“Ancora oggi Firenze si sente capitale.
Capitale culturale, morale, cuore della civiltà dei diritti di libertà, con la sua medaglia d’oro al valor militare per essersi liberata dal nazifascismo”. Lo ha detto ieri il Sindaco di Firenze Dario Nardella, concludendo il suo discorso durante la cerimonia della rievocazione del primo insediamento del Parlamento italiano a Firenze, il 18 novembre 1865, nell’ambito delle celebrazioni per il 150/o anniversario del capoluogo toscano quale Capitale d’Italia.
La cerimonia ha visto la solenne partecipazione del presidente della Repubblica (nella foto di repertorio: Nardella e il Presidente della Repubblica Mattarella in occasione della sua prima visita a Firenze). Presente anche il ministro per le riforme Maria Elena Boschi.
Prendendo la parola, Nardella ha ricordato i drammatici fatti di Parigi. “Voglio di nuovo esprimere a nome della comunità dei fiorentini il più profondo cordoglio e soprattutto la nostra grande amicizia– ha detto -. All’indomani di quei tragici eventi in una grande manifestazione spontanea alle porte del consolato abbiamo pianto insieme. Era come se anche Firenze fosse stata colpita”.
“Non posso non ricordare poi – ha continuato - come sempre in questo luogo solo 15 giorni fa 80 sindaci da 60 paesi, tra cui città-simbolo come Kobane, Diabarkyr, Herat, Mostar, sedevano uno di fianco all’altro per discutere di pace, di una pace possibile a partire dalle città, in continuità con quanto fatto dal mio grande predecessore Giorgio La Pira, che proprio sessant’anni fa riuniva sindaci da tutto il mondo per prevenire il pericolo della minaccia nucleare”.
“Credo – ha sottolineato il sindaco - che le celebrazioni e festeggiamenti che hanno accompagnato Firenze lungo tutto questo anno, a ricordare il 150° anniversario della proclamazione di capitale del Regno di Italia, siano stati occasione di riscoperta della nostra cultura e identità, del ruolo di città protagonista della storia e di incontro tra le culture”.
“Il 18 novembre del 1865 – ha ricordato Nardella - il Re Vittorio Emanuele II pronunciava il discorso di inaugurazione della IX Legislatura del Regno di Italia parlando ad una Nazione e ai suoi rappresentanti in un contesto difficile e ricco di stravolgimenti. Ricordare tale occasione è un momento fondamentale di memoria storica non solo per la nostra città, ma per tutto il paese, per riscoprire, anche grazie al glorioso passato, il valore delle istituzioni democratiche e il ruolo delle Assemblee rappresentative”.
“La città di Firenze – ha proseguito - visse un momento di profondo mutamento culturale, sociale ed urbanistico, accogliendo la classe dirigente piemontese e i parlamentari provenienti da tutta Italia e nel corso di questi 150 anni ha mantenuto tutto il suo valore di città avanguardia nel paese, soprattutto in un ambito fondamentale come quello della cultura.
“In questa giornata – ha concluso – vogliamo dire che le sfide di 150 anni fa non sono più difficili e avvincenti di quelle odierne; che il destino di un popolo e di una città ci è trasmesso dalle generazioni che hanno vissuto prima di noi, ma il cui cammino sta oggi a noi tracciare; per dire da Firenze, dove è custodita la magnificenza di opere artistiche e architettoniche che apparivano impossibili da realizzare agli occhi dei contemporanei, che nulla possiamo dare per scontato, nulla prescinde dalla nostra ferma e profonda volontà di cambiare e migliorare, per le future generazioni”.
Alla cerimonia hanno partecipato anche anche gli attori Stefano Accorsi e Laura Morante che hanno recitato alcune letture per ricreare l’atmosfera della prima seduta del Parlamento a Firenze. Accorsi ha letto il Discorso della Corona pronunciato da Vittorio Emanuele II all’apertura della legislatura, mentre Laura Morante l’indirizzo di risposta al discorso. L’allestimento è stato curato dal Teatro della Toscana. Le musiche sono state selezionate dalla Filarmonica Gioacchino Rossini. (edl)
Di seguito l’intervento integrale del sindaco Nardella
Illustre Presidente della Repubblica, Signora Ministro, autorità tutte, signore e signori, cari ragazzi,
ci troviamo qui oggi in occasione della commemorazione dell’insediamento a Firenze della Camera dei Deputati della IX Legislatura del Regno d’Italia.
