Importante evento al Cinema Odeon, martedì 22 Novembre alle 20.30, che in collaborazione con Palazzo Strozzi presenta L'Ultimo Imperatore (1987), il kolossal di Bernardo Bertolucci che vinse ben 9 Premi Oscar. Il film sarà proiettato in versione originale con sottotitoli in italiano e , l'ingresso sarà gratuito fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Si tratta del secondo appuntamento della rassegna “I martedì al cinema con Palazzo Strozzi”, il ciclo di film che accompagnerà fino a gennaio la mostra di Ai Weiwei a Palazzo Strozzi, un percorso attraverso il Novecento e oltre, per raccontare in quattro film il passaggio dalla grande civiltà della Cina millenaria alle contraddizioni della contemporaneità.
L'ultimo Imperatore costituisce una pietra miliare nel cinema di Bertolucci. Circondatosi dei migliori professionisti, dall'autore della fotografia, Vittorio Storaro, allo scenografo Ferdinando Scarfiotti, passando per i costumi di James Acheson, il regista riuscì in modo mirabile a fondere la dimensione spettacolare con quella di una storia non 'epica'.
Nel 1908 a Pechino, nella città proibita, l'anziana Imperatrice vedova, prossima a morire, si fa portare Pu-Yi, un fanciullo di tre anni, strappandolo alla madre e lo designa suo successore. Ultimo della dinastia Ching passerà la sua infanzia nella mitica Città, signore e padrone assoluto di uno sterminato Impero. Nel 1912, Sun-Yat-Sen proclama la Repubblica, ma il fanciullo resta là come un simbolo, prigioniero ma onorato (e inoffensivo). Successivamente, divenuto adulto va a vivere in un'altra città del Paese con le due mogli, l'istitutore scozzese Sir Reginald Johnston e alcuni fedeli, in un esilio dorato, che lo vede anche in Occidente. Poi la volontà di governare prende il sopravvento e lo spinge a compromessi: avendo nel frattempo il Giappone, spinto da mire espansionistiche, invaso e occupato la Manciuria, terra natia di Pu-Yi, questi sale sul trono di tale regione, ribattezzata Manciukuo, destinato al ruolo di re fantoccio, collaborando con Tokio, che ne condiziona a fini bellici l'effettivo potere. Finita la guerra e caduto in mano sovietica, Pu-Yi trascorre, dopo la seconda guerra mondiale, cinque anni in Siberia; poi nel 1949 la Cina di Mao ne chiede il rimpatrio come criminale di guerra. Dopo un decennio di rieducazione politica, l'ex Imperatore viene rilasciato dal campo in cui, con molti altri, è stato confinato: ora è un uomo comune, ha riconosciuto le sue colpe (reali o presunte) e lavora da umile giardiniere nell'orto botanico di Pechino. E nel 1967, nel momento in cui coloro che lo hanno rieducato proveranno gli insulti e le vessazioni della rivoluzione culturale, Pu-Yi muore.
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