La scorsa settimana abbiamo pubblicato la storia di Mohamed (clicca e leggi), un detenuto nel carcere di Sollicciano, che secondo la procura di Firenze ed il gip del Tribunale fiorentino, Federico Zampaoli, è stato vittima di torture e crudeltà da parte di dieci agenti di polizia penitenziaria. Picchiato selvaggiamente, denudato e deriso e poi lasciato, ferito, nella sua urina, con due costole rotte.
GLI ARRESTATI - E' l'agghiacciante racconto emerso dalle carte dell'inchiesta della pm Christine Von Borries che ha visto l'arresto (ai domiciliari) dell'ispettrice Elena Viligiardi, 41enne fiorentina, con gli agenti Luciano Sarno, 56enne di Caserta, e Patrizio Ponzo, 33enne di Palestrina.
Insieme ai tre, sono indagati per il reato di tortura anche gli agenti Massimiliano Bove, 49enne di Empoli, Francesco Sbordone, 32enne di Caserta, Caterina Raunich, 41enne di Montelupo Fiorentino, Michele Varone, 30enne di Caserta, Marco Mescolini, 39enne di Orvieto, Piercarlo Minotti, 48enne di Roma, e Luigi Di Martino, 33enne di Scafati.
Tutti in servizio al reparto penale della casa circondariale di Sollicciano. Per loro è stata disposta l'interdizione per un anno dalla professione e l'obbligo di dimora nel comune di residenza. Per tutti gli indagati il Dap, dipartimento amministrazione penitenziaria, ha disposto la sospensione dal servizio.
Cinque di loro (Viligiardi, Varone, Sarno, Minotti e Ponzo) dovranno rispondere anche del reato di falso ideologico.
LA STORIA DI GIORGIO - Nell'ordinanza di arresto, oltre alla vicenda di Mohamed, emerge anche la storia di Giorgio, detenuto tossicodipendente che sta scontando una pena definitiva.
Secondo il giudice che ha firmato l'ordine di arresto per gli agenti di polizia penitenziaria, anche lui è stato vittima di torture e crudeltà da parte di alcuni indagati. I fatti risalirebbero al 12 maggio 2018. Due anni prima dell'aggressione a Mohamed.
Una vicenda che secondo il gip vede implicati, oltre gli indagati, “4 agenti rimasti ignoti, appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Firenze Sollicciano”.
IL PESTAGGIO - Un pestaggio iniziato, descrive il giudice nell'ordinanza di arresto, con l'accompagnamento del detenuto “nell’ufficio del capo posto” dopo le lamentele per non aver usufruito integralmente dell'ora d'aria. Nell'ufficio si trovava l'ispettrice coordinatrice del reparto penale. Anche a lei Giorgio lamenta la mancata possibilità di svolgere tutta l'ora d'aria. A quanto pare quella richiesta non andava fatta, perchè le conseguenze saranno quelle della perforazione di un timpano.
L'ispettrice, quindi, interrompe l'uomo nella sua richiesta e, descrive letteralmente il giudice, un agente “urlava contro di lui intimandogli di dire la verità all’ispettrice”. A quel punto l’ispettrice, “quale istigatrice – prosegue il giudice - faceva un cenno di assenso agli agenti posti alle spalle e vicino al detenuto Giorgio, dato che oltre all’agente che lo ha portato erano presenti nella stanza altri due agenti indagatio e almeno altri due o tre agenti rimasti ignoti”.
Quindi almeno sei agenti di polizia penitenziaria contro un uomo detenuto che avanzava una, delle pochissime, richieste consentitegli. Una stanza chiusa.
Un agente, “prendeva Giorgio con un braccio da dietro il collo – prosegue la descrizione del pestaggio - e lo stringeva così forte da impedire a quest’ultimo di muoversi, respirare e parlare” e nel frattempo “gli altri agenti prendevano per.entrambi i polsi e le gambe dell'uomo” e a quel punto uno degli agenti “gli sferrava un pugno colpendolo con forza tra la tempia e la mascella sinistra; subito dopo i tre agenti identificati quali autori del pestaggio e gli altri agenti tenendo per le braccia e le gambe Giorgio, lo trascinavano fuori dall’ufficio del capoposto e lo portavano dentro all’ufficio denominato “dell’Ispettore” ove uno degli agenti, mentre gli altri lo tenevano sempre per le braccia, afferrava nuovamente il detenuto per il collo con il braccio e lo colpiva con la mano rimasta libera almeno due volte con due pugni tra la tempia e la mascella sinistra, mentre l'ispettrice osservava, sorridendo, tutta la scena dalla scrivania presente nell’ufficio del capoposto“.
