A lui e ai suoi due fratelli, Moustapha e Barra, Mahmod aveva affittato il banco mobile nel 2002. Ma a suo dire i tre hanno smesso quasi subito di pagargli l'affitto e cosa ancor più grave non hanno mai pagato il suolo pubblico. Tanto che circa 6 mesi fa il Comune gli ha ritirato la licenza. Già, perché la normativa fa ricadere la responsabilità del mancato canone sul locatore. Oggi quel banco non c'è più. Barra, l'unico dei fratelli senegalesi rimasto a vendere in via sant'Antonino, si appoggia a un connazionale.
Nel frattempo all'imprenditore iracheno sono stati recapitati i bollettini di pagamento degli anni dal 2007 al 2010, per un ammontare totale di 20.317 euro. In pratica per riavere il suo banco deve sborsare l'onerosa somma, che non ha. Oltre al danno la beffa.
"Si sono approfittati di me - attacca Alzaidy - all'inizio li ho aiutati, ho pagato lo spazio al loro posto. Grazie a me hanno preso il permesso di soggiorno. Poi per andare via mi hanno chiesto soldi". Mahomod ricorda la sua storia di migrante, arrivato in Italia all'età di 26 anni. "Ho lavorato duramente, svolgendo mille attività: autista, muratore, pesciaiolo. Dopodiché sono riuscito a mettere su l'impresa".
Oggi all'età di 63 anni ha una bella famiglia, sposato con una donna napoletana e padre di 4 figli. Prima di salutarci afferma orgoglioso: "Io la cittadinanza l'ho guadagnata con il lavoro, l'ho meritata. Alle persone che non si comportano degnamente, ai profittatori, non si regala l'italianità".
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