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sabato, 27 ottobre 2012 - 06:54
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L'intervento

Corruzione, l'Italia al 4° ultimo posto in Europa

"Se si percepisce di essere in un paese corrotto, come minimo ci si adagia"
Immagine articolo - Il sito d'Italia

Riproponiamo un interessante intervento dell'avvocato Roberto d'Ippolito sulla corruzione, apparso sul Corriere Fiorentino del 24/10/2012. 

 

 

Caro Direttore, dopotutto, dobbiamo provare tutti ad essere un po’ Giorgio Ambrosoli, intransigenti e leali verso il nostro paese, perché senza responsabilità personale non si va da nessuna parte e senza un supplemento di coscienza critica non ce la possiamo fare a risalire la classifica: attualmente, in Europa, siamo al 4° ultimo posto, seguiti da Romania, Grecia e Bulgaria. Come è stato osservato da più parti, infatti, la percezione della corruzione determina il comportamento dei cittadini. Se si percepisce di essere in un paese corrotto, come minimo ci si adagia.
 
 
L'Unione Europea con il programma di Stoccolma si propone di garantire uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia ai cittadini europei, tutto questo, però, passa per la lotta alla corruzione, soprattutto nelle Istituzioni. Infatti, il 78% dei cittadini dell'Unione percepisce la corruzione come il problema più grave che attanaglia la vita pubblica, mentre in Italia il numero sale addirittura all'83%. Il dato è sì allarmante, ma anche confortante, in quanto ci fa comprendere che la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica è consapevole di quale sia il problema all’ordine del giorno.
 
 
Questa consapevolezza, che si fa indignazione, tuttavia, deve tradursi in una serie di atti concreti che la stessa Unione Europea ci raccomanda vivamente, ma che non può essere, come giustamente osserva il Dr. Giuseppe Bianco, la legge anticorruzione attualmente in discussione in Parlamento.
 
 
In primo luogo non c’è lotta alla corruzione che tenga se non si pone mano alla legge elettorale, affinché sia ripristinato il principio della rappresentanza politica e della responsabilità della classe politica davanti agli elettori, siano ridotti i costi degli apparati e recisi i legami con la criminalità.
 
 
E’ indispensabile, poi, porre mano ad una disciplina di repressione del riciclaggio e dei reati societari, soprattutto con l’indispensabile contributo del sistema bancario, che assicuri la trasparenza e la tracciabilità degli investimenti. Non dimentichiamo, ad esempio, che la Toscana è collocata in un circuito di relazioni internazionale e, quindi, esposta alle infiltrazioni di capitali sporchi: varie inchieste della magistratura ce lo segnalano.
 
 
Si devono ripensare, inoltre, le autorità indipendenti (i vari Garanti), finora preda - come osserva acutamente Guido Rossi - di un sistema di conflitto di interessi dei vari gruppi di potere, dotandoli di mezzi e poteri effettivi di controllo. Una società aperta qual è la nostra richiede anticorpi diffusi e
tecnicamente dotati.
 
 
Infine, credo che sia necessario approntare un sistema di effettivi controlli preventivi sia amministrativi che contabili, in ambito locale e nazionale, perché quando arriva il giudice penale il disastro è già consumato. E proprio a questo proposito ritengo sia giunto il momento di farsi promotori, senza indugio, di un decalogo di riforme organiche che introducano nell’ apparato pubblico quei rimedi che ne impediscano a monte la degenerazione: una iniziativa necessaria ed urgente senza la quale la legge anticorruzione, già incerta nella sua efficacia, non riuscirà a produrre nessun risultato significativo. In questo senso mi permetto di appellarmi alle migliori coscienze critiche di Firenze.
 
 
Pericle ha detto: “…Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla...". Ce n’è per tutti, dunque, se sapremo giudicarla.
 

Roberto d’Ippolito

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