"Non raccontiamo fiabe, forse bastava il cognome Verdini per attestare una cosa negativa". Lo ha detto l'avvocato Ester Molinaro, uno dei difensori di Denis Verdini (a processo insieme ad altre 33 persone, 10 sono usciti con rito abbreviato o per prescrizione), respingendo con forza le accuse di truffa allo Stato (tramite la Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana), e quelle di bancarotta (legate al crac del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca da lui presieduta fino al 2010).
Molinaro, al cui fianco oltre all'avvocato Franco Coppi, che interverrà mercoledì, c'era lo stesso senatore di Ala, ha contestato punto per punto le accuse dei pm Luca Turco e Giuseppina Mione che il 12 gennaio scorso avevano chiesto 11 anni per Verdini e, tra gli altri, 6 anni per il deputato Massimo Parisi, anche lui stamani in aula. Sul tema del crac del Ccf (tra le accuse contestate a Verdini l'associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffa allo Stato per i fondi per l'editoria) l'avvocato ha contestato quanto fatto dai due commissari nominati da Banca Italia nel luglio 2010. "Prima del loro arrivo il patrimonio" del Ccf era nettamente superiore ai requisiti chiesti da Banca d'Italia, come attestato anche dalle precedenti ispezioni. "Uno di loro, Angelo Provasoli - ha detto l'avvocato - è quello che nel 2011 ha dato l'Oscar delle banche a Mps, poi abbiamo visto com'è finita".
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