Proprio il 18 novembre 1865 si teneva, precisamente in questo Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, la prima seduta della Camera dei Deputati nella sua nuova sede, a seguito del trasferimento della capitale da Torino, avvenuto il 3 febbraio, e delle successive elezioni politiche del 22 ottobre dello stesso anno.
Vorrei però iniziare questo saluto condividendo con tutti voi il sentimento di dolore per i tragici fatti di Parigi di venerdì scorso. Voglio di nuovo esprimere a nome della comunità dei fiorentini il più profondo cordoglio e soprattutto la nostra grande amicizia per le sorelle e i fratelli francesi. All’indomani di quei tragici eventi in una grande manifestazione spontanea alle porte del consolato abbiamo pianto insieme. Era come se anche Firenze fosse stata colpita. Ieri mattina ho discusso di questa tragedia e del terrorismo con gli studenti della scuola superiore Marco Polo, dell’età dei ragazzi e ragazze che sono qui nel salone oggi, i quali mi hanno detto con il coraggio nello sguardo: “Sindaco noi siamo preoccupati ma non abbiamo paura”. Preoccupazione, ma non paura, prudenza, ma non panico. E’ ciò che sembra suggerirci la storia di questa città, se pensiamo che in questo splendido Salone che ospitò il Parlamento Italiano è raffigurato il simbolo della tartaruga con la vela, associato al motto latino tanto caro a Cosimo I dei Medici, “Festìna lente”, Affrettati con giudizio. Per questo, caro Presidente, desidero ringraziarla per le espressioni di conforto, di incoraggiamento e di saggezza che rivolge in queste ore, accanto al nostro Governo e alle istituzioni nazionali, a tutti noi cittadini italiani stringendoci in un grande abbraccio simbolico per tenerci tutti saldi e uniti! Abbiamo bisogno di Lei!
Non posso non ricordare come sempre in questo luogo solo 15 giorni fa 80 sindaci da 60 paesi, tra cui città-simbolo come Kobane, Diabarkyr, Herat, Mostar, sedevano uno di fianco all’altro per discutere di pace, di una pace possibile a partire dalle città, in continuità con quanto fatto dal mio grande predecessore Giorgio La Pira, che proprio sessant’anni fa riuniva sindaci da tutto il mondo per prevenire il pericolo della minaccia nucleare, in un clima nel quale non mancavano coloro che inneggiavano ad una nuova imminente guerra nucleare. La Pira credeva fortemente nel valore del dialogo tra popoli diversi e religioni lontane per raggiungere la pace e nell’importanza che le città possono avere nel favorire questo lungo e difficile percorso. La sua eredità è ora consegnata nelle nostre mani, in un momento che non avremmo mai voluto vivere.
Per questo credo che le celebrazioni e festeggiamenti che hanno accompagnato Firenze lungo tutto questo anno, a ricordare il 150° anniversario della proclamazione di capitale del Regno di Italia, siano stati occasione di riscoperta della nostra cultura e identità, del ruolo – che oggi come allora è riconosciuto a Firenze – di città protagonista della storia e di incontro tra le culture.
Un anno in cui sono stati organizzati più di 80 eventi collegati a questa grande ricorrenza; un programma annuale di celebrazioni e festeggiamenti, iniziato nel febbraio scorso, per i quali voglio ringraziare il Presidente del comitato promotore di “Firenze capitale”. Il 14 maggio abbiamo vissuto l’importante occasione dell’anniversario della posa della statua di Dante Alighieri in Piazza Santa Croce, primo grande evento celebrativo di unità nazionale avvenuto a Firenze Capitale d’Italia. Il 14 maggio del 1865, nella ricorrenza del sesto centenario della nascita del Sommo Poeta, si inaugurava, infatti, la statua di Dante Alighieri in Piazza Santa Croce, che diventava il simbolo dell’Unità della Patria, richiamando a Firenze i gonfaloni di tantissime città italiane.
Fino ad arrivare ad oggi, ultima tappa, la più significativa.
Il 18 novembre del 1865 il Re Vittorio Emanuele II pronunciava il discorso di inaugurazione della IX Legislatura del Regno di Italia parlando ad una Nazione e ai suoi rappresentanti in un contesto difficile e ricco di stravolgimenti. Ricordare tale occasione è un momento fondamentale di memoria storica non solo per la nostra città, ma per tutto il paese, per riscoprire, anche grazie al glorioso passato, il valore delle istituzioni democratiche e il ruolo delle Assemblee rappresentative.
Proprio qui, dove oggi siamo seduti tutti noi, si ritrovavano tra i banchi della Camera dei Deputati e del Governo, i Padri della Patria che fecero l’Italia Unita, testimoni dei più alti valori del Risorgimento. Uomini come Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Francesco Crispi, Agostino Depretis, Bettino Ricasoli.
