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Saturday, 08 March 2014 - 19:11
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Continuano le testimonianze al processo

La nipote di Goffredi: "Al Forteto una donna che desiderava una famiglia era considerata una maiala"

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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Proseguono le testimonianze delle vittime delle violenze de Il Forteto, la comunità di recupero di Vicchio del Mugello alla quale il tribunale dei Minori di Firenze ha affidato per oltre trenta anni ragazzi provenienti da famiglie disagiate. Ieri è ha testimoniato la nipote di Luigi Goffredi, uno dei 23 imputati del processo e braccio destro del “Profeta” della comunità Rodolfo Fiesoli.

“Da bambina credevo, e lo credevano tutti, che Rodolfo Fiesoli, il 'profeta', avesse il potere di leggere nella mente degli altri, lo temevamo anche per questo al Forteto”, poi “entrata nell'adolescenza”, arrivarono dagli adulti del Forteto le pressioni sulla sua vita sessuale: “Rodolfo Fiesoli e altre donne mi dicevano che per avere rapporti più profondi con una mia coetanea bisognava coinvolgersi fisicamente come toccarsi il seno o le parti intime”. “Mi fu detto – in pratica - di diventare lesbica ma io risposi: fatelo voi. Ero una ragazzina”.

 

“Al Forteto - ha raccontato la teste, che ci ha vissuto per 30 anni ,fino al 2008 - non si dovevano avere rapporti tra uomo e donna, i due generi vivevano separati. C'erano regole non scritte, e le regole principalmente erano dettate da Fiesoli”. “Fiesoli - ha raccontato - anche quando ero bambina, diceva che lui leggeva negli occhi i nostri pensieri. Io sono stata spesso in punizione perché secondo lui avrei dovuto spiegare agli adulti le mie fantasie sessuali, anche se non le avevo”.

"Una volta – ha detto, raccontando riguardo le punizioni inflitte - stetti un pomeriggio seduta su una sedia in sala mensa, un'altra in piedi. Nessuno mi parlava per giorni. In un caso Fiesoli mi tolse gli occhiali perché non avessi distrazioni guardando gli altri".

Sugli abusi sessuali a minori ospiti della comunità, la testimone ha detto: "Sapevo di ragazzi che avevano avuto rapporti con Fiesoli”. La teste lavora ancora nella cooperativa Il Forteto e ha spiegato di essere fuggita dalla comunità perché voleva “vivere l'esperienza di avere un figlio e un compagno”, cosa vietata nella comunità: “Le donne che facevano questo - ha detto - erano considerate delle maiale”. “Mi sono innamorata, e con le regole della comunità era difficile fare entrare questa persona al Forteto. Allora sono andata via io”.

 

 

 

 

 

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