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Palazzo Vecchio

Mafia, Rapporto Fondazione Caponnetto: 117 clan operanti in Toscana, 64 in provincia di Firenze

Procuratore Quattrocchi: "Il 67% degli studenti fiorentini non conosce la Strage dei Georgofili"
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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Questa mattina, nel giorno del ventunesimo anniversario della strage di via D'Amelio, è stato presentato, nel Salone de' Dugento di Palazzo Vecchio, il Rapporto “Per una Toscana senza Mafie”, realizzato dalla Fondazione Antonino Caponnetto. Oltre al Presidente della Fondazione Salvatore Calleri e l'autore del documento Renato Scalia, erano presenti il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, l’assessore Sara Biagiotti, gli onorevoli David Ermini e Federico Gelli, la moglie di Antonino Caponnetto e il superstite dell’attentato di Capaci Angelo Corvo.

 

Durante la presentazione del Rapporto 2013 è intervenuto Giuseppe Quattrocchi che ha dichiarato: “Pensare che oggi, dopo 21 anni dalla Strage di via D'Amelio, e a 1200 km di distanza, si parli di questi argomenti mi commuove e mi onora di essere siciliano e fiorentino acquisito”. Poi, riferendosi agli studenti fiorentini, ha detto: “Quanto è mortificante che il 67% di essi non sanno cos’è la strage di via dei Georgofili. Quando andrò in pensione mi dedicherò a raccontare questi eventi nelle scuole”. Il procuratore di Firenze ha poi concluso: “Desta molta preoccupazione il fenomeno del cambio frenetico di titolarità delle attività commerciali, registrato negli ultimi tempi, causato dalla crisi economica e dalla grande disponibilità di liquidità da parte delle organizzazioni criminali”.

 

Il documento, prodotto dalla Fondazione che porta il nome del magistrato che guidò il Pool antimafia, offre un’analisi accurata e puntuale della penetrazione della criminalità organizzata in Toscana, regione da sempre considerata impermeabile alle infiltrazioni mafiose. Il Rapporto invita a non sottovalutare il fenomeno, sia pure in un territorio dove la mafia trova condizioni meno favorevoli per attecchire, come la mancanza di consenso sociale, il radicamento nella collettività locale di un senso di appartenenza allo Stato e alle istituzioni pubbliche e la presenza di una sana economia di mercato.

 

Quindi, nonostante questi importanti elementi di garanzia, sottolinea il Rapporto, non si deve abbassare la guardia né tanto meno cadere nei vecchi luoghi comuni secondo cui la mafia non esiste o, se esiste, è puramente un fenomeno criminale, oppure di mafia è meglio non parlare perché rovina la reputazione di un territorio. Spogliati dai luoghi comuni della coppola e della lupara, quello che appare è un'evoluzione, una metamorfosi mafiosa. "Una parte della famiglia, come succede nelle 'ndrine, continua a delinquere, l'altra parte la fanno studiare. Alcuni diventano magistrati, altri li fanno entrare nelle forze dell'ordine. Ultimamente sono stati arrestati carabinieri e poliziotti.", sostiene l'autore del Rapporto Renato Scalia.

 

Dopo i presupposti imprescindibili per una corretta valutazione del fenomeno, senza la quale non è possibile combatterlo, sono stati esposti i dati della presenza della criminalità organizzata in Toscana, che vanta radici lontane. Già a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, infatti, furono ben 282 i soggetti mandati in soggiorno obbligato in varie località toscane, di cui 53 nella sola Provincia di Firenze. Riguardo a quei tempi, si legge nel Rapporto, “intere famiglie e affiliati si trasferirono in una terra florida e in qualche modo vergine, potendo così riorganizzare attività criminali”.