Il Parlamento fu chiamato durante i 5 anni di assemblea in Palazzo Vecchio ad importanti e gravosi compiti, come l’approvazione del Codice Civile del 1866, l’amministrazione della Terza Guerra di Indipendenza e della Presa di Roma, seguita poi dall’approvazione della legge delle Guarentigie, premessa necessaria per trasferire la Capitale a Roma.
La città di Firenze con questa occasione visse un momento di profondo mutamento culturale, sociale ed urbanistico, accogliendo la classe dirigente piemontese e i parlamentari provenienti da tutta Italia. E Firenze seppe assolvere a tale compito, come riconosciuto dalla stessa Camera dei Deputati che, prima del trasferimento a Roma, rendeva “solenne atto di gratitudine alla città di Firenze, sede temporanea del governo, per la liberalità e il patriottismo con cui compì l’alto ufficio e la proclama benemerita della Nazione”.
Firenze ha mantenuto vivo nel corso di questi 150 anni tutto il suo valore di città avanguardia nel paese, soprattutto in un ambito fondamentale come quello della cultura. Sempre più città che sa offrire a tutti il suo grande contribuito storico e culturale, con tanti appuntamenti che si rinnovano e nuovi spazi – come il museo dell’Opera del Duomo – che regalano possibilità di incontro ai fiorentini e ai tanti turisti in visita, o la mostra nella sede originaria del Salone dei ‘200 della più bella collezione di arazzi al mondo, promossa grazie alla volontà Sua e del Suo predecessore signor Presidente e già inaugurata a Palazzo del Quirinale all’inizio esatto del Suo settennato.
Ancora in questo anno la nostra città ha ottenuto l’importante riconoscimento di Teatro di interesse Nazionale del Teatro della Toscana, appena nato dalla fusione tra il Teatro della Pergola e il Teatro Era di Pontedera, ed è proprio grazie all’appassionata collaborazione degli artisti e dirigenti di questo teatro che ricorderemo Firenze Capitale nel nome della cultura e dell’arte.
Questo grande patrimonio artistico e culturale di Firenze è tale grazie a secoli di storia in cui si è formato e plasmato il nostro bagaglio antropologico e filosofico, basato su quell’umanesimo di origine cristiana, come ci ha ricordato Papa Francesco appena 8 giorni fa in visita in occasione del Convegno ecclesiale nazionale, nella quale, rivolgendosi a Firenze notava come la bellezza di questa città sia sempre stata finalizzata alla carità, mai alla sterile auto-contemplazione.
Per questo ancora oggi, Signor Presidente, Firenze si sente capitale. Capitale culturale, morale, cuore della civiltà dei diritti di libertà, con la sua medaglia d’oro al valor militare per essersi liberata dal nazifascismo.
Per la nostra storia, certo, come ricordava Giovanni Spadolini, il quale ha scritto che forse nessun’altra città, come Firenze, “ha incarnato nella sua storia tante e così diverse forme di reggimento politico”, dalla sovranità del vescovo al marchesato dell’impero, dalla democrazia dei Ciompi, alla signoria familiare, dalla repubblica teocratica all’assolutismo monarchico, allo stato illuministico e paternalistico. Ma anche per il nostro presente e per il futuro, perché sentirsi una capitale significa coltivare nel profondo gli ideali di una Nazione, incarnare la forza della tradizione di quel municipalismo ricco e innovatore, che ha reso e rende l’Italia unita e solidale, come Lei Presidente ha ricordato in chiusura della recente Assemblea annuale dei Comuni italiani.
Spero sia questo il senso che riusciremo a trasmettere in una giornata che vogliamo vivere, insieme, con tutte le generazioni della comunità fiorentina, raccolti intorno al nostro Presidente, per dire che le sfide di 150 anni fa non sono più difficili e avvincenti di quelle odierne; che il destino di un popolo e di una città ci è trasmesso dalle generazioni che hanno vissuto prima di noi, ma il cui cammino sta oggi a noi tracciare; per dire da Firenze, dove è custodita la magnificenza di opere artistiche e architettoniche che apparivano impossibili da realizzare agli occhi dei contemporanei, che nulla possiamo dare per scontato, nulla prescinde dalla nostra ferma e profonda volontà di cambiare e migliorare, per le future generazioni.
Grazie Presidente, grazie a tutti voi,
Viva l’Italia, Viva il Tricolore, Viva Firenze!
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