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tribunale di Firenze

Processo Magherini: tra calci dati, gerarchie, domande non fatte e "non ricordo". Tensione in aula con un carabiniere

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Immagine articolo - Il sito d'Italia

“All'arrivo dei carabinieri era in ginocchio ed implorava aiuto”. “Quello più alto e robusto ha dato 1 o 2 calci a Riccardo Magherini”. “Non sapevo che era morto”. “Non ricordo”. “C'è una scala gerarchica”. “Su due piedi non posso riferire”. “Mi occupo di reati gravi in particolare di omicidi”. “Sono passato dal bar Curtatone verso 00 ed era chiuso e non c'era la mia attuale compagna”. “Sapevo che era morto”. “Reparto si muove nella sua interezza per indagare”. “Perquisizione per stupefacenti o farmaci”. “Ha avvisato il pm? Io no”. “E' normale fare indagini senza avvisare Procura? Sì, si procede d'iniziativa”. “C'era un bambino in casa che piangeva”. “Era molto agitato”. “Aveva un'agitazione esagerata”. “Dovevamo capire i motivi di questa paura”. “Mai detto che era morto per droga”. “Era su di giri”. “Dopo il terzo cognac era agitato e iperattivo”. “Mi sembrava schizzato”. “Lo vedevo da 20 metri”. “A mio parere era sotto effetto stupefacenti”. “Era profumato”. “Aveva paura”. “Era molto credibile”. “Ha preso volante, poi ha chiesto scusa ed è sceso”. “Si era anche calmato”.

 

Queste sono solo alcune delle parole 'volate' nell'aula 28 del tribunale di Firenze dove è “iniziato” il processo per la morte di Riccardo Magherini, che vede imputati per omicidio colposo quattro carabinieri e due volontari della Croce Rossa intervenuti sulla prima ambulanza. Venti i testimoni chiamati a deporre nelle oltre 8 ore di dibattimento. Aula piena per i pochi posti a sedere, con una fitta presenza in piedi di parenti e amici di Riccardo Magherini in maglietta gialla. Fuori dal Palazzo di Giustizia gli striscioni I Love Riky, Maghero presente, quelli di Acad e delle vittime della strage di Viareggio presenti in aula. 

 

 

TENSIONE E SCAMBI AL VELENO - Due momenti di tensione in aula e qualche parola pesante nella discussione. Le foto dell'autopsia mostrate dal legale della famiglia Magherini diventano “manifesti” per quello dei carabinieri. E lo scambio al veleno tra l'avvocato Maresca e Guido Magherini dura pochissimi secondi, ma è significativo. “Volete parlare dei vasi” dice quasi fuori microfono il legale. “Lei pensi alla colla” secca replica del padre di Riccardo in riferimento alla denuncia dell'avvocato per danneggiamenti al suo studio legale collegati immediatamente alla morte di Magherini come un “messaggio” di vendetta vista la difesa dei militari.

 

 

MINACCE E (FORSE) QUERELE - Scambio verbale che ha preceduto la testimonianza di un maresciallo della sezione scientifica dei carabinieri che all'uscita dall'aula si è rivolto al pubblico pronunciando la frase “cos'hai da guardare..ci vediamo fuori” verso qualcuno dei parenti e amici di Magherini presenti. Reazioni verbali e annunci di querela. Ad onor del vero c'era stato un tentativo di approccio da parte dello stesso maresciallo con il sottoscritto e Andrea Magherini fuori dal tribunale. Un “buongiorno” detto dopo una lunga osservazione e accompagnato da un sorriso beffardo.

 

 

L'AULA - Ma tolte le schermaglie si deve parlare della morte di un uomo.

In aula c'è il pm Luigi Bocciolini, camicia azzurra e cravatta chiara, ci sono Guido e Andrea Magherini, padre e fratello di Riccardo, accanto agli avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Pisa. C'è la moglie Rozangela e ci sono i parenti più stretti, difesi da Mattia Alfano. Ci sono i legali dei carabinieri: Francesco Maresca, che difende tre militari ed il collega Riccardo Ragusa, legale del maresciallo Castellano che si è staccato dalla difesa 'comune'. L'unico imputato presente tra i carabinieri è l'appuntato Ascenzi. Si è fatto crescere i capelli rispetto ad un anno e mezzo fa.