LA SECONDA AGGRESSIONE - A quel punto, per volere di uno degli di assistenti di polizia penitenziaria indagati, Giorgio veniva lasciato andare. Un gesto di pietà. No. Perchè proprio quell'agente che aveva detto agli altri di lasciare andare l'uomo, “gli tirava vari ceffoni al volto fino a che l'uomo cadeva a terra per la violenza dei colpi ricevuti”.
Non è finita qui. Lo stesso agente, scrive il giudice, “saliva con il ginocchio sopra alla sua schiena impedendogli di muoversi e continuando a colpirlo tutti con pugni e schiaffi al volto e alla testa, tenendogli la testa sollevata dal suolo con una mano posta sulla fronte muovendogliela a destra e sinistra, mentre ad un certo punto due agenti uscivano e gli altri gli tenevano le braccia alla schiena immobilizzandolo”.
Un'azione violenta durata ben cinque minuti. Poi Giorgio è stato portato in cella di isolamento. La ricostruzione di questo episodio, come descrive il gip, compare in un altro procedimento in cui tre degli indagati in questo procedimento sono stati rinviati a giudizio per abuso d'ufficio sempre nei confronti dello stesso detenuto.
LA VERSIONE DEGLI AGENTI - Al contrario, come nel caso di Mohamed, all'epoca dei fatti gli agenti di polizia penitenziaria avevano stilato un verbale molto differente dal racconto di Giorgio.
Infatti secondo la verbalizzazione degli indagati “il detenuto avrebbe anche spintonato un agente non riconoscendogli l’autorità necessaria ad impedirgli la fruizione dei passeggi (“all'improvviso iniziava a gridare contro l’Ag. Sc. P. e si avvicinava allo stesso con fare minaccioso, spintonandolo violentemente”), quindi veniva accompagnato presso l’ufficio dell’Ispettore , dove lo stesso detenuto sarebbe giunto in forte stato di agitazione e avrebbe reiterato la violenza nei confronti del Ponzo e colpito con la tastiera di un computer l'Assistente di Polizia Penitenziaria M. (“In modo repentino afferrava la tastiera che era posata sulla scrivania e cercava di colpire l’Ag. Sc. P., il quale riusciva fortunatamente ad evitare il colpo che invece finiva per attingere l’Ass. C.C. M. che nel tentativo di schivarlo, cadeva procurandosi un trauma alla mano ed alla spalla, destra”).
Proseguendo sempre secondo “il detenuto si divincolava e colpiva con calci e testate a causa della veemenza della sua opposizione al contenimento, al che “Ad un certo punto il detenuto perdeva l'equilibrio e cadendo con il volto a terra si trascinava dietro i colleghi intervenuti che gli finivano addosso investendo anche una sedia presente nell'ufficio che rimaneva danneggiata”.
Dagli atti emerge poi che Giorgio è stato visitato il giorno dopo dal medico di turno del carcere e trasferito al pronto soccorso per una visita in ospedale, “da cui ha fatto rientro con una prognosi di 10 giorni e con la seguente diagnosi : “ematoma della guancia sx e perforazione del timpano sx da aggressione con pugno al volto”.
Lo stesso giorno, appena rientrato dall'ospedale rilasciava le seguenti dichiarazioni. “Ho chiesto di parlare con un sottufficiale, sono stato condotto in ufficio dove sono stato aggredito da un gruppo di agenti, circa otto persone.... preciso che l'aggressione subita in ufficio è stata avallata dall'’Ispettrice presente in reparto ...”.
L'INCHIESTA - Come detto, i fatti risalgono al maggio del 2018. Nel settembre dello scorso anno la pm Christine Von Borries titolare di questo procedimento, “alla luce delle analogie che presentava quello che è accaduto a Giorgio rispetto a quanto subito da Mohamed”, sentiva personalmente Giorgio, che nel frattempo era stato trasferito in un altro carcere.
