Testimonianze inedite, raccontate in alcuni casi come in un film, battibecchi tra giudice e avvocati, confusione. Alla fine le violenze sul corpo di Riccardo Magherini ormai sembrano scontate e non fanno più notizia.
Specie se troppe volte ripetute in lunghe e svariate testimonianze. Il tentativo di far passare per emotivi e fragili i testimoni, che anche ieri hanno raccontato dei calci subiti da Riccardo Magherini, è chiaro ed evidente. E' una guerra legale che sembra entrare nel vivo e che è esplosa nel corso del'udienza che si è svolta al Tribunale di Firenze, dove pende un'accusa di omicidio colposo per quattro carabinieri (Castellano, Ascenzi, Della Porta e Corni) e due volontari della Croce Rossa Italiana (Matta e Mitrea). Ad un militare vengono contestate anche le percosse (appuntato Vincenzo Corni).
Nell'aula 12 del palazzo di giustizia di Firenze, davanti al giudice Barbara Bilosi, in un'udienza di otto ore , sono sfilati sette testimoni e le loro parole sono risuonate ancora una volta come una fotografia drammatica degli ultimi attimi di vita di Riccardo Magherini. Tuttavia c'è stato spazio anche per una nuova ricostruzione, apparentemente inattendibile, che vedrebbe l'ex promessa viola auto lesionarsi, picchiare con “una testata” un carabiniere, parlando di Magherini “vivo” all'arrivo dell'ambulanza e al trasporto sulla barella.
Ci sono Guido e Andrea, padre e fratello dell'ex promessa viola, che accompagnano in aula gli avvocati Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Mattia Alfano. Davanti a loro è seduto il pm Luigi Bocciolini, mentre siedono accanto il sostituto dell'avvocato Francesco Maresca, che arriverà a fine udienza, e Riccardo Ragusa, difensori dei carabinieri. L'appuntato Ascenzi, come in più occasioni, è l'unico presente in aula dei militari. Dietro di loro Massimiliano Manzo, difensore di Claudia Matta volontaria Cri, e l'avvocato Maccari legale dell'altra imputata Janeta Mitrea.
LA PRIMA COPPIA - L'udienza si apre con una coppia di coniugi. La moglie sembra piuttosto infastidita dal dover testimoniare, risponde con aria di sfida alle domande dell'avvocato della famiglia Magherini. Ma il suo racconto appare confuso e discordante. La donna si contraddice in più occasioni. Fioccano le contestazioni, talvolta ignorate dal giudice Bilosi, apparsa nervosa per tutta l'udienza, ma la signora appare stizzita. Il marito, poco dopo, ha descritto il fermo dei carabinieri in San Frediano riempiendo la sua ricostruzione di “non ricordo”. “Non ricordo la testa schiacchiata” ha dichiarato l'uomo “e non mi ricordo se i volontari hanno partecipato al massaggio cardiaco”. Il testimone non ha poi riconosciuto tra i presenti in aula nessuno dei protagonisti della sequenza di San Frediano, nonostante tre dei sei imputati fossero accanto ai loro avvocati. L'uomo, uno dei pochi tra i 29 testimoni del fermo, non “è stato in grado di percepire le parole di Magherini” che “però ha smesso di parlare quando era a terra”. Il teste ha inoltre ammesso di “aver perso alcuni minuti della scena”.
“CALCI PER FARLO STARE ZITTO” - Dopo di lui è toccato ad un ventiseienne residente nella strada che quella notte si è affacciato dalla sua finestra dopo aver sentito le “grida di aiuto” di Riccardo Magherini. “E' iniziata una lotta, lo hanno sbattuto contro una macchina e gli hanno messo una manetta” sostiene il giovane “poi la seconda e l'hanno buttato per terra” mentre “Magherini continuava ad urlare” e “gli hanno dato dei calci per farlo stare zitto (..) erano tutti sopra di lui e un ragazzo ai carabinieri di smettere”. “Poi Magherini non ha più parlato” ha proseguito il teste emozionato “ e ha smesso di parlare”. Ricorda con precisione le posizioni dei carabinieri e gli attimi concitati di quell'arresto. “Ho visto 3-4 calci” risponde all'avvocato Anselmo poi ricorda come i militari avessero “un tono intimidatorio” verso chi “ha provato a lamentarsi”.
Dalla difesa dei carabinieri è solo abbozzato il tentativo di rendere inattendibile il teste. Le domande sulla conoscenza di altri testimoni, di eventuali colloqui precedenti con la famiglia Magherini e di interviste rilasciate. Ma è il giudice, la dottoressa Bilosi, a riprendere il ventiseienne sul significato della parola “parlottato”. Una querelle che dura qualche minuto. Poi si torna a parlare del fermo. “Ho detto che i calci sono stati dati tra la faccia ed il torace” spiega il giovane rispondendo all'avvocato Ragusa al termine di una lunga deposizione.