Ci sono, come sempre, le due volontarie della Croce Rossa. Claudia Matta difesa dall'avvocato Massimiliano Manzo (che aveva il mandato anche dell'altro volontario imputato poi deceduto in un incidente la scorsa estate) e Janeta Mitrea, rappresentata da Domenico Borsellino.

C'è attesa per quelle che saranno le dichiazioni dei venti i testimoni chiamati a deporre tra agenti di polizia giudiziaria, carabinieri e persone che quella notte incontrano Magherini. Alcuni di questi sono a colloquiare allegramente, fuori con alcuni agenti di pg che hanno svolto indagini. Tutto normale.

 

 

IL PRIMO TESTIMONE: L'impostazione del pubblico ministero è didascalica ed il primo a riferire, per tre lunghe ore, sarà l'agente di Pg Fracasso che ha condotto le indagini. Un racconto di quello che è stato acquisito e compreso. O che si è cercato di comprendere.

Fondamentalmente deve relazionare fatti visti da altre persone. Le regole giuridiche mettono un freno a questa deposizione. Tra i vari “non ricordo” dell'ispettore, si aggiungono le continue opposizioni alle domande da parte degli avvocati. In sostanza l'agente può tratteggiare ciò che i testimoni dicono ma non può dire quello che hanno detto. Saranno loro a doverlo fare nelle prossime udienze. Quindi si parla degli atti acquisiti, ma soltanto delle impressioni di chi ha indagato.

 

 

“NON VOLETE VEDERE FOTO AUTOPSIA?” - Parentesi. Agli atti non c'erano le foto dell'autopsia sul corpo di Riccardo Magherini. E c'è stata discussione anche sulla possibilità di acquisirle. “Dite se non volete le foto” chiede sarcastico Anselmo. “L'acquisizione è ovvia e questo punto non è neanche in discussione” fredda tutti, chiudendo la polemica, la dottoressa Barbara Bilosi, giudice della seconda sezione penale.

 

 

IL BUCO ORARIO - Il pm Bocciolini chiede conto degli spostamenti di Magherini, di telecamere e tabulati telefonici. E' chiara anche la ricostruzione di chi indaga. "Esce alle 00.20 dal St. Regis, poi lo perdiamo per 25 minuti, sappiamo che alle 00.45 chiama il taxi. Poi incontra l'auto dei ragazzi per entrare in Borgo San Frediano".

 

 

I DUBBI SUL PERCORSO E LA NUOVA RICOSTRUZIONE - Questi passaggi vengono messi in evidente discussione dall'avvocato Pisa che costringe l'ispettore a balbettare “le discordanze sugli orari e sul luogo in cui è sceso Magherini”. “Tra 00.30 e 00.40? Lo dicono le testimonianze?” chiede il legale. “Sì è vero lo dicono” risponde obbligato dagli atti l'agente di pg.

A sfatare ogni dubbio sulla nuova ricostruzione, già anticipata da mesi su queste pagine, ci sono anche le dichiarazioni di altri testimoni su quell'auto. “Era mezzanotte e mezzo circa” dichiarerà uno dei giovani seduti sul sedile posteriore.

Orario confermato dalle dichiarazioni dell'altro testimone nei verbali dove riferiva di aver visto “strattonarsi” su ponte Vespucci Riccardo Magherini con un'altra persona “tra le 00.30 e le 00.45”. Ma nessuno ha chiesto conto di questa circostanza al testimone. Come nessuno ha chiesto conto di quello che Magherini avrebbe potuto fare, anche solo secondo un'idea della procura, per quei 25' in cui è sparito dai loro occhi. Probabilmente tutto questo non è ritenuto utile ai fini della verità processuale.