Un racconto fatto di ulteriori particolari sul pestaggio, e che ha visto poi il magistrato chiedere supporto ad una consulenza medica che ha confermato come le lesioni di Giorgio fossero “con maggiore probabilità compatibili con un’azione diretta e violenta posta in essere contro di lui e dallo stesso descritta oppure piuttosto che con una mera azione di contenimento”.
“Cruciale – scrive il giudice - per il giudizio di gravità indiziaria risulta la credibilità e attendibilità del narrato” di Giorgio.
PAURA DI RACCONTARE - Un racconto avvenuto ad anni di distanza che, spiega il giudice, “è spiegato dalla paura dello stesso detenuto di parlare più ampiamente di quanto gli era successo in quanto spaventato dal fatto di trovarsi nella casa circondariale sottoposto all'autorità delle persone che l’avevano posta in essere”.
LIBERO DI PARLARE - Così due anni dopo, davanti alla pm Von Borries, Giorgio si sente libero di parlare. Un lungo, a tratti crudo, interrogatorio in cui, come detto, racconta dettagli minuziosi del suo pestaggio, gli stessi riportati, dal giudice delle indagini preliminari, nell'ordinanza di arresto e di misure cautelari nei confronti degli agenti. Dopo aver descritto le violenze, Giorgio racconta al magistrato cosa succede dopo il pestaggio. Viene messo in una cella liscia, di quelle che hanno solo una branda.
LA VISITA MEDICA - Un primo medico di turno al carcere lo visita, ma secondo il racconto del detenuto, che racconta che era “dolorante, gonfio” e che aveva anche avuto “un sanguinamento dal naso e dall’orecchio sinistro”, il medico non lo visita. “Il medico non mi ha fatto una visita fisica nel senso che non mi ha fatto spogliare e non mi ha toccato in nessuna parte del corpo. Ha ascoltato il mio racconto e mi ha chiesto se avevo bisogno di un antidolorifico, io ho risposto di si e mi ha dato delle pastiglie che mio ho preso”.
IN OSPEDALE - L'uomo, però, il giorno dopo accuserà dolori ancora più violenti e, così, dopo una ulteriore visita con un altro medico di turno al carcere, Giorgio viene trasferito al Pronto soccorso dove gli riscontrano, appunto, “un'ematoma della guancia sx e perforazione del timpano sx da aggressione con pugno al volto”.
“CREDIBILE E ATTENDIBILE” - Una violenza pura e crudele. Come nel caso di Mohamed. E anche in questa vicenda secondo il giudice, il racconto del detenuto “risulta credibile ed attendibile, poiché coerente, dettagliato, privo di contraddizioni”.
Anche in questo caso il giudice rileva che “la crudeltà dell'aggressione emerge dalle modalità in cui il detenuto veniva bloccato e portato in una stanza di peso”. Inoltre, “la crudeltà dell'azione ai danni del detenuto” è rilevata anche nella circostanza della risata dell'ispettrice alla vista del pestaggio in corso. Oltretutto, avvalorato, anche in questo caso, da numerose circostanze. Tutte elencate nel dispositivo di arresto.
Quelle di Giorgio e Mohamed sono soltanto due vicende 'uscite' dal carcere. Un'inchiesta, quella della Procura di Firenze, che ha dimostrato la gravità dei fatti, peraltro confermati in molte intercettazioni ambientali proprio dagli stessi indagati.
Molte volte capita di scrivere di agenti di polizia penitenziaria aggrediti da detenuti in preda a chissà quale attacco di violenza. Certamente è avvenuto. Certamente ci sono agenti che svolgono il loro dovere con onestà, professionalità e dedizione, mettendo a rischio la propria incolumità ogni giorno, ma leggendo gli atti di questa inchiesta emerge quella crudeltà umana che non è spiegabile.
Emerge soltanto quel concetto di potere che rende l'uomo capace di dimostrare una cattiveria innata.
E allora, forse, da oggi, quando leggeremo quelle notizie ci domanderemo, cosa è successo davvero? Perchè certe frasi lette in queste righe, lasciano il dubbio concreto che quelle di Giorgio e Mohamed siano soltanto due delle tante storie di nera nel carcere di Sollicciano.
di Matteo Calì
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