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Spazio universitario

Il Meyer domani celebra il Giorno della Memoria

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Immagine articolo - Il sito d'Italia

Il Meyer riscopre il suo passato, per non dimenticare. E lo fa in occasione del Giorno della Memoria, togliendo dall’oscurità il ricordo di due pediatri di origine ebraica allontanati dall’Università di Firenze nell’autunno del 1938 e dal loro lavoro al Meyer, in applicazione delle leggi razziali.

A loro il Meyer dedica una targa che alle ore  12 di domani martedì 27 gennaio alla presenza di Ugo Caffaz, Consigliere per le politiche della memoria della Regione Toscana ei rappresentanti dell’Università di Firenze, sarà scoperta nello spazio universitario dove vi sono i “padri della pediatria” (Mya, Comba e Cocchi). E’ questo il tributo che l’ospedale offrirà loro nel Giorno della Memoria.

I due “medici dei bambini” che l’ospedale vuole ricordare sono rispettivamente  Umberto Franchetti, libero docente di clinica pediatrica , e secondo le fonti storiche, direttore dell’Ospedalino Meyer e Sergio Levi, assistente volontario di clinica pediatrica. I loro nomi sono nell’agghiacciante elenco con cui l’Università di Firenze li sospese dal servizio come docenti  dal 16 ottobre 1938.

Da un giorno all’altro Umberto Franchetti smise di essere professore e dovette rinunciare anche alla professione di pediatria affermato e amato del Meyer e dalla città. Per sottrarsi alla persecuzione razziale, da Firenze dove viveva con moglie e i figli, fuggì in calesse verso il Casentino. Qui a  Giampereta  lui e la famiglia trovarono rifugio in una piccola casa, ospitati e sostenuti da contadini, Francesca ed Emilia Ciuccoli, che grazie alla loro opera sono stati dichiarati “Giusti tra le Nazioni”, riconoscimento di chi allora rischiò la propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista. Franchetti e famiglia trovarono l’aiuto di tutto il paese e riuscì a mantenersi  curando bambini e adulti in cambio di cibo. Ultima testimonianza di questo frammento di Shoa è quella della figlia Luisa Franchetti Naor che ora vive a Gerusalemme.

Stessa sorte fu riservata a Sergio Levi, pediatra assistente volontario del Meyer, costretto a interrompere l’esercizio pubblico della professione, per dedicarsi privatamente alla cura dei bambini. Insieme alla moglie riuscirono a scampare al genocidio e ai “provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”.

 

 

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