 

 

LE TELECAMERE? LONTANE O CANCELLATE. - Ci sono risposte anche sulle telecamere. Sostanzialmente le stesse emerse dagli atti. O meglio sul perchè non c'è un'immagine utile ai fini della ricostruzione di quel percorso. L'agente di pg deve rispondere al suo pm. “Sì inizialmente su Borgo San Frediano ce n'era una. Poi abbiamo...ehm...lo collocavamo su piazza Goldoni per aver preso il taxi” si muove l'ispettore sulla sedia proseguendo e parlando delle telecamere della Dia, la direzione investigativa antimafia. “Contattai telefonicamente un'ex collega della Dia e mi ha detto che le telecamere le tengono per 3 giorni, poi abbiamo saputo dopo 10”. Scuse? Beh, se quelle telecamere fossero interessate..

Ma da lì, sostiene chi indaga, quella telecamera avrebbe visto o potuto vedere solo il passaggio di Magherini in taxi. Non si contemplano quei 25 minuti. E nessuno chiede spiegazioni. Quelle del consolato americano “non avrebbero avuto nessuna utilità” anche se da “lì si vede e si sente” Magherini come spiegherà la guardia giurata in servizio che lo vede alle 1.

Avrebbe visto anche la scena riferita dalla guardia giurata che incrocia Riccardo sul lungarno alla discesa dal taxi. Ovvero quel tassista che oggi non si è presentato a testimoniare che “tratteneva Riccardo per un braccio fuori dalla macchina”.

 

 

UN RACCONTO - Il racconto fugge via, quasi sui binari del paradosso, quando le opposizioni alle domande sono continue e chi testimonia può praticamente dire le sue impressioni ma non riferire ciò che c'è scritto negli atti su cui ha indagato. “Ma a cosa serve questo racconto?” chiede l'avvocato Manzo suscitando consensi in aula.

 

 

LE DOMANDE NON FATTE - Oltretutto non vengono chiesti lumi su alcune dichiarazioni rese. Non lo fa neanche la parte civile.

Sul perchè “sono due le gazzelle operative” se invece la seconda auto, con gli appuntati Corni e Della Porta, interviene sul posto volontariamente, per loro ammissione come da registrazioni radiomobile, e impiega solo 2 minuti ad arrivare sul luogo quando, come confermato da un altro carabinieri che ha testimoniato, “dalla caserma Tassi a San Frediano ci vogliono 7-8 minuti in auto e senza traffico”.

Sul perchè vanno loro a San Frediano quando dovevano essere in servizio tra Fiesole, Ricorboli e Bagno a Ripoli.

Sul perchè è stato utilizzato “il gps dell'ambulanza” (frase ripetuta in varie occasioni, ndr), ma non quello dell'auto dei carabinieri utile alla loro collocazione.

Sul perchè, i carabinieri svegliano alle 3.30 di notte il proprietario del ristorante Neromo per avere telecamere di 5 ore prima del fermo e la mattina stessa nella perquisizione in albergo non hanno la stessa solerzia nel chiedere i video del St. Regis che comunque saranno “cancellati in 24 ore”. Curioso. Perchè il ristorante sì e l'albergo no? C'era qualcosa che in quelle immagini poteva dare noia?

Domande che non sono state poste e che quindi non avranno risposta. Ma probabilmente sono aspetti inutili ai fini processuali. 

Se questi sono quelli dell'omicidio colposo, in effetti quei 120 testimoni chiamati a deporre sono fin troppi per descrivere il fermo. Se c'è intenzione di capire cosa succede a Riccardo Magherini si fanno quelle domande, altrimenti, basta citare i 29 testimoni di Borgo San Frediano e tutti i carabinieri che hanno indagato, per cristallizzare la scena. Ed è quello che verrà fatto. Ma basta, e forse occorrebbe, dirlo anche per la fluidità del processo. Cosa che il pm vuole fare, escludendo dal processo già sette testimoni chiamati a deporre in precedenza e adesso non più utili.