 

Tornando ai giorni nostri, in Toscana non si sono ancora raggiunti i livelli di guardia di altre regioni del nord, come la Liguria, il Piemonte e la Lombardia, dove alcuni comuni sono stati commissariati per infiltrazioni mafiose. In ciò, si legge ancora nel documento, “ha giocato un ruolo rilevante il carattere dei toscani, più prudenti, diffidenti e introversi rispetto agli emiliani e ai romagnoli, ad esempio”. Nonostante questo, i numeri pubblicati sul Rapporto e la cronaca degli ultimi anni suggeriscono di tenere alta la soglia di attenzione. Il totale dei gruppi criminali mafiosi che sono stati coinvolti in fatti criminosi accaduti in Toscana sono 117, di cui 64 nella sola provincia di Firenze (22 clan della camorra, 24 cosche mafiose siciliane, 15 cosche della 'ndrangheta, 2 clan pugliesi e la banda della Magliana).

 

In Toscana, si legge ancora nel documento, “la criminalità organizzata ha sempre cercato di agire in modo sommerso, trafficando in droga e soprattutto usando la regione come rifugio per il riciclaggio del danaro sporco, senza però puntare al controllo del territorio”. La cronaca recente di Firenze parla di sequestri, come il Caffe' Bonetti in piazza de' Pitti, e di confische di societa' immobiliari, di pulizia, di servizi alle imprese e di gestione di locali notturni e di ristorazione, come i noti ristoranti "Sancho Panza" e "Don Chisciotte”. Sul versante del riciclaggio, secondo il Rapporto annuale 2011 stilato dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia e presentato nel 2012, si rileva che il numero di segnalazioni di operazioni sospette pervenute dagli intermediari finanziari è in costante aumento. La Toscana, con 3546 s.o.s. nel 2011 contro i 1702 del 2009, si attesta al sesto posto a livello nazionale, dopo Lombardia, Lazio, Campania, Emilia Romagna e Piemonte. "Uno dei settori più a rischio - sostiene l'autore del Rapporto Renato Scalia - è quello degli appalti pubblici, come dimostra la recente vicenda della ditta che ha eseguito i lavori della sala consiliare di Sesto Fiorentino, oggetto di indagini da parte della Prefettura di Napoli per presunti tentativi di infiltrazione di criminalità organizzata".

 

Un altro dei dati allarmanti, che emerge dal documento presentato questa mattina, riguarda la crescita esponenziale del fenomeno dell’usura, causato dalla crisi economica e dalla difficoltà ad avere credito. In Toscana i commercianti finiti nel vortice dei cosiddetti “cravattari” sarebbero 8mila, il 10,6% di quelli attivi. Il giro d’affari stimato sarebbe di 0.9 miliardi di euro. Confesercenti, che ha reso noti questi dati in un rapporto di recente pubblicazione, ha anche espresso una valutazione delle città toscane a rischio usura: rischio medio alto per Pistoia e Livorno, medio per Firenze, Prato, Arezzo e Pisa, medio-basso per Massa Carrara e basso per Grosseto e Siena.

 

Per quanto riguarda gli atti intimidatori insiti nella strategia mafiosa, vale la pena ricordare quelli recenti ai danni di ditte nel campo dei trasporti o dell’edilizia a Porcari, nei comprensori del Pratese, Calenzanese ed Empolese e quelli registrati sull’isola d’Elba.

 

Anche la presenza di organizzazioni criminali straniere è un dato di fatto. Si sono messi in evidenza sodalizi composti da cinesi, nigeriani, albanesi, rumeni, bulgari, magrebini e di altre etnie, dediti al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, all’usura, all’estorsione, alle truffe telematiche e ai reati predatori.

 

I dati che si rilevano sulle ecomafie destano altrettanta preoccupazione. Nelle statistiche delle Forze dell’Ordine, inserite nel Rapporto di Legambiente nel 2012, la Toscana è settima nella classifica sui fenomeni dell’illegalità ambientale, con 2187 infrazioni accertate, il 6,5 del dato nazionale.

 

    

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