Ad ascoltare le deposizioni degli imputati nel processo per la morte di Duccio Dini, il 29enne ucciso in via Canova lo scorso anno durante un inseguimento in auto tra famiglie di etnia rom, sembra che ciò che è accaduto quella domenica di giugno, sia frutto dell'immaginazione di una città intera.
Anche il sostituto procutatore Tommaso Coletta sembra interdetto dalle risposte degli imputati, tutti accusati di omicidio volontario con dolo eventuale di Duccio Dini, e per il tentato omicidio del loro connazionale Bajram Rufat, reo di aver disonorato la famiglia al campo rom del Poderaccio.
Antonio Mustafa, interrogato all'aula bunker di Firenze, si è dichiarato estraneo all'accaduto e ha detto di non aver mai avuto intenzione di voler partecipare a un inseguimento. Mustafa era alla guida di una Lancia Lybra.
Ai giudici e alla giuria popolare, ha dichiarato di aver visto l'auto con a bordo il figlio, Remzi Mustafa Remzi, anche lui imputato nel processo, che sfrecciava ad alta velocità e di aver deciso di seguirlo.
Anche gli altri due imputati ascoltati dai giudici, che erano a bordo di un furgone, hanno detto di essersi trovati sul luogo dell'incidente per caso, addirittura mentre andavano a far gonfiare una ruota del mezzo.
Prossima udienza il 14 gennaio 2020 con le deposizioni dei testimoni della difesa. Le altre udienze sono state fissate per il 23, 28 e 30 gennaio. L'ultima, con sentenza, è prevista per il 4 febbraio.
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