 

 

I TABULATI DI MAGHERINI - La deposizione dell'agente di pg prosegue sui tabulati telefonici. Emerge una novità. “I tracciati sul telefonino” di Riccardo Magherini “le celle lo segnalano tra Borgo Ognissanti e Borgo San Frediano, insomma in quella zona lì” dice l'ispettore. Ma quali tabulati? “Agli atti non ci sono per questo li abbiamo chiesti in apertura di udienza”. Sono chiari i legali Anselmo e Pisa. E quei tabulati non ci sono negli atti. Non ci sono.

L'analisi delle celle, per come riferita in aula, è stata approssimativa e appena approcciata. Quando si parla di celle su Borgo San Frediano visto che Magherini non ci arriverà mai con il telefonino in Oltrarno perchè lo perderà alla discesa dal taxi. Certamente in aula ieri non è emerso altro ma lo studio di quelle celle potrebbe essere decisivo a ricostruire i passaggi di quel buco orario. Se c'è un interesse processuale in tal senso. Che comunque dovrebbe essere anche sollecitato in sede di dibattimento.

E sui tabulati dei carabinieri si sofferma anche la difesa di Magherini costringendo a far ammettere all'ispettore Fracasso di “non aver notato” gli altri numeri di telefono dei carabinieri forniti al pronto soccorso e diversi da quelli di servizio per cui erano stati chiesti i tracciati.

 

 

LE INDAGINI DEGLI IMPUTATI - Incalzato dall'avvocato Alfano, l'ispettore di polizia prima dichiara che “i carabinieri operanti in San Frediano appena saputo della morte di Magherini hanno smesso di indagare” per poi, sollecitato dal legale di parte civile, “dover ammettere come in effetti abbiano compiuto un interrogatorio” (Corni e Della Porta, ndr) e verbalizzato “una querela inerenti ai fatti” (Castellano, ndr) proprio dopo la morte dell'uomo.

 

 

L'ANNOTAZIONE DI SERVIZIO PRIMA DEL REFERTO - Alfano evidenzia all'agente di pg anche la “discrasia oraria” tra l'annotazione di servizio, firmata da Castellano e nella quale vi sono riportate prognosi e diagnosi del carabiniere, redatta prima della visita in ospedale del maresciallo tra l'altro durata 7 minuti (6.35-6.42).

 

 

GLI OPERATORI DEL 118 NON MANDANO AUTO CON MEDICO - L'ispettore risponde anche alle domande dell'avvocato Manzo, legale di una volontaria della Croce Rossa, ed emerge come probabilmente per quel codice segnalato per Magherini S05G doveva essere mandata l'auto medicalizzata. Non è stato fatto, e la scelta è stata degli “operatori del 118”. Per intendersi coloro che decidono di mandare i volontari della Croce Rossa senza medico sono un uomo ed una donna. La signora è colei che “ridacchia” nel corso delle registrazioni. Ed impiega oltretutto qualche minuto di troppo a sollecitare quella vettura con il medico a bordo.

 

 

“A TORSO NUDO E MOLTO AGITATO” - Magherini “è a torso nudo ed è particolarmente agitato” dichiara Fracasso rispondendo alle domande degli avvocati dei militari Maresca e Ragusa e “dalle testimonianze emerge come all'hotel ci sia stato uno stato di confusione mentale” arrivato a panico.

 

 

“NON ERA VIOLENTO” - Si cerca di provare la violenza di Magherini con l'uso delle manette. Ma quello che può riferire Fracasso sui fatti è quello che vedono i testimoni. Lui non ha visto niente se non gli atti e raccolto le testimonianze. Ma da quelle emerge come la ferita al carabiniere Ascenzi sia provocata “da un colpo accidentale delle manette, non fatto volutamente”. Ma Magherini appare comunque agli occhi dell'inquirente “una persona pericolosa”.

 

 

LE SUGGESTIONI DEI TESTIMONI - In tutto questo la linea dell'avvocato Maresca appare chiara. E gioca da subito sulla suggestionabilità dei testimoni. “Dalle tv? Dai giornali? Suggestionati da cosa?” chiede il legale. “Ho notato che erano persone provate per quello che avevano visto e udito” e “qualcuno si è anche emozionato” ha ricordato l'ispettore. Sui calci dati da Magherini, che l'avvocato Maresca ha sempre sostenuto, l'agente di pg è chiarissimo. “Non sono calci contro carabinieri, ma è Magherini che prova a liberarsi da quella posizione”. La sofferenza era evidente.

