La morte di Riccardo Magherini è una ferita aperta per Firenze e per i fiorentini. Le urla di un uomo che chiede aiuto mentre viene arrestato dai carabinieri, e che morirà sull'asfalto di Borgo San Frediano, risuonano nelle teste di molti.
Era la notte tra il 2 ed il 3 marzo del 2014. Da quel giorno è iniziato un cammino difficile alla ricerca di verità e giustizia. E domani, lunedì 15 maggio ore 9.30, davanti alla terza sezione, presieduta dal giudice Maria Luisa Romagnoli, si aprirà il processo d'appello per la morte dell'ex promessa della Fiorentina.
Dieci mesi dopo la sentenza di primo grado, che ha visto la condanna per cooperazione nell' omicidio colposo a 7 e 8 mesi di tre dei quattro militari imputati, si torna in aula per parlare di quello che è successo quella notte in Borgo San Frediano.
Si partirà da una decisione che ha fatto discutere sia per le pene esigue, contestate anche dal pm, sia per le motivazioni che hanno tratteggiato chiare accuse al legale della famiglia Magherini, l'avvocato Fabio Anselmo, reo, a detta del giudice Bilosi, di aver creato "false illusioni" sull'esito di un processo che, a detta sempre del giudice, è stato influenzato dai media.
Per il giudice Bilosi, i calci riferiti dai testimoni su Magherini a terra, prono e ammanettato, sarebbero stati “funzionali” all'arresto dell'uomo, per cui nessuna violenza sarebbe stata compiuta sul 40enne.
La difesa della famiglia Magherini, rappresentata da Anselmo con gli avvocati Alessandra Pisa e Mattia Alfano, al contrario cercherà di dimostrare come i testimoni più attendibili e vicini alla scena fossero quelli che non sono stati considerati dal giudice nella sentenza. Al contrario di quelli che hanno riferito gli scenari su cui si è basata la sentenza di primo grado.
Ci sarà modo per tornare a parlare delle lesioni sul corpo dell'uomo, che testimoni riconducono all'azione dei carabinieri, e del "complesso meccanismo tossico, disfunzionale cardiaco e asfittico” che ha portato alla morte di Riccardo Magherini. Un punto sul quale, durante il processo di primo grado, hanno dibattuto a lungo anche i periti di parte, con conclusioni diverse tra loro.
L'accusa sarà rappresentata dal sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini, pm nel processo di primo grado e nel frattempo trasferito in corte d'appello, che ha presentato ricorso contro la sentenza del giudice Bilosi, così come da parte loro i legali dei carabinieri. Bocciolini, nel suo ricorso, chiede di confermare le condanne ed aumentare le pene ai militari, ma di giudicare colpevoli anche i volontari della Croce Rossa Italiana assolti nel primo processo.
Torneranno, quindi, sul banco degli imputati i quattro carabinieri intervenuti quella notte in San Frediano, il maresciallo Stefano Castellano (7 mesi), difeso dall'avvocato Ragusa, e gli appuntati Vincenzo Corni (8 mesi), Agostino Della Porta (7 mesi), Davide Ascenzi (assolto) difesi da Francesco Maresca.
Insieme agli uomini dell'Arma, saranno a processo anche due volontarie della Croce Rossa Italiana, Janeta Mitrea, difesa dall'avvocato Carlo Macari, e Claudia Matta, difesa dall'avvocato Massimiliano Manzo. Entrambe le donne sono state assolte in primo grado per non aver commesso il fatto. In particolare, per la volontaria Matta il pm aveva richiesto la stessa condanna chiesta per i carabinieri.
Inizia una nuova fase di giustizia, dove lo Stato può cercare di ritrovare quella credibilità persa durante il processo di primo grado.
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