Andrea Pecciarini, Tutor della Primavera del Milan, è intervenuto ai microfoni di Piazza Duomo, trasmissione in onda su Radio Toscana.
Queste le sue parole:
«Nel Milan c'è l'area socio-psicopedagorica dove le cose funzionano e c'è un bellissimo clima. Non mi piace il nome di "Mental Coach": la psicologia fa paura, mental coach sembra un po' ridicolo in Italia (in altri paesi il concetto è già conosciuto ed accettato), ho deciso poi per tutor, che è un concetto più delicato.
La parte fisica, quella tattica, quella tecnica, sono le tre gambe di un tavolo a quattro, dove la quarta è la psicologia, che però è la meno allenata: in Italia le squadre non hanno questa figura, anzi, solo alcuni giocatori si cercano un mental coach privatamente.
Non capisco come mai il concetto non sia ancora accettato, cosa impedisca agli allenatori di provare anche questa possibilità: tutti i giocatori sono "vittime" della loro psicologia, sentono le gambe rigide quando salgono le scale per il campo, hanno bisogno di sentire una certa musica, vedono il campo grande o il campo piccolo, hanno bisogno degli insulti per gasarsi.
In parte gli allenatori hanno ragione, perché vogliono "dominare" la situazione: chi fa il mio lavoro deve essere in staff con l'allenatore, al suo fianco, senza imporsi; si è a sostegno, anche solo dal punto di vista dell'efficacia della comunicazione: usare le parole nella maniera giusta, anche nella riunione tattica, può essere fondamentale. Chi parla in un certo modo, seguendo certe tecniche, riesce ad attirare l'attenzione su di sé aumentando la propria efficacia comunicativa.
Ho un'ottima comunicazione con Dolcetti, con cui all'inizio settimana stabiliamo gli obiettivi generici a livello di gruppo, e degli obiettivi specifici sul singolo giocatore. C'è chi è più disponibile, chi è più timido, perché lavoro con ragazzi molto giovani. Ho un ottimo rapporto anche con Ganz, figlio di Maurizio, che nelle ultime due partite ha fatto cinque gol.
Chiunque faccia il mio mestiere non so cosa darebbe per avere fra le mani Balotelli!
Il "caso" Viviano? Ogni persona ha una realtà interiore soggettiva, quindi, ovviamente, dovrei conoscerlo per cercare di capire. Credo che lui sia un grande portiere ed un super tifoso viola: ha coronato il suo sogno e da tale sogno è condizionato, siamo tutti condizionati da qualcosa.
Dovremmo capire come lui si immagina la realtà, il suo dialogo interno, l'innergame, la partita che lui si fa dentro; guardando il primo gol della Roma, credo che individuare la traiettoria della palla fosse veramente difficile: se il suo dialogo interiore è stato di colpevolizzazione, si capisce che questo gli comporti un blocco anche fisico. Non tutti reagiscono allo stesso modo: ciò che ti mette veramente nei guai non è ciò che non sai, ma ciò che credi sia vero. Se lui ha cominciato, da lì, a riflettere sul proprio errore, quando invece magari è stata solo sfortuna, si è tagliato le gambe da solo. E' un problema di lettura della realtà: di fronte alla realtà alcuni reagiscono in meglio, altri in peggio, è una questione di esperienza, di carattere, di psicologia.
Il portiere perfetto? Forse Buffon. Ma per sapere come fanno i migliori dovremmo conoscere il loro pensiero interiore. Certamente il ruolo del portiere necessita di un maggiore autocontrollo.
Le scuse di Viviano? Potrebbero essere uno sfogo che a lui serve a ricalibrarsi; ho sentito le sue parole da un altro punto di vista e ho pensato "cavolo che personalità" a presentarsi a prendere le colpe: mi sembra che volesse prendersi le responsabilità dell'accaduto ma in senso positivo».
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