Tre lunghe ore di testimonianza/racconto. Dopo l'agente di pg è toccato anche ai carabinieri che quella notte hanno svolto le indagini. Prima quelli della scientifica che hanno effettuato i rilievi.

 

 

IL PRIMO MARESCIALLO DELLA SCIENTIFICA - Poi il nucleo investigativo. Il primo maresciallo che si siederà sul banco dei testimoni, Roberto Petrini, racconta di essere “stato chiamato per dei rilievi fotografici e di essere andato in Borgo San Frediano con i due proprietari delle pizzerie”. Era con il suo collega Ugo Iacuitto.

Il pm Bocciolini chiede quali erano i motivi di tale esigenza e soprattutto di farli la notte. “Perchè la scientifica per un vetro rotto?” chiede il pubblico ministero. “Mi hanno chiamato, rispondo agli ordini” risponde il maresciallo “c'era una persona in stato confusionale” e “non sapevo che era morto un uomo”. “Quando l'ha saputo?” chiede Alfano. “Non ricordo” risponde Petrini. “Non ci hanno detto di fotografare il luogo della morte” continua il militare rispondendo all'avvocato Anselmo. “Conosco Elena Tonelli, è l'attuale compagna del Maresciallo Iacuitto” risponderà a domanda precisa.

 

 

CAFFE' CURTATONE - Elena Tonelli, è la direttrice del Caffè Curtatone a Firenze ed la sua testimonianza è tra gli atti del pm. Le sue dichiarazioni sono state oggetto di alcuni approfondimenti giornalistici. Sarà proprio lei, due giorni dopo la morte di Riccardo Magherini, a dire al fratello Andrea di aver chiamato “un amico dei Ris” quella sera “in cui Riccardo era passato da lì e aveva fatto un po' di confusione”. Sul passaggio di Riccardo Magherini al Caffè Curtatone abbiamo condotto un'inchiesta che potete leggere cliccando qui (PARTE 1 - PARTE 2)

 

 

L'ALTRO MARESCIALLO DELLA SCIENTIFICA - Tocca quindi al maresciallo Ugo Iacuitto salire sul banco dei testimoni. Esordisce dicendo “Mi hanno chiamato per un decesso, mi occupo solo di casi gravi e importanti o di omicidi”. E se lui è il collega del maresciallo di cui è stato scritto poche righe fa. Perchè è stato chiamato in questa circostanza? Allora era chiaro da subito l'omicidio? O il caso grave? Verrebbe spontaneo pensarlo. “Qualche collegamento tra un danneggiamento e un omicidio, allora?” chiede il pm.
“Ho saputo che questo soggetto in stato confusionale aveva avuto un malore ed era morto”. Allora lui lo sapeva ed il collega no. Strano. Perchè? “Nessuno ha detto di fare fotografie” prosegue il maresciallo.

 

 

NERVOSISMO - Dopo questo passaggio la testimonianza cambia. La parola passa alla parte civile e alla prima domanda dell'avvocato Pisa su dove fosse quando è stato chiamato per il caso, il maresciallo cambia atteggiamento. Si alza il tono della voce, si muove sulla sedia. Appare nervoso. “So dove volete arrivare, lo so” si scalda al microfono rispondendo a domande precise. Cita la trasmissione Le Iene. Il giudice invece non ne vuole sentire parlare.

“Elena Tonelli è la mia compagna, ma all'epoca dei fatti no” risponde stizzito. “Non ci ho mai parlato di quella notte” precisa nervoso. La discussione passa ai rapporti social tra i due. Il maresciallo sembra perdere la pazienza. Attacca, è agitato. Più dell'appuntato Ascenzi seduto tra gli imputati. “Io l'ho frequentata su Facebook dal 4 marzo (giorno dopo la morte di Magherini, ndr)”. Qualcuno gli fa notare che i “mi piace” e le interazioni erano anche precedenti. “Si vede che mi stava simpatica” aggiunge con un sorriso quasi di sfida.

