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Progetto CaRED

Sanità: se ospedale e medico di famiglia comunicano di più, l'assistenza migliora

Immagine articolo - Il sito d'Italia

Se ospedale e medico di famiglia comunicano di più, l'assistenza migliora, a tutto vantaggio del paziente.

E' questo il senso di CaRED (acronimo di Careggi e Re-Engineered Discharge), un progetto pilota partito da poco a Careggi, con l'obiettivo di cambiare e migliorare il modo di comunicare tra medicina generale e ospedale, prendendosi cura del paziente attraverso uno scambio di informazioni capillare tra medico di famiglia e ospedale in cui il paziente è ricoverato. Dicono gli studi che una comunicazione coordinata ed efficace tra ospedale e medici di medicina generale può ridurre fino al 30% il ricorso non necessario all'ospedale.

Il progetto CaRED è stato presentato ieri nel corso di una conferenza stampa dall'assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, assieme a Monica Calamai, direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria di Careggi, Andrea Belardinelli, direttore dello staff di Careggi, e Alessandro Morettini, medicina per la complessità assistenziale 2 di Careggi.

"L'integrazione tra ospedale e territorio, la collaborazione tra medici che lavorano in ospedale e medici di famiglia è uno dei punti cardine della riforma alla quale stiamo lavorando in questo periodo - dice Stefania Saccardi - Il progetto CaRED che presentiamo stamani va proprio in questa direzione. E' un progetto pilota e parte da Careggi, ma se funzionerà potrebbe progressivamente estendersi in tutta la regione".

"Un progetto molto bello, finalmente un uso avanzato dell'informatica - è il commento del presidente dell'ordine dei medici Antonio Panti - Un uso veramente interessante, perché consente di mettere in collegamento i curanti, medico di famiglia e medico ospedaliero, per garantire la continuità delle cure. E durante il ricovero consente l'interlocuzione tra medico di medicina generale e ospedale, in maniera tale da scegliere la terapia più opportuna. Un progetto che fa parte della cosiddetta medicina personalizzata".

"In questa prima fase - spiega Monica Calamai - sta lavorando al progetto un gruppo di lavoro - e questa è un'altra innovazione - a cavallo tra azienda ospedaliera e azienda territoriale. Una nuova modalità di lavoro e di intervento che ci auguriamo possa diventare una pratica di valenza regionale, per garantire sempre di più cure di qualità e sicure, e rispondere in maniera positiva alle sfide del futuro".

CaRED è promosso dall'azienda ospedaliera universitaria di Careggi, dall'Agenzia regionale di sanità e dal Centro gestione rischio clinico e sicurezza del paziente della Regione Toscana. Cuore tecnologico del progetto è la cartella informatizzata dell'ospedale, che permetterà in via sperimentale ai medici di medicina generale di entrare nel percorso clinico assistenziale dei pazienti fin dalle prime fasi del ricovero. Il nuovo sistema, non solo avvertirà il medico di famiglia dell'avvenuto ricovero del suo paziente al momento dell'ingresso in ospedale, ma gli darà anche la possibilità di "vedere" direttamente la cartella ospedaliera del suo assistito. Infine consentirà addirittura l'interazione tra medico di famiglia e il suo collega ospedaliero, attraverso una sorta di "chat" inserita all'interno della cartella elettronica, creando così una innovativa comunicazio ne in tempo reale.

Una vera rivoluzione, se pensiamo che di solito i medici vengono a conoscenza del ricovero di un loro assistito solo dopo il suo rientro a casa.

In questa prima fase, il progetto coinvolge circa 160 medici di medicina generale di 6 zone del bacino di utenza dell'ospedale di Careggi: Rifredi-Castello, Statuto-Vittoria, Porta al Prato-Puccini, Novoli-Piagge, Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino. I cittadini che potrebbero essere seguiti grazie a questo nuovo sistema di comunicazione integrata sono circa 230.000 (bacino di riferimento dell'area metropolitana di Careggi).

Il progetto CaRED si ispira alle esperienze già in corso negli Stati Uniti. RED - Re-Engineered Discharge, è uno studio statunitense concluso nel 2014, condotto su circa 1.000 pazienti dimessi in parte con la procedura tradizionale, in parte applicando un particolare protocollo di ottimizzazione (reingegnerizzazione) del processo di dimissione. Lo studio ha dimostrato che ottimizzando il processo di dimissione dall'ospedale si ottiene una netta riduzione del numero di reingressi precoci (entro 30 giorni). L'innovazione guarda al futuro della medicina di base ma anche delle cure ospedaliere. Le cure che il servizio sanitario eroga non sono solo basate sulla conoscenza e sulla competenza dei professionisti sanitari, ma anche e soprattutto su un'organizzazione che funziona.

Molti studi mostrano come una buona coordinazione degli operatori sanitari, unita ad una serie di interventi che danno al paziente e ai suoi familiari un ruolo riconosciuto nella gestione del rientro a casa, possano ridurre la probabilità di un ingresso anticipato al pronto soccorso causato per esempio dall'assunzione non corretta di una terapia. Diventa quindi cruciale il coordinamento tra tutte le figure coinvolte: medici e infermieri e, come anelli essenziali della catena, il medico di medicina generale, il paziente e i suoi familiari.

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