Una storia incredibile, probabilmente non l'unica, smascherata dalle indagini della Guardia di Finanza di Firenze, coordinate dal pm Christine Von Borries della procura del capoluogo toscano che ipotizza i reati di caporalato, bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, oltre a quelli di raccolta e smaltimento illecito di rifiuti speciali.
Lavoratori stranieri, tra cui cinesi, pakistani e bengalesi, trasportati in capannoni a Campi Bisenzio (Firenze) e tenuti a lavorare su turni di 14 ore al giorno, con una retribuzione media di poco superiore ai 3 euro l'ora, senza riposo, e consumando sul posto pasti di fortuna preparati con cucine alimentate da bombole a gas. E' quanto scoperto dalla procura di Firenze, con indagini su una coppia di imprenditori cinesi nella lavorazione del pellame e nella produzione di borse, finiti agli arresti in esecuzione di una misura di custodia cautelare in carcere e nei cui confronti è stato disposto un sequestro per equivalente di beni per 522.883. Sottoposti a divieto di dimora altri due cinesi, familiari degli arrestati.
Nell'ordinanza che dispone l'arresto, il gup Angela Fantechi rileva come i lavoratori fossero tenuti in "uno stato di soggezione e sfruttamento", con "macroscopiche violazioni degli orari massimi di lavoro e dell'assenza di riposi, con persone ridotte a mera forza lavoro", in alcuni casi costretti anche a lavorare di notte per rispettare le consegne. Sempre secondo il gip, la coppia di imprenditori avrebbe commesso violazioni "a tutto tondo" nello svolgimento dell'attività di impresa, realizzata "ad esclusivo fine di massimizzazione del profitto in spregio di ogni norma di legge vigente, con totale evasione di imposta, evasione contributiva, e sfruttamento dei lavoratori, ed utilizzazione di prestanome".
Le indagini delle Fiamme gialle hanno permesso di individuare una società di Roma con un'unità locale a Calenzano (Firenze), che subappaltava le proprie lavorazioni conto terzi a una società gestita dalla coppia di cinesi. A loro volta i due imprenditori affidavano le lavorazioni a ditte individuali caratterizzate da una breve durata operativa e a loro riconducibili, che venivano di volta in volta svuotate per non pagare i debiti con l'Erario (imposte), e sostituite da altre operanti negli stessi luoghi e con gli stessi macchinari e forza lavoro.
Sempre in base agli accertamenti, la società di capitali e le ditte individuali susseguitesi nel tempo, tra il 2013 e il 2019 avrebbero maturato circa 589mila euro di debiti erariali iscritti ed evaso imposte per 523mila euro, mentre le indagini finanziarie hanno fatto emergere prelevamenti e bonifici per circa 1,2 milioni di euro.
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