Il maresciallo è arrivato in aula credendo che il processo fosse su di lui. Sui suoi rapporti con la direttrice di un bar, più che leciti, che però meritano qualche approfondimento in più, oltre a quell'inchiesta giornalistica che ha fatto emergere qualcosa di torbido.

 

 

UNA DIFESA D'ATTACCO - Dalle sue parole emerge chiara una strategia della parola quasi di difesa. Difficilmente comprensibile allo stato dei fatti. Ma il nervosismo emerso l'ha chiaramente tratteggiata. “Non sono stato chiamato da lei quella notte” sottolinea con un crescente tono di voce. “Non ho mai visto Magherini” e “da quello che ne so nemmeno lei l'ha mai conosciuto”. “Non lavorava quella notte, perchè sono stato al caffè Curtatone quella sera intorno a mezzanotte ed era chiuso”. Era lì, al bar. L'impressione è quella che il maresciallo voglia anticipare una mossa dell'avversario, perchè ha timore di essere attaccatp. Per questo sostiene una versione chiara e nel caso in cui a qualcuno venisse in mente di approfondire l'argomento, lì probabilmente c'è qualcuno che lo ha visto. E se venissero chieste delle celle telefoniche lo localizzerebbero proprio lì. Al Curtatone. Lo ha ammesso lui in un'aula di tribunale. Ma questa era una difesa d'attacco non richiesta. Per nessun motivo. Soprattutto sui fatti del processo.

Il maresciallo è unicamente un testimone, seppur nervoso. Anche all'uscita dell'aula, quasi sfidando il pubblico ed in particolare i parenti e gli amici di Riccardo Magherini, con parole intimidatorie pronunciate all'uscita prima di andar via dietro ad una colonna. Che lasciano strascichi, forse anche giudiziari.

 

 

"NORMALE" INDAGARE SENZA CHIAMARE PM - Tra i testimoni ci sono carabinieri che raccontano le indagini di quella notte. Lo sconcerto nella voce dell'avvocato Manzo quando il capitano Mercatali gli risponde considerando “normale fare indagini senza chiamare il pm dopo una morte in strada”. Che “è la prassi” che gli “operanti svolgano i primi interrogatori anche se li riguardano”. E la “perquisizione” è stata fatta “per le molte segnalazioni che lo descrivevano come un esagitato”. “Cercavamo sostanze stupefacenti o qualsiasi cosa pertinente al reato” spiega l'ufficiale con molta normalità. Colpisce questo aspetto. Colpisce pensare che se muori d'infarto per strada, possono entrare in casa tua senza un mandato per fare una perquisizione. E magari fotografare le medicine possedute.

 

 

LA GERARCHIA - La gerarchia nell'Arma dei Carabinieri conta, eccome se conta. Il sinonimo potrebbe essere “scaricabarile” nell'accezione posta in aula. “C'è una scala gerarchica”. “Ho ricevuto ordini”. “Me l'hanno detto”. “Il pm doveva essere avvisato dal Maggiore Rosciano che è il mio superiore”. Sono alcune delle risposte udite. E gli ordini quella notte arrivano tanto che “il reparto si muove nella sua interezza per indagare” spiega il capitano. E questo emerge amaramente leggendo gli atti durissimi che tratteggiano delle indagini che cercano ben altro, piuttosto che i responsabili della morte di Magherini.

Ma da quella notte emergono altri dettagli. “Sono stato avvisato alle 5 e ho dovuto dare la notizia della morte” alla famiglia e sono andato a casa dalla moglie che non ci credeva. Il figlio piangeva” spiega il maresciallo Delfino comandante della stazione dei carabinieri di piazza Pitti. “Riccardo faceva uso saltuario di cocaina ed era in cura da uno psicologo” riferisce il militare citando le prime parole di Guido Magherini di quella mattina. Rispondeva così il padre di Riccardo costernato dal dolore e smarrito dalla tragedia. Non aveva ancora visto il corpo del figlio martoriato. Gli avevano detto che era morto d'infarto.

