In Toscana i 9.208 attuali ospiti dei Cas sono distribuiti in 231 Comuni - sui 274 di tutta la regione - e vivono in 828 strutture. Una media di 11 persone a struttura. Altri 1850 sono nei centri Sprar, presenti in 29 Comuni. Grazie a questo modello negli ultimi tre anni è stato possibile garantire una prospettiva di inclusione e preservare la coesione delle comunità locali. La permanenza nei centri si è accompagnata infatti a progetti di integrazione sociale, sperimentazione di attività volontarie, formazione e integrazione lavorativa, diventate buoni prassi raccolte in un libro bianco. "Il decreto immigrazione del ministro Salvini – spiegano l'assessore della Toscana Vittorio Bugli e la collega del Comune di Firenze e responsabile Anci Toscana Sara Funaro – fa piazza pulita e prevede che i Cas non potranno più erogare né corsi di lingua né progetti finalizzati all'integrazione e formazione". Spetterà alle strutture di secondo livello, agli Sprar cioè. "Ma se i tempi di permanenza all'interno dei centri non saranno drasticamente ridotti - proseguono - accelerando l'esame delle richieste di asilo e protezione (e dei ricorsi anche) da parte delle commissioni, è evidente che ci saranno migliaia di persone completamente inattive, per mesi se non per anni, senza alcun incentivo o percorso per integrarsi nella comunità locale, con rischi significativi per la sicurezza e la coesione sociale".
Di più. Saranno esclusi dai futuri percorsi anche coloro che oggi negli Sprar hanno la protezione per motivi umanitari, in tutto il sessanta per cento degli ospiti. Gli altri rischiano di rimanere a carico dei servizi territoriali. Al massimo due su cinque potranno accedere a progetti di inclusione e all'emancipazione dal sistema di accoglienza. Solo chi è già titolare di protezione internazionale o un minore non accompagnato rimarrà negli Sprar.
Senza più protezione umanitaria
Sulla protezione umanitaria il decreto sull'immigrazione di Salvini dice che il permesso non potrà più essere concesso dalle questure e dalle commissioni territoriali, né dai tribunali in seguito a un ricorso per un diniego. Viene sostituito con un permesso per alcuni "casi speciali": per vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un paese che si trova in una situazione di "contingente ed eccezionale calamità". È previsto anche un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per "atti di particolare valore civile". Ma alla fine si stima che solo il 15 per cento dei permessi per protezione umanitaria potranno essere recuperati. "La protezione umanitaria è riconosciuta costituzionalmente – ricorda Bugli – e fino ad ora è servit a per ‘premiare' chi voleva seguire percorsi di integrazione'.
In quasi seimila rischiano di rimanere fuori
Il 90 per cento degli ospiti dei Cas toscani sono richiedenti asilo, il 10 per cento già titolari di protezione. Basta incrociare questi dati con gli esiti delle richieste di protezione forniti dalla Commissioni territoriali e pubblicati dal Ministero dell'Interno per avere una stima di quello che potrebbe succedere. Il risultato è che più di cinquemila persone in tre anni rischiano il diniego, compresi i 1300 che attualmente hanno un permesso riconosciuto per protezione umanitaria rilasciato tra il 2016 e il 2017 ma che non potranno vederselo rinnovare. Persone che saranno espulse dal sistema di accoglienza e non potranno né lavorare né risiedere né accedere ai servizi in modo regolare.
Rimpatri complicati e rischio clandestinità
Per chi si troverà nella condizione di ‘irregolare' si prospetta il rimpatrio, che prevede però procedure di identificazione certe e garantite ed è condizionato ad accordi di riammissione con i paesi di origine, da fare, tant'è che nel 2017 sono stati rimpatriati solo l'1,3 per cento degli stranieri irregolari. Quest'anno si stanno rimpatriando quattrocento persone al mese in tutta Italia.
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