"La vittoria di Mahmood a Sanremo dimostra che le grandi lobby hanno la meglio sulla musica". Così in fretta e furia arriva una proposta di legge del Carroccio, che invita tutte le emittenti radiofoniche a riservare un terzo della loro programmazione alla musica "italiana", dicono loro, per dare spazio agli esordienti, e rivedere il regolamento del Festival per far si che tutto giri intorno alla musica di confine.
Capo fila dell'avvincente proposta e primo firmatario, è Alessandro Morelli, presidente della commissione Trasporti alla Camera, ed ex direttore di Radio Padania, che con grande fervore, si è sentito in dovere di sollevare polemica razzista laddove dovrebbe esserci solo arte e buon senso.
Dove nasce la polemica? Mettete da parte il tanto contestato televoto, il favor di popolo, le case discografiche e i conflitti di interesse, perchè siete lontani.
La realtà è che nel 2019, in Italia, un ragazzo italiano di ventidue anni, nato da padre egiziano, vince la 69esima edizione del Festival di Sanremo, e questo ad oggi nel nostro paese è un evidente problema.
Fuori Baglioni, abbattete "le lobby", vogliamo solo canzoni scritte, interpretate, suonate e cantate da italiani che hanno alle spalle almeno cinque o sei generazioni di puro sangue caucasico.
Il testo che sarà depositato, prevede, di dedicare alla musica "made in Italy" un terzo della programmazione musicale, "pari almeno al 10% della programmazione giornaliera italiana riservata agli artisti emergenti", e dispone la sospensione dell'attività radiofonica per periodi più o meno lunghi, per chi dovesse non rispettare l'ordinanza.
Stiamo andando verso un non ritorno, la musica è libertà, è conoscenza del nuovo, curiosità e contaminazione. La musica non ha colore ma linguaggi universali, come si può chiedere all'aria di non disperdersi, o alla poesia di non evadere i sensi e le emozioni?
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