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Quasi due miliardi di vecchie lire utilizzati per acquistare due aziende agricole ubicate nel comune di Vicchio (Fi) e un immobile in via Carlo Rosselli a Firenze alle aste fallimentari. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che potrebbe trattarsi di denaro sporco riciclato attraverso il Tribunale di Firenze. Questa mattina il giudice per l'udienza preliminare Angelo Pezzuti ha rinviato a giudizio l'imputato Domenico De Sensi, imprenditore 49enne di origini calabresi, per le accuse di riciclaggio e reimpiego di profitti illeciti.
La vicenda giudiziaria inizia nel 2001 quando De Sensi acquista l'azienda agraria di Moriano di Sotto, 268 ettari a Vicchio di Mugello, per un miliardo e 252 milioni di lire. Il proprietario Francesco Tagliaferri ebbe subito il sospetto che l'acquisto fosse avvenuto con denaro illecito e si rivolse all'Autorità Giudiziaria. L'inchiesta, avviata dalla sua denuncia, fu trasmessa a Catanzaro arrivando sulla scrivania dell'allora pm Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli. Dopodiché venne rispedita a Firenze quando l'allora eurodeputo annunciò tra le polemiche l'addio alla magistratura.
Lo scorso marzo l'archiviazione sembra vicina, ma grazie alla tenacia di Tagliaferri e del suo avvocato Roberto d'Ippolito, il gip David Monti dispone l'imputazione coatta di Domenico De Sensi per i reati di riciclaggio e reimpiego.
La situazione si fa interessante, l'imprenditore di Lamezia Terme ha infatti un fratello impiegato all'Assesorato dell'Agricoltura della Regione Calabria, Giuseppe, condannato nel 2007 a Catanzaro per truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici. I finanziamenti destinati alla olivicultura, sono secondo l'accusa dirottari in Toscana per investimenti immobilari. Investimenti che fra il 99 e il 2002 puntualmente avvengono. I due fratelli, oltre all'azienda di Tagliaferri, ne acquistano un'altra sempre a Vicchio e un immobile dal valore di 290.000.000 di lire in via Carlo Rosselli a Firenze, per una spesa totale di quasi 2 miliardi di lire.
Ciò che appare strano anche un occhio non avvezzo alle cronache giudiziarie sono i redditi dichiarati in quegli anni da Domenico e Giuseppe. Circa 30.000.000 di lire ciascuno, mentre - siamo nel 2002 - sui loro conti bancari 'riposano' un milione e 312 mila euro, cioè più di due miliardi e mezzo di lire.
L'ultima puntata (si spera) di una vicenda giudiziaria davvero troppo lunga è prevista il 29 ottobre 2013 alla prossima udienza. Intanto l'avvocato di Tagliaferri, Roberto d'Ippolito, gongola. Raggiunto telefonicamente dal Sito di Firenze, dichiara: “Si tratta di un risultato di straordinaria importanza, che premia dieci anni di duro impegno della parte civile”
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