Squadra Mobile di Firenze, ci si interroga sulla criminalità organizzata di matrice meridionale. Soprattutto se ormai non riguardi più solo i suoi luoghi di origine e se abbia messo solide radici in zone più floride della Penisola. La risposta è sotto gli occhi di tutti, ed è purtroppo affermativa. Come ricorderete, nei giorni scorsi abbiamo parlato di metodo camorristisco esportato in Toscana. L'operazione della GdF di tre giorni fa, ha scoperto l'esistenza di un'associazione a delinquere di origine campana, dedita a usura ed estorsioni, per fortuna neutralizzata. Sulla stessa scia l'arresto da parte della Mobile di un noto imprenditore siciliano, che insieme a complici toscani diede fuoco nel 2008 alla discoteca rivale. Anche in questo caso si è parlato di metodo mafioso, in quanto si è ricorso al sistema di minacce ed intimidazioni.

Sul Nuovo Corriere di questa mattina, Simone Canettieri, editorialista della testata, discute dell'argomento con il gip Michele Barillaro. Dell'intervista realizzato dal nostro collega ne pubblichiamo, per gentile concessione, un'anticipazione. Il giudice non si sottrae alle domande e soprattutto risponde senza filtri.

Quando il giornalista lo incalza sul livello di guardia della politica, parla esplicitamente di "politici collusi". .

Spiega Barillaro: "A parte alcuni interventi legislativi utili negli ultimi anni, per esempio i vari decreti sicurezza, purtroppo la politica in Italia, oggi, è qualcosa che, faticosamente si riesce a scindere dall'affarismo e dal qualunquismo di affermazioni retoriche, inutili. È la politica delle parole e non dei fatti. Quando va bene..."

Il discorso poi si sposta su Firenze. Chiede Canettieri: - perché i clan trovano terreno fertile nel capoluogo toscano? Semplice, perché ci sono i "piccioli" come si dice in Sicilia, e poi il territorio di origine è ormai ampiamente sfruttato e saturato. Impossibile rimanere in quelle zone. Il fenomeno è stato sottovalutato o meglio c'è stata una tardiva presa di coscienza da parte delle istituzioni? Forse una consapevolezza non proprio acquisita tempestivamente. Una difficoltà ad accettare l'evento: per la gente comune in Toscana la mafia è quella che si legge sui libri e si guarda nelle fictions. Oggi la mafia non è più solo Cosa Nostra ma è un'entità che parla diverse lingue e si muove a proprio agio in tutti i settori produttivi. Infine il magistrato parla dell'infiltrazione mafiosa nel tessuto economico toscano, la defisce "la droga dell'economia", che "crea dipendenza ed alla lunga uccide".

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