Sì alle mascherine filtranti non certificate, ma non per il personale sanitario. Lo ha chiarito il Ministero della Sanità decretando che queste “non si configurano” né come Dispositivi medici né come Dispositivi di Protezione Individuale” e “non possono essere utilizzate durante il servizio dagli operatori sanitari né dagli altri lavoratori per i quali è prescritto l'uso di specifici dispositivi di sicurezza”. Il chiarimento arriva a seguito del D.L. 18 dello scorso 17 marzo, nel quale si dava il via libera, visto il periodo di emergenza e la scarsità di materiale, alla produzione, importazione e commercializzazione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale, derogando sugli usuali passaggi autorizzativi e certificativi.
Un chiarimento accolto con favore dall’Ordine delle Professioni infermieristiche interprovinciale Firenze Pistoia, come spiega Mariaflora Succu, referente dell'Area Giuridica: «Accogliamo favorevolmente il chiarimento del Ministero della Salute a firma del Direttore Generale Iachino. Il Ministero, in merito alla deroga riguardo i passaggi autorizzativi e certificativi per l'immissione in commercio di mascherine chirurgiche, ha decretato che tali mascherine, che non possono essere definite né dispositivi medici né dispositivi di protezione individuale, “non possono essere utilizzate durante il servizio dagli operatori sanitari né dagli altri lavoratori per i quali è prescritto l'uso di specifici dispositivi di sicurezza”».
No a soluzioni che non diano garanzie di tutela. «Il Ministero aggiunge che anche negli altri contesti è assolutamente necessaria la garanzia che le mascherine “non arrechino danni o determinino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori” – aggiunge Succu -. Pur nella piena consapevolezza del momento emergenziale, l’Ordine stigmatizza soluzioni che non diano le garanzie necessarie sulla tutela della salute degli operatori sanitari in generale e degli infermieri in particolare. In questo momento abbiamo bisogno di risposte chiare e di qualche sicurezza: sul tema mascherine e Dpi non ci sono né sicurezze né chiarezza. È evidente che le risorse sono scarse e contingentate – chiarisce -. Chiediamo quindi una regia unica, autorevole, che sia in grado, dati alla mano, di dare indicazioni precise per ogni setting lavorativo sul livello di protezione da assicurare. Non è possibile né accettabile il ricorso a dispositivi non testati. Tanto meno la distribuzione “a pioggia” di dispositivi certificati che non tenga conto dell’effettivo diverso rischio dei molteplici contesti lavorativi».
Ma c’è ancora un punto da chiarire. «Dall’analisi dei documenti emanati dagli organi competenti, anche scientifici, si evince che gli operatori sanitari possono non utilizzare Dpi se non erogano assistenza diretta a pazienti Covid-19 o con sintomi respiratori di qualsiasi altra natura (anche non nota). Indipendentemente dal mantenimento o meno della distanza di sicurezza – aggiunge Succu -. Questo è in contraddizione con quanto disposto, in modo impreciso e fuorviante, nell’art. 16 del D.L. 18 del 17/03/2020: “per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati Dispositivi di Protezione Individuale [...], le mascherine chirurgiche reperibili in commercio”. Chiediamo che il Ministero della Salute si esprima anche su questo tema e lo armonizzi con le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e con l’evidente mancanza in commercio di tali presidi».
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