Giovedì 13 Luglio (ore 21) un importante evento speciale al Cinema Odeon di Firenze, che per celebrare il 60° anniversario della morte dello scrittore pratese Curzio Malaparte, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, presenta Il disprezzo (versione originale in francese con sottotitoli in italiano) di Jean-Luc Godard, in versione integrale restaurata. Tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, e girato in gran parte nella villa di Malaparte a Capri e interpretato da Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance e Fritz Lang (nel ruolo di se stesso), il film è considerato un capolavoro della Nouvelle vague.
La nuova edizione director’s cut che sarà proiettata all'Odeon è tutt'altro film rispetto alla famigerata versione italiana o 'versione Ponti', scivolata senza scrupoli dagli schermi anni Sessanta ai successivi passaggi televisivi. Storia paradossale, quella del Disprezzo, dove il presunto conflitto tra arte e industria varca le soglie del ridicolo. All'inizio c’è il produttore Carlo Ponti che tenta il colpo grosso, mettere insieme la ragazza più hot del momento, Brigitte Bardot, e il genio scontroso della Nouvelle vague, Jean-Luc Godard, sullo sfondo abbagliante e ultraglamour di Capri. Godard prende le distanze: “Il romanzo di Moravia è un grazioso e volgare romanzo da leggersi in treno”, ma sa in che direzione vuole andare: “Il soggetto sono persone che si guardano e si giudicano, per essere a loro volta guardate e giudicate dal cinema, rappresentato da Fritz Lang”.
Crisi d’una coppia (un regista e sua moglie) che si dissolve tra baci, schiaffi, ipocrisie e rancori, e insieme storia d’un film da farsi (un adattamento dell’Odissea) che naviga a vista tra purezza dell’intenzione artistica e ciniche ragioni del mercato. Quell’Odissea alla fine si farà, mentre l’odissea del Disprezzo è appena cominciata. Pur davanti a uno dei film più lisci e narrativi della Nouvelle vague, il produttore s’inquieta, rimonta, taglia venti minuti, appiattisce sull’italiano la babele dei dialoghi (nell’originale ciascuno parla la sua lingua), sostituisce la musica per archi di Georges Delerue con il jazz di Piero Piccioni, elimina di netto il finale e fa cadere sul pavimento della sala di montaggio il nudo della Bardot che lui stesso aveva richiesto. Naturalmente Godard disconobbe quel film. Questo film, invece, è una riflessione sul cinema e sull’amore asprigna e ironica, illuminata e luminosa, e “tutta incentrata sul rapporto classicità-modernità”.
"Il giorno che io mi sono messo a costruire una casa non credevo che avrei disegnato un ritratto di me stesso” - dichiarò Curzio Malaparte a proposito della villa in cui è ambientato il film. L'amore dello scrittore per l'isola di Capri iniziò nel 1936 quando, recatosi a far visita all'amico Axel Munthe, ne rimase entusiasta. Dopo l'acquisto del terreno su Punta Massullo, l'amicizia con Galeazzo Ciano, allora Ministro degli Esteri ed appassionato frequentatore di Capri insieme alla moglie Edda, gli consentì di ottenere i permessi per costruirvi la villa. La villa, battezzata dallo scrittore Casa come me, è costituita da un grande salone sulle cui pareti si aprono quattro grandi finestroni, costruiti in modo da offrire in ognuno un panorama diverso. Vi sono poi lo studio, la stanza da letto, un piccolo appartamento per gli ospiti, chiamato l'ospizio e la favorita, la camera da letto della compagna del momento. Mentre ricorda per la sua semplice struttura le abitazioni locali, possiede note chiaramente razionaliste come il tetto a terrazza con un paravento ondeggiante, certi segni della scuola di Le Corbusier. La sua forma di parallelepipedo rotto dalla gradinata, che sale ampliandosi sulla terrazza solare della copertura, ha una semplice armonia, che diviene parte delle strutture naturali della roccia e crea un eccezionale ambiente costruito.
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