Era il 21 agosto del 1968, quando a Signa, in provincia di Firenze, la pistola Beretta calibro 22, l'arma usata da colui che sarebbe divenuto il mostro di Firenze, il serial killer delle coppiette, sparò per la prima volta i proiettili 'Winchester' serie 'H' che colpirono e uccisero Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco, mentre erano appartati in auto.
Per quel duplice omicidio, non da tutti gli inquirenti sempre collegato al maniaco, Stefano Mele, marito di Barbara Locci, scontò 13 anni di carcere. In un primo momento lui stesso confessò di aver sparato ma nel 1982, quando la pistola fu collegata agli omicidi del mostro, Mele diventò il principale accusatore del killer delle coppiette.
In 17 anni, nelle colline intorno a Firenze, quella pistola uccise sedici giovani, otto coppie sorprese in momenti d'intimità. Le indagini sui duplici omicidi, pur contraddistinte da moltissimi errori, come spesso ribadito anche nelle aule dei tribunali, non si sono mai fermate. Pietro Pacciani, il contadino di Mercatale, fu condannato in primo grado a quattordici ergastoli, ma fu poi assolto in appello e morì prima del nuovo processo, ordinato dalla Corte di Cassazione che annullò l'assoluzione.
I suoi amici, i "compagni di merende" Mario Vanni e Giancarlo Lotti, vennero condannati per alcuni degli otto duplici omicidi. L'ultima delle inchieste sul mostro, aperta dalla procura di Firenze poco piu' di un anno fa, ha visto indagate due persone.
Uno è Giampiero Vigilanti, 86 anni, ex legionario, oggi residente a Prato ma originario di Vicchio del Mugello (Firenze), già perquisito nel 1985 e poi nel 1994. La seconda volta gli trovarono alcuni proiettili 'Winchester' serie 'H'. Vigilanti conosceva Pacciani. Il secondo è Francesco Caccamo, 87 anni, ex medico personale di Vigilanti, proprio da lui chiamato in causa nel corso delle indagini. 50 anni dopo, la pistola del mostro di Firenze è senza un padrone.
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