 

 

LESIONI RISCONTRATE - Emerge anche come “le lesioni inferte a Magherini sono state subito riscontrate nei referti” dichiara un altro carabiniere che ha indagato in quelle ore, il maresciallo Sesta. “Ma allora cosa avete deciso di fare?”, “visto che nessuno è stato mai indagato per lesioni?” verrebbe da chiedere. Verrebbe, appunto. E perchè?

 

 

I TESTIMONI SENZA DOMANDE - Dopo gli inquirenti, la parola è passata ai testimoni. Acquisiti i verbali, senza nessuna domanda, di tre teste. Due persone che lo incrociano quella notte, il proprietario del ristorante Neromo e il primo tassista che lo riporta al St. Regis, e un amico e socio di lavoro di Riccardo. Nessuna domanda da pm e avvocati. Nemmeno a quell'amico. Lui poteva spiegare chi era e com'era Riccardo Magherini. Tratteggiare la fisionomia dell'uomo avrebbe potuto aiutare a capire come era nella vita di tutti i giorni. Le persone sono diverse da come possono sembrare. E in questa notte nessuno conosceva Riccardo Magherini ed il suo modo di fare e di vivere. Come si relazionava con le persone, tutto questo per capire anche le sue attitudini. E spiegare certi comportamenti nell'interesse di una qualifica di una persona già abbondantemente squalificata.

 

 

HOTEL ST. REGIS - Dall'hotel St. Regis emergono vari scenari. Il corteggiamento insistente ad una dipendente dell'hotel, la “rossa della reception” che “spaventata” per l'invito “a uscire” che le aveva fatto Riccardo tanto che fu costretta a chiamare la sicurezza. Ma da Riccardo comunque non è emerso un atteggiamento “violento” e soprattutto la donna è uscita serenamente e non è stata seguita da nessuno. Insomma ci aveva “provato”. Viene descritto come “esuberante”, “eccentrico”, “molto espansivo” ma “probabilmente sotto l'effetto di sostanze stupefacenti” secondo il responsabile della sicurezza dell'albergo. “Non era aggressivo era solo particolare” ha spiegato “anche rispetto agli standard della clientela dell'hotel”. Era “iper attivo”. Così come per il barman che lo “vede cambiare tra il primo ed il terzo cognac”. “Era molto agitato” tanto da sembrare “schizzato” tanto da fare riferimento “a scene erotiche”.

A loro non vengono fatte molte domande. Non viene chiesto cosa li porta a dire che Magherini era sotto l'effetto di droga che gli avrebbe provocato questa iperattività. Su alcune dichiarazioni e circostanze riferite alla pg come ad esempio, le telefonate a cui fanno riferimento prive però di riscontri sul telefono di Riccardo Magherini. Oppure se la quantità di alcol era tale da poter “far cambiare qualcosa tra il primo e terzo cognac”

 

ST.REGIS – SAN FREDIANO - Emergerebbe quindi da queste testimonianze che a Magherini accade qualcosa al St. Regis sotto l'aspetto psicomotorio. Si prende atto di queste situazioni. Scorrono quasi veloci. E non fanno altro che collegare quel Magherini “molto agitato” del St. Regis con lo stesso di Borgo San Frediano. Quando forse nel mezzo c'è ben più di un buco orario. Di sicuro non c'è interesse per quei fatti ai fini processuali. Neanche da parte dei legali di parte civile. Questo processo è San Frediano.

Perchè la verità dei fatti difficilmente potrà mai coincidere con quella processuale. Sarà forse impossibile dare delle risposte. Ancor di più se non si fanno domande.

 

 

PROSSIMA UDIENZA IL 30 NOVEMBRE - Udienza aggiornata al 30 novembre ore 9.30, quando sfileranno 16 testimoni. Si parlerà del fermo di San Frediano. Sarà un processo lungo. Ma forse nemmeno troppo.

 

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