LA SECONDA COPPIA - Dopo tocca ad una coppia di coniugi. Come in precedenza è la moglie ad iniziare la sua testimonianza ed in pochi istanti si può comprendere il risentimento della signora verso chi, come anche altri testimoni in quei giorni, espressero tutto il loro disappunto per i racconti suoi e del marito molto diversi da quelli riportati dagli altri presenti in San Frediano. Ma sono le parole del marito che lasciano pensare. Ha contraddistinto la sua deposizione per i “non mi rammento” in dialetto fiorentino, salvo specificare nel dettaglio alcune fasi del fermo che aveva omesso nelle precedenti due deposizioni. Quest'uomo racconta, ed è l'unico, scene mai viste. Dichiara di essere a “21 metri di distanza”. Ma probabilmente molto più lontano visto che la sua finestra non è neanche fotografata nell'immagine che i molti residenti di San Frediano hanno dovuto guardare prima di testimoniare.
Ma soprattutto racconta che i carabinieri “non hanno tirato i calci” e che “Magherini picchiava per terra la testa, la girava a destra e a sinistra e le ferite se l'è fatte così”. Una testimonianza che ha provocato sdegno tra i presenti nel pubblico. Oltre a questa scena anche altre mai riferite da nessuno. Come la “testata di Magherini contro un carabiniere” e “il suono del bip intervallato di un secondo per cinque volte almeno” udito durante le operazioni dei volontari a testimonianza che “Magherini era vivo”. Scene mai viste da nessuno. Solo da marito e moglie. Gli stessi che quella notte annotarono le targhe delle auto dei cc. “Se mi rammento bene, per proforma”. Quale concetto di proforma esiste nell'annotazione di una targa di una macchina dei carabineri? C'è chi lascia intendere in aula che queste deposizioni potrebbero essere inquinate e i legali di Magherini evocano anche un confronto in aula con altri testimoni.
Incalzato dall'avvocato Alfano e dal collega Manzo, l'uomo ha ammesso di aver saputo i contenuti di altri verbali proprio da alcuni ufficiali di polizia giudiziaria. Il legale dei Magherini è sbalordito e non crede alla risposta. “Chi glielo ha detto negli uffici di pg che altri avevano testimoniato come voi?” “Se mi rammento bene, l'ispettore Fracasso”. Stupore in aula con il difensori dei volontari Cri scioccato. “Ma è normale tutto questo?”. No, crediamo noi.
Ed il cenno di saluto tra la moglie ed un ufficiale dei carabinieri presente in aula in borghese, impegnato a prendere appunti e a comunicare in un gruppo whatsapp “processo Magherini” con i vertici dell'Arma, ha lasciato in molti interdetti. Compreso l'avvocato Anselmo che ha chiesto lumi al militare, seduto tra l'altro tra i banchi riservati ai difensori.
“IN QUEL MOMENTO PAURA DELLE ISTITUZIONI” - Sul banco dei testimoni sfila un commerciante indiano che quella notte è stato allarmato dalle urla di Riccardo Magherini. Poi tocca ad una ventottenne residente in Borgo San Frediano e che quella sera era affacciata alla finestra. Fin da subito urlò tutto il suo disappunto per quello che aveva visto. Lo disse agli agenti di polizia giudiziaria che la trattennero anche “sei ore” nei due colloqui avuti. E lo ha ripetuto, determinata, in varie occasioni durante la sua deposizione in aula. Racconta anche lei le fasi del fermo. “Chiedeva aiuto, mi sembrava una persona con un attacco di panico, in affanno, aveva bisogno di aria” spiega al pm Bocciolini e “i carabinieri gli si sono avvicinati, lui si è allontanato e c'è stata una colluttazione”. Descrive il fermo, “i carabinieri era come se si sentissero osservati”, e vede “sicuramente più di due calci” su Riccardo Magherini.
Il pm le rimprovera di aver rilasciato un'intervista prima di essere ascoltata in procura ma alla sua contestazione la giovane donna lascia il magistrato di stucco. “In quel momento avevo paura delle istituzioni, ero terrorizzata dalle forze dell'ordine e non sarei mai andata senza un avvocato” e “aveva paura ad andare alla caserma di Borgo Ognissanti perchè potevo incontrare i carabinieri intervenuti in San Frediano”. Parole che raccontano la fotografia dolorosa di quegli attimi. Ma i legali dei militari provano a smontare la teste con numerose domande in una lunga deposizione. La giovane è chiara quando spiega un'azione violenta, ma i difensori dei carabinieri le imputano di non aver contato i calci e che in altre occasioni ha fornito agli inquirenti numeri diversi. Lei risponde che anche “un calcio è violenza”. Come darle torto.
Ma la ventottenne è sotto il bersaglio dell'avvocato Maresca che prova ad incalzarla sui suoi rapporti personali con la famiglia Magherini. Lei è ferma anche nel dire che “l'ultima volta ho visto Andrea Magherini a Natale e ci siamo fatti gli auguri perchè mi faceva piacere vederlo”. E' un reato? Forse. Specie se si è senza divisa. Prossima udienza 25 Gennaio.
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