''Nelle distrazioni contestate a Denis Verdini emergono una serie di costanti, che connotano la serialità/ripetitività delle operazioni, che rendono del tutto improbabile ritenere che vi sia stata una mera negligenza nella concessione di fidi nell'ambito di singoli episodi: al contrario, ad emergere è una precisa volontà dell'imputato di tenere a galla il gruppo societario, in spregio ad ogni regola prudenziale''.
Lo scrivono i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 3 novembre hanno resa definitiva la condanna per l'ex senatore per la bancarotta dell'ex credito cooperativo fiorentino, confermando la condanna a più di sei anni inflitta in Appello.
''Un importante e significativo indice di fraudolenza si rinviene nella "superficialità" sistematica del Ccf in sede di istruttoria delle pratiche di fido - sottolineano i giudici - la banca affidava soggetti privi di merito creditizio e già notevolmente esposti con il sistema bancario, in assenza di garanzie, ovvero con garanzie irrilevanti, ma le delibere arrivavano a distanza di pochissimi giorni dalla richiesta, in assenza delle necessarie verifiche''
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